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Venerdì, 26 Aprile 2024
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L'Ater alle 146 famiglie di San Donato: riqualificazione sì, ma senza superbonus e sulla scelta si sollevano dubbi

A renderlo noto, prendere atto della decisione, ma ritenerla non corretta è l'associazione "Non vogliamo encomi" che torna a ribadire perché, a suo parere, la nuova misura sia quella su cui orientarsi: "Meno qualità e si rischia di pesare sulle tasche dei cittadini"

Per le 146 famiglie di San Donato che tramite l'associazione “Non vogliamo encomi” aveva chiesto all'Ater di riqualificare le abitazioni con il superbonus 110%, l'Azienda territoriale di edilizia residenziale risponde che alla riqualificazione si sta già pensando e lavorando con grande attenzione su tutto il territorio provinciale, ma con fondi diversi da quelli chiesti e cioè attraverso l'utilizzo di appalti integrati. Una decisione di cui la stessa associazione prende atto, ma su cui esprime dubbi sia per il rischio che ulteriori spese vadano a gravare sulle tasche dei cittadini, sia perché non è certa che i fondi che si potranno reperire saranno sufficienti a riqualificare la gran parte dei 5mila alloggi che l'Ater possiede nei 46 Comuni della provincia di Pescara, inclusi quelli del quartiere San Donato. 

Una possibilità remota quest'ultima, fa intendere l'associazione, per cui nonostante la posizione espressa dall'Azienda territoriale, ribadisce il fatto che a suo parere quella del superbonus 110% sarebbe la strada da percorrere attraverso un avviso pubblico che ricalchi quanto già fatto ad esempio dall'Ater di Padova con un avviso pubblico “finalizzato alla ricezione di proposte di iniziativa privata, ai sensi dell’art. 183, comma 15, del codice degli appalti per specifici interventi da eseguirsi sul patrimonio immobiliare”. Consorzi che si traducono magari in join venture e global service. Una scelta per cui tra l'altro, sottolinea ancora il presidente Fabrizio Piscione, alle imprese aggiudicatarie “saranno trasferiti i benefici fiscali di cui al superbonus 110% nella forma della cessione del credito d’imposta”. Una formula che, prosegue, ha dalla sua parte anche l'obbligo del rispetto delle scadenze per il completamento dei lavori. Cosa che darebbe maggiori garanzie, sostiene l'associazione, sulla loro effettiva realizzazione oltre ad accertare “l’impossibilità di intromissione delle antieconomiche varianti in corso d’opera”. 

Di contro la scelta di un appalto integrato porterebbe con sé “il rischio di avere una scarsa qualità delle opere ed altrettanto scarsa sicurezza” dato che l'articolo 59 comma 5 del decreto legislativo 50/2016, stabilisce che “per le prestazioni a corpo il prezzo convenuto non può variare in aumento o in diminuzione, secondo la qualità e la quantità effettiva dei lavori eseguiti”. Tradotto, spiega ancora Piscione, significherebbe che il l'elenco prezzi è irrilevante, con come scotto da pagare quello della qualità e la possibilità di vedere i costi lievitare. Una scelta definita dunque “antieconomica”. 

“Ciò detto, riteniamo che la normativa che ha introdotto il superbnous 110 %, oltre a coprire sulla carta l’intero patrimonio immobiliare, conceda più garanzie per ottenere un risultato di qualità nel rispetto dei perentori termini di fine lavori – ribadisce l'associazione 'Non vogliamo encomi' -. Invero, come già accennato, in essa si prevedono dei requisiti soggettivi e oggettivi, delle scadenze, dei massimali attribuibili per unità abitative, delle modalità di pagamento a Sal, la predeterminazione dei costi dei materiali utilizzati, l’individuazione di nuove responsabilità penali, anche con la normativa di recente introduzione per contrastare le truffe; garanzie che non si rinvengono nello strumento dell’appalto integrato. Inoltre, i fondi stanziati per l’esecuzione degli stessi lavori previsti con il 110% potrebbero essere dirottati per altri lavori o in altri ambiti”. Utilizzare la misura sarebbe poi un modo per valorizzare le professionalità dell'azienda territoriale, sottolinea ancora Piscione, con l'ente che terrebbe per sé i compiti di responsabile unico del procedimento (rup), direttore dei lavori, direttore dell’esecuzione del contratto, nonché di collaudatore. Altro aspetto che secondo l'associazione l'Ater non prende in considerazione è il fatto che nei cosiddetti interventi “trainanti” previsti dal superbonus ci sono anche l'abbattimento delle barriere architettoniche con l'installazione degli ascensori. Stessa categoria in cui rientrano anche i lavori per sistemare eventuali irregolarità urbanistiche. L'associzione dunque, pur riconoscendo che le scelte non possono essere contestate, ribadisce però che gli interventi che l'Ater ha comunicato e che riguardano la riqualificazione dei suoi alloggi, sono tutti ricompresi nei benefici dell'econobonus e il sismabonus. Il timore è che con la scelta degli appalti integrati si possano avere “ripercussioni sulle tasche degli assegnatari e di chi ha riscattato gli alloggi; pericolo da ritenersi insussistente in caso di utilizzo della misura agevolata. In altri termini – conclude il presidente Piscione - se in futuro, esauriti i fondi indicati, verrà richiesta anche una minima compartecipazione alle spese per un qualsiasi tipo di lavoro effettuato dall'Ater, la cui esecuzione sarebbe stata realizzata a costo zero fruendo dei benefici del superbonus 110%, saremo come sempre al fianco degli assegnatari per far valere i loro diritti in ogni più opportuna sede”.

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