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Domenica, 28 Aprile 2024
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La salute mentale degli atleti conta quanto quella fisica, la lettera aperta alla Federazione medico sportiva: "È ora di tesserarli"

A scriverla e inviarla al presidente della Fmsi è Margherita Sassi, psicoterapeuta esperta in Psicologia dello sport (nonché psicologa presso l'unità operativa semplice dipartimentale medicina dello sport della Asl di Pescara). Un accorato appello, ma soprattutto l'invito alla riflessione sul ruolo di quei professionisti di cui lo sport si avvale, ma che non ha ancora il giusto riconoscimento

“Non può esserci prestazione senza salute, e no c'è salute senza salute mentale”. Questo il passaggio chiave della lettera aperta con cui Margherita Sassi, psicoterapeuta esperta in Psicologia dello sport e psicologa presso l'unità operativa semplice (uos) dipartimentale Medicina dello sport della Asl di Pescara, chiede al presidente nazionale Fmsi (Federazione medico sportiva italiana) Maurizio Casasco, di tesserare gli psicologi facendone soci effettivi “così com’è previsto per masso-fisioterapisti, massaggiatori sportivi e laureati in scienze motorie”, scrive in un altro passaggio.

Una lettera inviata anche al presidente regionale della Federazione Vittorio De Feo, al presidente del Cnop (Consiglio nazionale ordine psicologi) Davi Lazzari, al presidente Sport e salute Marco Mezzaroma e al presidente del Coni (Comitato olimpico nazionale) Giovanni Malagò.

“La medicina sportiva – scrive ancora Sassi - ha bisogno della collaborazione di specialisti di vario genere, che possano avere strumenti ed esperienza necessari ad inquadrare gli atleti a seconda delle esigenze ed è un dato di fatto che, per tutelare la salute della persona, è ormai fondamentale avvalersi di uno staff multidisciplinare. La psicologia dello sport è una scienza troppo spesso relegata alla prestazione dell’atleta, ma si sa, non può esserci prestazione senza salute, e non c'è salute senza salute mentale”, prosegue.

“È vero gli psicologi non sono medici, ma svolgono una professione sanitaria, e quando lei parla di trasferire le competenze proprie della Medicina dello sport dall’atleta d’élite all’intera società civile, per orientarla all’attività fisica come salute e allo sport come valore sociale sono convinta che riconosce alla psicologia il ruolo che le è proprio”, aggiunge.

Una lettera lunga e articolata in cui la responsabile del Cps esordisce complimentandosi con Casasco per il lavoro svolto intorno al laboratorio antidoping rimarcando il fatto che questo “rappresenti un segnale significativo dell’importanza che la Federazione medico sportiva italiana attribuisce alla

prevenzione, alla salute e alla ricerca e consentirà non solo di implementare un’attività di controllo ma anche di guardare a medio-lungo termine sul piano internazionale” e complimentandosi per la sua conferma alla presidenza dell'Efsma (European federation of sports medicine associations) che “dimostra sia il valore che riesce ad esprimere nell’attualità in quanto presidente della Fmsi,

sia l’inestimabile patrimonio di continuità della medicina sportiva italiana, capace di tutelare la salute di ogni sportivo, dai massimi livelli alla popolazione tutta”.

“Oggi lei – prosegue Sassi - è un presidente federale di enorme spessore ed io una professionista al servizio della psicologia dello sport senza soluzione di continuità. In comune abbiamo di sicuro il dovere di proteggere la salute degli atleti”, rimarca avanzando la sua richiesta. La psicoterapeuta ricorda quindi come la Fmsi sia nata nel 1945 con i corsi di laurea in psicologia arrivati invece nel 1971. A suo parere, questo sottolinea rivolgendosi al presidente della Federazione, “coprire uno scarto temprale del genere inserendo gli psicologi nella Federazione credo possa diventare un segno di innovazione distintivo di un Paese, il nostro, che ha dato i natali al fondatore della

psicologia dello sport nel mondo. I tempi potrebbero essere maturi per un’evoluzione come questa, che in un ente con la vostra operatività, sarebbe l’ennesima conferma del rinnovamento culturale e scientifico di cui siete promotori”.

Un passo doveroso dunque per Sassi anche alla luce del fatto che la Medicina dello sport in Abruzzo ha legiferato in materia con l'articolo 9 lettera f-bis) della legge regionale 15 del 23 giugno 2020 in cui si specifica “testualmente – spiega - che la presenza di psicoterapeuta con provata esperienza in psicologia dello sport è garantita nei Centri di terzo livello. Ad oggi – precisa -, l’Unita operativa semplice (Uos) dipartimentale di Medicina dello Sport della Asl di Pescara comprende la sottoscritta e le iniziative in essere risultano numerose. Le ultime, in ordine di tempo, sono stati i due convegni organizzati tra il 2019 e il 2022, con la collaborazione continuativa del comitato regionale Fmsi”.

Un percorso ventennale il suo in questo ambito e l'occasione la lettera aperta anche per ripercorrere le tappe che l'hanno portata fino alla lettera aperta che oggi pubblichiamo. Era il 2002 quando ha iniziato il percorso nella Medicina dello sport presso l'Azienda sanitaria locale della città adriatica con il tirocinio svolto nella scuola di specializzazione in psicoterapia cognitivo-comportamentale.

“Ho bussato per sapere se era possibile prestare servizio in qualche modo. Avrei iniziato come volontaria per poi capire come si sarebbe potuta assestare un’eventuale collaborazione anche in forza di una sperimentazione inevitabile – scrive -. Dovevo creare qualcosa dal nulla, compilare richieste mai inoltrate, ispirare protocolli innovativi, creare un varco che potesse annoverare una categoria professionale ancora pressoché sconosciuta. Cercavo, tra i medici del servizio, di diffondere il profilo professionale che avrei ricoperto. Perciò, mi confrontavo con i colleghi più esperti, anche a distanza, per delineare modi e tempi opportuni. Quando ho deciso di affacciarmi al servizio di Medicina dello sport, l’ho fatto perché mi sarei sforzata di integrarmi in una scienza dello sport effettiva, ben congegnata, autorevole, e capace di operare con serietà in un campo, quello dello sport, troppo spesso ancora un po’ approssimativo”.

“Ero convinta che tra medicina e psicologia si sarebbe innescata una reciprocità 'fisiologica' – sottolinea come a voler rimarcare il fatto che quel legame oggi dovrebbe consolidarsi attraverso il tesseramento degli psicologici nella Fms -. L’avevo imparato studiando il pensiero di un professionista straordinario, come era stato il professor Ferruccio Antonelli, fondatore della psicologia dello sport nel mondo. Per fortuna, così è stato, almeno per me e per quello che riguarda il mio impegno professionale negli anni a seguire, in cui ho lavorato spalla a spalla con la medicina dello sport”.

Proprio ad Antonelli fa riferimento nella parte finale della lunga lettera che, spiga, “mi permetto di parafrasare nel riconoscere che, come lui, tifo per la psicologia dello sport e la mia passione, com’è stata la sua, è solo un risvolto della mia opinione, onesta e ragionevole, che nell’ambiente dello sport, sempre più performante, la psicologia abbia tutto il diritto di partecipare in maniera costante e produttiva”.

Seppur consapevole del fatto che per decidere sulla possibilità di fare degli psicologi soci effettivi della Federazione medico sportiva italiana, della necessità per Casasco di eventualmente proporre la sua richiesta al vaglio del consiglio direttivo, “mi auguro che la presente possa rappresentare, soprattutto, un’occasione per sensibilizzare e invitare i consiglieri nazionali ad una riflessione comune. Da parte mia, dopo oltre 20 anni di industriosa determinazione, sarò ben lieta di iscrivermi appena possibile e proseguire così una sinergia nella quale ho sempre creduto fortemente, a volte ai limiti dell’ostinazione”.

“Spero dunque che nei prossimi tempi, oltre al laboratorio antidoping ormai annunciato, la Federazione medico sportiva possa anche impegnarsi nell’inserire gli psicologi tra i soci aderenti ammessi. E chissà che un passaggio simile non diventi un presupposto valido per incoraggiare la categoria degli stessi psicologi ad impegnarsi in quella che potrebbe diventare una specializzazione a tutti gli effetti – conclude Sassi -, rinnovando l’interesse di un’intera comunità professionale in favore della salute dello sportivo”.

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