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Pediatria al completo: 12 piccoli ricoverati per bronchiolite e tanti in osservazione breve, i sintomi da non sottovalutare

Anche l'ospedale di Pescara è alle prese con il picco del virus così come di quello influenzale e con il covid qualcosa è cambiato, ma il reparto è arrivato preparato all'appuntamento e nonostante alcuni momenti di sovraffollamento sta fronteggiando la situazione: nessun piccolo è stato trasferito. A fare il punto è il direttore dell'Unità operativa complessa Maurizio Aricò

Pieno il reparto di pediatria dell'ospedale di Pescara e sono soprattutto i piccoli alle prese con le bronchioliti a occupare i venti posti letto a disposizione: dodici quelli riservati a loro cui si aggiunge uno dei tre di terapia subintensiva dove pure c'è un piccolo alle prese con la bronchiolite, e tanti sono quelli in osservazione breve. Nessun allarme, ma numeri alti e cresciuti dopo la pandemia. Nonostante questo si sta tenendo fronte a tutte le esigenze tanto che fino a ora tutti quelli che hanno avuto bisogno di ricovero hanno trovato posto evitando a loro e i loro genitori lo stress del trasferimento in un'altra struttura.

Dopo la tragedia avvenuta in provincia di Brescia dove una neonata di due mesi sarebbe morta in ospedale proprio a causa di una bronchiolite (sarebbe arrivata in condizioni disperate), il punto sulla situazione che si sta vivendo a Pescara lo abbiamo fatto con il direttore dell'Unità operativa complessa (Uoc) di Pediatria Maurizio Aricò sia per capire quale sia la situazione in reparto dato che siamo nel periodo del cosiddetto "picco" anche per l'influenza scoprendo così che il covid ha modificato qualcosa anche per questo virus, ma anche per saperne di più e fornire qualche buon consiglio ai genitori per capire quando è il caso di recarsi in ospedale e farlo prima che i sintomi peggiorino. Questo perché, tiene a ricordarlo Aricò, non siamo di fronte a una malattia grave, ma chiaramente non va sottovalutata perché come tutti i virus se non preso in tempo può avere delle complicazioni.

L'occasione per il direttore della Uoc anche per rivolgere il suo ringraziamento alla direzione della Asl, quella sanitaria in particolare con cui si è lavorato in anticipo sapendo che come ogni anno ci si sarebbe trovati di fronte al problema evitando così che si trasformasse in emergenza, ma anche e soprattutto a tutti gli operatori sanitari del reparto che “stanno facendo uno sforzo assolutamente straordinario per dare le giuste risposte a tutti i bambini e a tutti i cittadini”.

La febbre non è una discriminante: ecco i sintomi da non sottovalutare

Al dottor Aricò chiediamo quindi quando i genitori devono preoccuparsi o quantomeno quand'è che devono portare il loro bambino in ospedale per evitare eventuali complicazioni del virus.

“I bambini che vengono colpiti dalla bronchiolite per definizione hanno meno di due anni e molto spesso meno di uno. Sono bambini vulnerabili perché sono bambini in cui l'apporto contino di alimenti e di acqua è assolutamente critico. La nostra raccomandazione ai genitori – spiega – è che se il vostro piccolo smette di mangiare o lo vedete dormire più del solito, è poco reattivo, poco vivace e fa fatica ad alimentarsi o addirittura ha un respiro affannato allora portatelo perché noi vogliamo vederlo nel pronto soccorso pediatrico”.

A non essere una discriminante è la febbre, sottolinea. Una cosa importante questa perché spesso ci si preoccupa quando il termometro va su sottovalutando quelli che sono i veri sintomi della bronchiolite. “Non esiste un valore di febbre oltre cui bisogna per forza andare in ospedale. Il bambino che ha 39 di febbre, ma mangia, respira bene e non ha problemi particolari non c'è urgenza di vederlo. Al contrario un bambino che magari ha 37 e mezzo di febbre ma non fa pipì ed è torpido cioè sempre assonnato, è il caso di portarlo al pronto soccorso pediatrico. Quel bambino noi vogliamo vederlo”.

Con il covid c'è stato un cambiamento nella bronchiolite sia in termini di numeri ( i casi soo aumentati) che di difese

“La bronchiolite in età pediatrica ha una ciclicità annuale e appartiene ai mesi freddi. La pandemia covid – spiega Aricò – ha stravolto il ciclo epidemico annuale in quanto la fase di lockdown ha interrotto i rapporti  sociali e ha di fatto bloccato il realizzarsi del ciclo con il risultato che mentre normalmente ad ogni inverno si ammalano di bronchiolite la maggior parte dei bambini che hanno meno di un anno, alla riapertura dei contatti sociali il virus ha trovato un serbatoio di piccoli pazienti suscettibili pari a una doppia annata”. In sostanza chi, per il lockdown, non l'aveva contratta, l'ha presa successivamente facendo aumentare in modo esponenziale il numero dei bambini che hanno preso la bronchiolite.

“Quello che abbiamo osservato è che qualcosa è cambiato non solo in termini di 'recupero' dei pazienti che non lo avevano preso quando i contatti sociali non c'erano – spiega -, ma in maniera in attesa anche che i bambini in qualche modo hanno mostrato un cambiamento nel comportamento delle loro difese immunitarie indotto proprio dall'evento pandemico. L'isolamento in sostanza – prosegue il direttore Aricò - ha modificato qualcosa che non siamo riusciti a definire in dettaglio, ma che piano piano andremo chiarendo”. Un cambiamento in termini di difese che ha interessato anche altre malattie tipiche dell'inverno come la semplice influenza.

Sul fatto che i numeri siano aumentati dopo il covid lo dicono i dati degli ultimi anni. Se nell'inverno 2020-2021 quando con le chiusure i bambini non si sono ammalati, l'anno successivo (ottobre gennaio 2021-2022), riferisce, “si è avuto un numero vicino al doppio” con la bronchiolite che ha dunque “recuperato” su quei piccoli che avevano saltato il ciclo. Ciò che ha stupito è che nel 2022-2023 i numeri non sono tornati al periodo pre-pandemico, “ma il numero dei casi è rimasto più vicino a quello del 2021-2022. Tirando le somme si può dunque dire che “complessivamente – sintetizza Aricò – i numeri dei casi di bronchiolite soprattutto da virus respiratorio sinciziale tradizionalmente responsabile, è nettamente aumentato”.

Non solo “semplice” bronchioliti, ma anche coinfezioni: nonostante il reparto strapieno e i tanti accessi il reparto sta rispondendo a tutte le esigenze

Da circa un mese è iniziata la consueta battaglia con il virus in ospedale e a rendere tutto più complesso è il fatto che se in una fase iniziale proprio il virus respiratorio sinciziale è stato quello maggiormente presente, andando avanti si sono “sovrapposti anche il virus di influenza B e soprattutto quello dell'influenza A: abbiamo bambini che si ammalano di bronchiolite nella forma classica, ma anche quelli che presentano una coinfezione” con la conseguente maggiore necessità di ospedalizzazione.

Un numero alto quello dei piccoli che hanno bisogno di ricovero e dunque di ossigine che non era semplicissimo prevedere e un po' ha stupito.  Previsioni però ne erano state fatte e questo ha consentito di fronteggiare la situazione. “La direzione aziendale al problema è sensibilissima e in particolare lo è quella sanitaria guidata dal dottor Di Luzio – spiega Aricò –. Sapevamo che sarebbe arrivato il picco e ci siamo mossi per tempo. Abbiamo fatto la manutenzione agli apparecchi di erogazione dell'ossigeno ad alti flussi e potenziato il parco macchine, perché non vogliamo farci trovare impreparati. Nonostante questo – sottolinea – nelle ultime settimane abbiamo avuto momento di vero affollamento. Seppur con grande difficoltà siamo riusciti a rispondere a tutte le necessità il che ha comportato oltre all'aumento degli accessi nel pronto soccorso pediatrico, anche a un aumento di bambini che abbiamo tenuto e teniamo in osservazione breve, oltre ovviamente a quelli che hanno bisogno di ricovero perché necessitano di ossigeno”.

Il reparto insomma è “strapieno” ed è per questo che il suo grazie va a tutti gli operatori e la direzione Asl alle prese con “un grande sforzo professionale e umano” che, come detto, ha permesso di tenere tutti bambini a Pescara senza pesare ulteriormente, con un eventuale trasferimento, sulla preoccupazione dei genitori. Tutto questo senza dimenticare che il reparto è sempre e comunque alle prese anche con le esigenze ordinarie perché di malattie ce ne sono anche altre, come ci sono fratture e patologie poco comuni. 

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