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Sabato, 27 Aprile 2024
Cultura

"Così era Pescara nel dopoguerra", un articolo inedito di Gilberto Ferri racconta la città degli anni '50

Eliseo Marrone è un ex dirigente scolastico, nonché autore di libri e ricercatore che ha all'attivo pubblicazioni sul '500 e '600, oltre a vari articoli e saggi. È lui che ci porta a riscoprire una Pescara che non c'è più

Il professor Eliseo Marrone è un ex dirigente scolastico dell'istituto commerciale Aterno, nonché autore di libri e ricercatore che ha all'attivo pubblicazioni sul '500 e '600, oltre a vari articoli e saggi. È proprio lui che ci porta a riscoprire una Pescara che non c'è più, per far conoscere alle nuove generazioni la città di una volta. Tutto nasce quasi vent'anni fa, per la precisione nel 2005, quando Marrone invitò l'imprenditore Gilberto Ferri a dare il suo contributo per un importante progetto sulla Pescara anni '50.

"Il tutto - spiega Marrone - doveva essere inserito in una raccolta di memorie degli imprenditori dell'epoca dal titolo "La rinascita di Pescara nel dopoguerra". Invitammo alcuni imprenditori a realizzare le loro relative memorie, ma nonostante le sollecitazioni non riuscimmo ad avere alcunché, e sono rimasti solo questi scritti del commendator Ferri". Scritti che adesso Marrone ha deciso di rendere pubblici, in esclusiva per IlPescara.it.

Gilberto Ferri e il ricordo della Pescara del dopoguerra

Il rientro a Pescara dopo la liberazione "è stato traumatico - ricordava Ferri nel suo articolo - La città appariva completamente rasa al suolo, palazzi sventrati, strade coperte da erbacce alte quasi quanto un uomo, mancanza d'acqua, carenza di generi alimentari, impossibilità di difendersi dal freddo perché poche case ancora rimaste in piedi non avevano più finestre, bruciate dai tedeschi. Ovunque cartelli con la scritta "Achtung minen", attenzione alle mine. In sostanza una situazione talmente tragica che fra i pochi rientrati aleggiava il timore che la città non sarebbe più risorta. Eppure in una tale situazione si poteva assistere a manifestazioni che paradossalmente potevano definirsi eroiche, altrimenti frutto di pazzia. Per lo più gli attori di questi gesti erano artigiani e commercianti che, pur di recuperare qualcosa di utile dalle macerie, sfidavano il pericolo delle mine, in molti casi con conclusioni drammatiche".

C'era ad esempio il commerciante di abbigliamento Eugenio Macchione, che "aveva un negozio che dava su corso Vittorio Emanuele II e sulla piazza del Sacro Cuore. Al centro della piazza c'era un cumulo di macerie con bene in evidenza la scritta 'Achtung minen'. Macchione aveva, non so come, recuperato il vetro per la vetrina sulla piazza ma temeva che, se le mine fossero saltate dopo averlo montato, la vetrina sarebbe andata di nuovo in frantumi. Per ovviare a tale dubbio una sera, prima di rimontare il prezioso vetro, fece in modo di far saltare le mine avvisando le case che si affacciavano sulla piazza. La mina esplose e non fece danni in quanto probabilmente si trattava di una mina anti uomo, e Macchione potè mettere in opera il suo vetro. Non era raro il caso di persone che, armate di un lungo bastone con il quale saggiare il terreno, si dirigevano verso macerie sotto le quali si presumeva fossero sepolti attrezzi indispensabili. Un mio zio, Carlo Ferri, e suo figlio Aldo saltarono su una mina anticarro nascosta sotto un cumulo di macerie dalle quali emergevano macchine sottratte alla loro officina".

La rinascita della città

Tuttavia, riferisce Ferri, "il periodo eroico delle prime attività ben presto fu superato dai progetti di rinascita più concreti: il 9 maggio 1945 era stata fondata l'unione degli industriali della provincia di Pescara. I soci fondatori furono circa 40: il primo presidente fu il dottor Amedeo Pomilio, dopo il quale si avvicendarono Gildo De Cecco, Cetteo D'Achille e Giustino De Cecco fino al 21 luglio 1965. Fra i nomi dei fondatori ricordiamo alcune aziende storiche, come la De Cecco, la Giuseppe Campione, Società Spiga, Società Aurum, Forese, Torlontano, D'Amico, Officine D'Achille. Il fatto che poco dopo la fine delle ostilità gli imprenditori stavano ancora tentando di rimettere in produzione aziende che avevano subito seri danni dimostra quanta caparbietà, quanta inventiva, quanta voglia di guardare al futuro avessero questi pescaresi che volevano tornare a vivere e a operare in una città con le sue bellezze e le sue bruttezze, con i suoi vizi e le sue virtù, con i suoi pregi e i suoi difetti. Una città in cui tornare a vivere, una città che avesse un anima. Quell'anima che aveva dato loro il coraggio di ricominciare".

La lista dei pescaresi che hanno fatto grande la città nel dopoguerra è lunga: "Come dimenticare - annovera Ferri - personaggi come Saverio Mantini, un fabbro che sembrava parlare con le cose che costruiva, Rodolfo Di Zio, Walter Comani, Camillo Marcantonio che dell'agricoltura ha fatto un sogno poi realizzato, Arnaldo Saquella, mio padre Ferdinando Ferri, uomo dal cervello leonardesco a cui la ricostruzione dell'Abruzzo deve molto. Era un elettrotecnico formatosi alla scuola del professor Barbagelata nell'università per studenti lavoratori a Milano. Proprio dal suo professore venne mandato in Abruzzo per costruire forse la prima centrale idroelettrica della regione: la Vitella d'Oro a Farindola. Stabilitosi definitivamente a Pescara, ha creato non poche brillanti attività industriali, ovviamente distrutte dalla guerra".

Ferdinando Ferri, l'orgoglio di un uomo

Il padre di Gilberto Ferri "credeva al futuro della città e al suo rientro, dopo l'occupazione tedesca, ha ricominciato subito il suo lavoro in una piccola officina dove si riparavano macchine elettriche "raccogliendo chiodi in terra", come diceva lui, giacché mancava tutto il necessario per ricostruire i trasformatori fatti saltare dai tedeschi, in particolare il filo di rame isolato per gli avvolgimenti. Ma la necessità aguzza l'ingegno, e lui di ingegno ne aveva tanto. Costruì una macchina con la quale si poteva isolare il filo di rame recuperato dai trasformatori bruciati, utilizzò per isolarlo due strati di carta oleata di cui c'era disponibilità, quella per incartare il tonno, e con questi soli mezzi riuscì a rimettere in efficienza centinaia di trasformatori che consentirono la ripresa di tante piccole attività produttive. L'università dell'Aquila, facoltà di ingegneria, ha intestato a suo nome la nuova ala di elettronica in riconoscimento di tali meriti".

Il giovane Gilberto, ovviamente, non restò a guardare e volle comunque dare il proprio contributo: "Per quanto mi riguarda, pur essendo completamente digiuno di elettrotecnica, per un lungo periodo alternai l'attività di avvolgitore di bobine nell'officina paterna con i miei studi di giurisprudenza. Dopo la laurea conseguita a Bologna il 24 novembre 1943, tentai l'avvocatura per un anno circa ma alla fine mi accorsi di avere nel sangue l'amore per il rischio d'impresa e mi sentii in dovere di abbandonare le pandette per imboccare la strada che ho costantemente seguito fino ad oggi, lavoro che mi ha dato tanti dispiaceri ma non poche soddisfazioni".

Dall'ultimo al primo posto nel Mezzogiorno 

La situazione della nostra regione, ai tempi, era davvero difficile: "Fino agli anni '40 - ricostruisce Ferri - la collocazione dell'Abruzzo nell'ambito del Mezzogiorno era all'ultimo posto insieme con la Calabria, l'agricoltura era ferma ai tempi di Omero, non produceva quasi niente, i sistemi di coltivazione erano obsoleti, in molti casi il grano veniva trebbiato sulle aie dove con il calpestio degli animali si realizzava naturalmente la trebbiatura. L'emigrazione dopo l'apertura delle frontiere creò una emorragia terribile, tra il '44 e il '55 emigrarono circa 300.000 giovani; salvo qualche rara eccezione, la situazione industriale non era molto più brillante, in particolare nella provincia di Pescara che aveva pochissimo territorio".

A fine anni '50, però, "si inaugura una fase decisiva delle politiche di sviluppo del mezzogiorno e l'Abruzzo è la regione che più delle altre sa utilizzare tali provvidenze, tanto che in breve guadagna il primo posto nella classifica delle regioni del mezzogiorno, in questo favorita dalla sua posizione baricentrica, dal fatto di essere uno snodo ferroviario importante, dall'avere un aeroporto e un porto, il tutto situato nella nostra provincia".

La crescita della provincia di Pescara

Tutto ciò è un autentico punto di svolta per l'area che ruota attorno alla nostra città: "Sulla spinta della crescita generalizzata dell'economia abruzzese cresce quella della provincia di Pescara, che in breve diventa il motore dello sviluppo regionale; impossibilitata a ospitare grandi iniziative industriali e a causa del limitato territorio disponibile, Pescara vede crescere tante piccole e medie aziende e contestualmente si verifica uno straordinario sviluppo del terziario attraverso imprese commerciali e di servizio che coprono con le loro forniture l'intero territorio regionale. Comincia ad attivarsi l'aeroporto con voli commerciali su Roma serviti da piccoli aerei, residuati bellici la cui sicurezza era tutta da dimostrare ma che al contrario dimostrano la voglia di farcela, di innovare, di investire in questa provincia".

E che dire dei rapporti commerciali con la Croazia, di cui ancora oggi tanto si parla (nostalgicamente) senza riuscire a concludere nulla? "Con una nave ex bananiera - ricorda Ferri - si riprendono i contatti con la dirimpettaia Croazia, i cui cittadini vengono in massa a Pescara per rifornirsi di oggetti e suppellettili necessari ma soprattutto di oggetti d'oro per difendersi dalla tremenda inflazione che ogni giorno cresce nel loro paese. Diventa quello il periodo più bello della storia economica di Pescara, rinata con lo sforzo generoso dei suoi operatori economici, dei piccoli e medi industriali, degli artigiani, forza del lavoro sempre più qualificate, dei commercianti. Tutti hanno saputo affrontare situazioni difficili, improbe fatiche, sono riusciti a dare una dignità e prestigio a questa provincia costituendo la spina dorsale dell'economia cittadina e provinciale. E pensare che pochi anni prima ci si chiedeva se Pescara avesse mai trovato la forza di risorgere", conclude l'imprenditore. Una testimonianza, la sua, preziosissima e che fino a oggi era rimasta inedita.

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