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Lunedì, 29 Aprile 2024
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Il coraggio di dire “no” alla mafia nelle parole dell'imprenditrice palermitana Valeria Grasso: l'incontro all'Alberghiero

Una vita sotto scorta e poi il ritorno a Palermo, un racconto difficile ma importante quello fatto agli studenti nella giornata della legalità. Presente anche il presidente del consiglio regionale Lorenzo Sospiri che ha ribadito l'importanza del ruolo dello Stato

“La ricchezza della mafia nasce sfruttando la debolezza dei giovani, che hanno il dovere di conoscere, di sapere, di essere consapevoli dei propri diritti costituzionali: il lavoro, l’istruzione, la libertà. Ed è fondamentale fare rete contro la mafia, perché da soli non possiamo fare nulla e spesso sono le lungaggini della burocrazia a causare le morti. Da piccola imprenditrice, che aveva solo un sogno, aprire una palestra, mi sono trovata a fronteggiare il clan Madonia, gli assassini del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, del primo imprenditore che ha rifiutato il pizzo Libero Grassi, e che ha messo la bomba contro Borsellino. Ho dovuto stravolgere la vita mia e dei miei tre figli, vivere sotto scorta, nell’anonimato, oggi siamo tornati a Palermo per continuare la nostra battaglia nella nostra terra”.

Questo il passaggio più significativo delle parole di Valeria Grasso, l'imprenditrice palermitana che ha avuto il coraggio di affrontarla la mafia, rivolte ai ragazzi dell'istituto Alberghiero De Cecco che ha incontrato in occasione della Giornata della legalità svoltasi nell'Officina del gusto della scuola. “Donne contro la mafia” non a caso il nome scelto per la giornata cui hanno preso parte oltre agli studenti del triennio con le docenti Rosa De Fabritiis e Cinzia Luciani e la dirigente Alessandra Di Pietro, anche il presidente del consiglio regionale Lorenzo Sospiri, il presidente del tribunale ecclesiastico regionale don Antonio De Grandis, il colonnello dei carabinieri Renato Giuseppe Saitta con il luogotenente Di Lancia.

Sospiri nel suo intervento ha sottolineato l'importanza di testimonianze come quella di Grasso su cui però c'è sempre il rischio che, una volta enfatizzato l'aspetto eroico, si dimentichino una volta spentisi i riflettori della visibilità mediatica. È a quel punto che il ruolo dello Stato diventa ancora più importante e che questo, ha detto, “faccia sempre sentire la propria vicinanza. Come dicevano Falcone e Borsellino, la mafia non è invincibile e come Regione Abruzzo abbiamo riconosciuto per legge la valenza del Premio Falcone e Borsellino”.

Testimonianze importanti anche per Di Pietro perché storie come quella di Grasso sono “esempi di vita” capaci di “veicolare il messaggio di libertà”. L'occasione per ricordare che il suo coraggio nel rifiutare di pagare “il pizzo” ha consentito di “arrestare 25 esponenti del clan Madonia, lavorava nel quartiere San Lorenzo. Oggi vive tra Palermo e Roma portando avanti il proprio impegno con le associazioni 'Legalità e libertà' e 'Contra'. Ricordiamo che la mafia esiste quando i diritti diventano privilegio che pochi danno a pochi, la legalità è conoscere i propri diritti e lottare per essi, la mafia prolifera quando i diritti sono negati. ‘Contra’ lavora invece ogni giorno per aiutare chi soffre per aver contrastato la mafia”.

Nel raccontare la sua storia la donna ha quindi spiegato come è finita nella a dir poco difficile situazione. Il suo sogno era quello di aprire una palestra nella sua città “in anni in cui non si parlava della mafia come accade oggi. Ho preso in affitto un bel locale nel quartiere San Lorenzo e ho fatto un’unica ingenuità: non ho approfondito chi fossero i proprietari. Ho conosciuto Mariangela Di Trapani, la sorella Patrizia, la mamma e ho vissuto un bel periodo, fino a quando un giorno un custode giudiziario non è venuto a dirmi che il locale era stato confiscato e da quel momento avrei dovuto pagare l’affitto allo Stato. Ma nello stesso giorno è venuto anche un uomo per conto di Mariangela per dirmi che avrei comunque dovuto continuare a pagare l’affitto a ‘loro’. Quel giorno ho scoperto che il locale era stato confiscato perché di proprietà del boss arrestato Nino Madonia, che aveva ucciso materialmente il generale Dalla Chiesa, Libero Grassi il primo imprenditore che aveva denunciato il pizzo, e che aveva partecipato al summit mafioso per mettere la bomba nell’auto di Borsellino”.

Inutile quindi il tentativo di uscirne cedendo la gestione. A quel punto la decisione di denunciare l'inizio di un percorso davvero difficile. Il microfono per registrare e raccogliere prove e poi gli arresti, il processo e la sua testimonianza. “Pensavo fosse finita, e invece un giorno in palestra si sono presentati 12 militari con quattro auto per portarmi con i miei figli in un luogo segreto, sotto scorta, perché i Madonia avevano deciso la mia condanna a morte. Abbiamo vissuto in una stanzetta d’albergo, poi in una casa, abbiamo cambiato più città, finché i miei figli sono voluti tornare a Palermo perché, ovviamente, ritenevano un’ingiustizia che a lasciare la nostra terra fossimo noi che avevamo denunciato e non la mafia. Oggi vivo tra Roma e Palermo e uno dei miei figli si è stabilito a Palermo dove ha riaperto la nostra palestra”, ha detto ancora.

“Noi non sfidiamo la mafia, ma siamo contro chi tenta di rubarci la libertà, siamo contro chi spaccia droga per uccidere”, ha concluso spiegando il perché dell'associazione “Contra” il cui obiettivo è quello di arrivare “a costruire un rifugio per proteggere e aiutare gli imprenditori e quei cittadini che si trovano a vivere la mia stessa esperienza, perché il dolore mio e dei miei figli deve servire a qualcosa. Sono stata un’imprenditrice, oggi sono una mamma e una nonna che continua a lottare con i propri figli”.

Presenti all'incontro anche la referente dell'ufficio scolastico regionale Daniela Puglisi, la vicepresidente dell'Annpe Gabriella Lentilucci, l’avvocato Alberto Massignani, l’ex prefetto Vincenzo D’Antuono, la presidente dell'Ancri Anna Maria Di Rita.

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