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Lunedì, 29 Aprile 2024
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Mal'Aria (Legambiente): città abruzzesi nei limiti di legge per inquinamento, a Pescara le maggiori criticità

Non si può parlare di promozione se non per L'Aquila in riferimento al pm10, ma se è vero che i capoluoghi della nostra regione non sono nessuno tra i peggiori, la situazione è sostanzialmente di stallo in un Paese dove si resta molto lontani dagli obiettivi 2030 e ancor meno 2035 di Europa e Organizzazione mondiale della sanità

Nonostante a livello regionale Pescara sia la città capoluogo con più criticità, l'Abruzzo non è in nessuna delle classifiche “peggiori” stilate da Legambiente con il rapporto Mal'Aria 2023. Questo non vuol dire però che le cose vadano bene eccezion fatta, almeno per un parametro, per L'Aquila perché, afferma l'associazione, rispetto a quelli che sono gli obiettivi europei e dell'Oms (Organizzazione mondiale della sanità), in Italia la situazione si conferma comunque “impietosa” e dunque ancora una situazione di grande criticità per la salute dei cittadini. Dati sì più bassi rispetto al 2022, ma con i miglioramenti attribuiti quasi esclusivamente alle favorevoli condizioni metereologiche che hanno caratterizzato i mesi invernali del primo semestre del 2023 e il periodo autunnale dell’anno appena terminato, e non di conseguenza azioni messe in campo per raggiungere gli obiettivi prefissati dall'agenda internazionale.

L'indagine Legambiente ha rilevato le concentrazioni polveri sottili (pm10 e pm2.5) e del biossido di azoto (No2) registrate dalle centraline di monitoraggio ed è così emerso che nel 2023 sono state 18 le città italiane a non rispettare il limite previsto per il pm10 di 35 giorni con una concentrazione media giornaliera superiore a 50 microgrammi per metro cubo (μg/mc) con Frosinone a guidare la classifica (70 giorni). Per quanto riguarda le medie annuali va rilevato che nessuna delle 98 città capoluogo di provincia, sempre in riferimento al pm10, ha superato il limite normativo (40 microgrammi a metro cubo), con una situazione che, comunque, non parla di grandi miglioramenti quanto di una sorta di staticità. Da sottolineare, sempre per quanto riguarda il pm10, che solo il 31 per cento e cioè 30 città su 98 rispettano attualmente quelli che saranno i limiti previsti a partire dal 2030 (20 microgrammi per metro cubo come media annuale) con una sola città che è abruzzese e cioè L'Aquila, che rispetta i valori suggeriti dall'Oms e che nel 2035 potrebbero diventare vincolanti (9 microgrammi per metro cubo per il capoluogo abruzzese a fronte del limite di 10).

Per il pm2.5 la situazione è analoga: solo 14 città sulle 87 di cui si avevano i dati disponibili oggi rispettano il valore previsto al 2030 dalla nuova direttiva (10 μg/mc come media annuale). Per l'No2 su 91 città analizzate, solo il 50 per cento (45 su 91) oggi riesce a rispettare i nuovi limiti previsti (20 μg/mc come media annuale) e solo 7 rispettano quelli dell’Oms.

Guardando a Pescara, dove resta la criticità maggiore la media annuale di pm10 nel 2023 è stata di 22 microgrammi a metro cubo con una previsione di diminuzione di concentrazione che dovrebbe essere del 9 per cento. Per quanto riguarda il pm2.5 la media annuale è stata di 13 microgrammi a metro cubo e qui di sforzi per raggiungere quel meno 20 per cento sono decisamente più impegnativi. Nella norma invece il biossido di azoto con una media di 20 microgrammi a metro cubo.

Va sottolineato, come ricorda Legambiente nel report Mal'Aria, quanto possano essere dannosi i parametri considerati. Secondo le stie dell'Agenzia europea dell'Ambiente nel 2021 in Europa sono state registrate circa 253mila morti premature a causa del pm 2.5 con l'Italia seconda nella classifica con 46mila 800 decessi. L'esposizione eccessiva al biossido di azoto può invece causare problemi all'apparato respiratorio e alle mucose con l'Agenzia che a questo attribuisce 11mila 300 morti in Italia.

Quali dunque gli interventi da promuovere? Per Legambiente si può riassumere tutto in tre asset: mobilità sostenibile, efficientamento energetico degli edifici pubblici e privati (un vero e proprio piano di riqualificazione per quanto riguarda il riscaldamento) e un cambio importante nelle modalità di produzione dell'agricoltura considerata una delle principali cause di emissioni.

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