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Long-covid: in Abruzzo ne soffrono circa 1.500 persone, a Pescara ci fanno i conti in 600

L'emergenza sanitaria sta per finire, ma con i postumi del virus sono in tanti a combattere come dimostrano i dati dell'Agenzia sanitaria regionale, il direttore Cosenza: "Spiccano pericarditi, difficoltà di memoria e faticabilità, ma l'assistenza è garantita"

A Pescara il numero dei pazienti long-covid presi in carico dalla Asl è, al primo marzo, tra le 500 e le 600 unità. Complessivamente in tutta la regione il numero si aggira intorno ai 1.500 pazienti. Finisce l'emergenza covid, ma non finisce il calvario di chi dopo il virus ha dovuto proseguire le cure per guarire dai segni, a volte profondi, che gli ha lasciato. I dati sono quelli dell'Agenzia sanitaria regionale. La prima, sottolinea il direttore Pierluigi Cosenza, ha mettere nero su bianco con la delibera 121 del 4 marzo 2021 le linee guida per la presa in carico dei pazienti long-covid, facendo da apripista a quelle che sono poi state varate a livello nazionale. Sono 44 le patologie rilevate ed elencate nel docimento e le le più rilevanti, spiega Cosenza, ci sono pericarditi, patologie neurologich, patologie muscolo-scheletriche che si traducono in dolori e fitte lancinanti e patologie all'apparato gastro-intestinale. Non mancano forme di depressione, ma le maggiormente diffuse sono le patologie psichiatriche per cui molti hanno gravi problemi di memoria e la faticabilità, ovvero l'incapacità di fare più di qualche passo a causa di una innaturale spossatezza che rende praticamente impossibile vivere la quotidianità. “Questo perché – spiega il direttore dell'Asr – il covid non provoca la polmonite, ma una vasculite polmonare che si manifesta come una polmonite. Di qui l'uso dell'eparina. Una volta che ci si è negativizzati non si è guariti perché il virus innesta meccanismo immunitario che persiste”.

Ad essere colpiti dal long-covid, a differenza di quanto si possa immaginare, non sono solo quelli che il virus lo hanno preso in forma grave, ma spesso a posteriori, spiega ancora Cosenza, si sono rilevati problemi più o meno gravi anche in chi ha avuto la malattia praticamente da asintomatico. E quello degli asintomatici oggi, sottolinea, è un problema ancor più grave dato che con l'uscita dall'emergenza sniataria le misure restrittive si allenteranno: “è una bomba innescata per le fragilità”, chiosa. L'esistenza di un protocollo per i pazienti long-covid, comunque, ha permesso di intervenire e di prendere in carico i pazienti nelle Asl del territorio e nello specifico nelle unità operative di malattie infettive. Una vera e propria equipe quella coinvolta per cui a prendere i carico chi purtroppo continua a combattere la malattia, sono anche pneumologi, cardiologi, neurologi, nefrologi, psicologi e psichiatri. Stabilite anche le classi di priorità per la prima visita negli ambulatori long-covid a seconda che i sintomi si manifestino a dieci o trenta giorni dalla guarigione. La priorità viene quindi data alle persone che manifestano fibrosi polmonare con insufficienza respiratoria, sintomi cardiologici, quadri neuropsichiatrici (nevrosi depressiva, delirio, nevrosi d'ansia, disturbi dell'umore e così via) o disturbi neuropischiatrici come difficoltà di concentrazione, problemi di memoria o equilibrio e difficoltà dei movimenti, ma anche che manifestino sintomi di insufficienza nella funzionalità di uno o più organi e di diplopia. “L'assistenza è garantita – sottolinea Cosenza -. Come Agenzia sanitaria regionale abbiamo previsto nella delibera un'attività multidisciplinare cui fanno capo i reparti di malattie infettive, al fine di assicurare a tutti, con le visite e gli esami necessari, la massima assistenza”.

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