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Lunedì, 29 Aprile 2024
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Tanti gli abruzzesi che cercano cure migliori fuori regione: è tra quelle con il maggior tasso di mobilità passiva

Sebbene non sul podio dei "peggiori" l'Abruzzo è tra le sei regioni da cui partono più "viaggi della speranza": il dato emerge dal report della fondazione Gimbe che parla di "frattura strutturale" visto il grande gap che esiste tra nord e sud. Una situazione, sostiene, destinata a peggiorare quando ci sarà l'autonomia differenziata

L'Abruzzo tra le regioni con il maggior numero di mobilità passiva per l'accesso alle cure sanitarie. Insieme a Calabria, Campania, Sicilia, Lazio e Puglia il territorio è quello in cui si concentra il 76,9 per cento del saldo passivo di cui fanno parte anche i cosiddetti “viaggi della speranza”. Spostamenti che si fanno soprattutto per ricoveri ordinari, ma anche per day hospital e prestazioni specialistiche. Una classifica in “negativo” che sul podio vede Lazio (12 per cento), Lombardia (10,9 per cento) e Campania (9,3 per cento).

A dirlo il report della fondazione Gimbe “La mobilità sanitaria interregionale nel 2021” presentato in occasione della discussione in aula al senato del disegno di legge Calderoli sull'Autonomia differenziata. Quello che emerge è un fortissimo gap tra le regioni del nord e quelle del sud con Emilia-Romgna, Lombardia e Veneto che, al contrario, rappresentano le regioni dove si va di più per curarsi mettendo insieme il 93,3 per cento del saldo attivo della mobilità. A riportare la notizia sono le agenzie di stampa.

La ricerca di cure migliori e cioè la mobilità sanitaria interregionale, spiega Gimbe, “ha raggiunto un valore di 4,25 miliardi di euro, cifra nettamente superiore a quella del 2020 (3,33 miliardi), con saldi estremamente variabili tra le regioni del nord e quelle del sud. Il saldo è la differenza tra mobilità attiva, ovvero l’attrazione di pazienti provenienti da altre regioni, e quella passiva, cioè la 'migrazione' dei pazienti dalla regione di residenza”.

“La mobilità sanitaria – spiega Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe – è un fenomeno dalle enormi implicazioni sanitarie, sociali, etiche ed economiche, che riflette le grandi diseguaglianze nell’offerta di servizi sanitari tra le varie regioni e soprattutto tra il nord e il sud del Paese. Un gap diventato ormai una 'frattura strutturale' – rimarca - destinata a essere aggravata dall’autonomia differenziata, che in sanità legittimerà normativamente il divario nord-sud, amplificando le inaccettabili diseguaglianze nell’esigibilità del diritto costituzionale alla tutela della salute”. “I dati – prosegue il presidente – confermano la 'frattura strutturale' tra nord e sud, visto che le Regioni con saldo positivo superiore a 200 milioni sono tutte del nord, mentre quelle con saldo negativo maggiore di 100 milioni tutte del centro-sud”.

“Le nostre analisi – conclude Cartabellotta – dimostrano che i flussi economici della mobilità sanitaria scorrono prevalentemente da sud a nord, in particolare verso le regioni che hanno già sottoscritto i pre-accordi con il governo per la richiesta di maggiori autonomie, e che oltre la metà del valore delle prestazioni di ricovero e specialistica ambulatoriale vengono erogate dal privato accreditato, ulteriore segnale d’indebolimento della sanità pubblica. Questi dati, insieme a quelli sull’esigibilità dei Lea, confermano un gap enorme tra il nord e il sud del Paese, inevitabilmente destinato ad aumentare se verranno concesse maggiori autonomie alle più ricche regioni settentrionali”.

La classifica delle prestazioni per cui ci si sposta di più fuori regione

Complessivamente, secondo il report, “l’86 per cento del valore della mobilità sanitaria riguarda i ricoveri ordinari e in 'day hospital' (69,6 per cento) e le prestazioni di specialistica ambulatoriale (16,4 per cento). Il 9,4 per cento è relativo alla somministrazione diretta di farmaci e il rimanente 4,6 per cento ad altre prestazioni (medicina generale, farmaceutica, cure termali, trasporti con ambulanza ed elisoccorso)”.

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