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Conflitto russo-ucraino, Marianacci: "Lasciate stare la letteratura, non c'entra niente con la guerra"

Il poeta e scrittore pescarese, con un'esperienza di lungo corso in ambito diplomatico, traccia un'analisi del conflitto bellico in corso tra Russia e Ucraina concentrandosi sugli aspetti socio-antropologici

Dante Marianacci, poeta e scrittore pescarese con un'esperienza di lungo corso in ambito diplomatico, traccia un'analisi del conflitto bellico in corso tra Russia e Ucraina concentrandosi sugli aspetti socio-antropologici che sottostanno a questo drammatico processo. Marianacci, infatti, parla di "cose che sono maturate nel tempo anche sotto il profilo culturale: ero a Praga quando arrivò Gorbačëv e cambiò tutta la nomenclatura, ma ero là anche quando alcune persone della Germania dell'Est chiesero asilo politico all'ambasciata della Germania federale. Parliamo di anni molto complicati. Ricordo bene le difficoltà, anche in tempi di pace, di procurarsi beni alimentari. Posso pertanto capire che questi paesi, quando ne hanno avuto la possibilità, hanno voluto distaccarsi da quel mondo totalitario per aprirsi all'occidente. Un discorso che vale anche per la loro decisione di entrare nella Nato". 

È un'epoca cruciale per la storia, che richiede studio e comprensione: "Io ho assistito ai vari cambiamenti e al formarsi di questi stati attraverso lo smembramento dell'Unione Sovietica e le riforme di Gorbačëv perché sono stato per diverso tempo a Praga, prima e dopo la rivoluzione di velluto. Quando ero lì negli anni '80, in pieno regime comunista, Havel era agli arresti domiciliari, poi sono andato a Dublino e, quando sono tornato nel 1995, lo stesso Havel era diventato presidente della Repubblica. Insomma, ho vissuto un totale cambiamento della società. Nell'esaminare quello che sta succedendo oggi, non si possono ignorare le vicende di ieri".

Veniamo perciò al punto: lei come si spiega ciò che sta accadendo ora? "Sicuramente pesa il fatto che Putin abbia sempre considerato l'Ucraina come la periferia di Mosca, e quindi c'è un'interpretazione anche della terminologia che è diversa da quella del semplice "confine". Ieri a Pescara abbiamo ospitato l'Ambasciatrice dell'Armenia che, come comprensibile, non si è sbilanciata più di tanto sull'argomento. Quella, d'altronde, è una zona calda e dunque bisogna stare attenti. Stiamo assistendo a una guerra combattuta atrocemente sul campo ma, anche e soprattutto, a una guerra culturale, di comunicazione, in bilico tra informazione e disinformazione, che sia gli americani sia i russi stanno attuando alla grande, a differenza di quello che accadeva in passato quando gli americani sapevano le cose e non le dicevano, perché non avevano interesse a riferirle. Adesso, invece, puntano sulla pubblicità degli eventi e vogliono evidenziare i fatti, farli conoscere al mondo, tant'è che avevano anticipato l'attacco russo, ma nessuno aveva dato credito a questo. È quindi una lotta di informazione ma, ahimè, con tanti morti sul campo".

Marianacci ci tiene altresì a ricordare quando, nel 2006, furono commemorati i cinquant'anni della rivoluzione ungherese: "Ero presente persino in quell'occasione. A Budapest, infatti, organizzammo come Italia una serie di eventi per celebrare l'importante anniversario. Parteciparono dieci Paesi che avevano ospitato gli ungheresi quando questi ultimi erano fuggiti dall'Ungheria, e venne pure il presidente Napolitano. Allestimmo una mostra fotografico-documentaria e un convegno internazionale per cercare di capire quell'esperienza anche con la testimonianza di chi l'aveva vissuta in prima persona". 

Ma Dante Marianacci, da uomo di cultura, cosa ne pensa del boicottaggio della letteratura russa attuato come ritorsione verso il regime di Putin? "Lo ritengo assolutamente una stupidaggine: la letteratura russa è una delle più grandi del mondo, mi chiedo come si faccia a boicottare Dostoevskij che è stato anche a Firenze, dove ha terminato "L'idiota". È una forma di esclusione che bisogna condannare. La letteratura è universale, vale per tutti e non c'entra niente con la guerra, anche se a volte racconta fatti di guerra (pensiamo, ad esempio, a "Guerra e pace"). Per me la letteratura è qualcosa che va al di fuori dei confini e delle lotte politiche. E non va dimenticato che i russi hanno avuto grandi personaggi della letteratura che sono stati costretti all'esilio. La letteratura deve potersi esprimere a qualsiasi latitudine. Me lo disse anche Lawrence Ferlinghetti. Ed è questa la cosa più bella della letteratura: uno può vivere dove vuole e immaginare il suo mondo dove e come meglio crede. La letteratura è libera: perché la vogliamo imprigionare e limitare?".

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