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Ancora lunghe attese nel pronto soccorso, la direttrice Ferrara: "Le criticità sono del sistema assistenziale in toto"

La direttrice della Uoc di Medicina e Chirurgia d'Accettazione e Urgenza dell'ospedale di Pescara, Tiziana Ferrara, chiarisce la situazione attuale del pronto soccorso dopo le ultime segnalazioni di alcuni pazienti

Il pronto soccorso dell'ospedale di Pescara, quello che in Abruzzo fa registrare i numeri più alti, fa registrare ancora lunghe code e tempi di attesa di molte ore. 
L'ultima segnalazione in ordine di tempo è quella che un paio di giorni fa ha fatto Tino Di Sipio, ex politico della Dc che ha ricoperto diversi incarichi tra i quali anche quello di presidente della Provincia e della Asl.

Di Sipio si è recato in pronto soccorso martedì scorso e ha segnalato con un post su Facebook la presenza di un centinaio di utenti in coda: «Sarebbe sold out, ma l'accoglienza, in ambulanza, in auto e a piedi continua in questo pronto soccorso di Pescara, con numeri fra i più altri che si riscontrino non solo nella regione, ma nel Paese», ha scritto, «arrivato al Triage alle ore 17. Codice giallo, credo, previsioni per la prima visita sette, otto ore. Pieno come un uovo. Letti, brandine, poltrone a ruote e sedie».

Poco dopo Di Sipio aggiunge, sottolineando come il personale si prodighi al meglio, questo: I dati raccolti sul sito internet dicono che siano quasi 100 gli utenti che stanno pigiati dentro. Il personale Infermieristico e gli operatori socio sanitari corrono a destra e a manca. Ma ne sono veramente pochi. Non pochi invece gli accompagnatori e i familiari davanti e dentro l'ingresso e ciò aumenta ancora di più la difficoltà per lavorare qua dentro. Anche per gli addetti alla vigilanza. Il sovraffollamento ufficiale secondo i dati delle ore 18 è del 223%. Purtroppo non posso sapere quanti codici gialli prima di me. Vabbè pazienza. Comunque, sembra veramente un ospedale da campo. Gli Infermieri e gli operatori socio saniatri sono lodevoli. I medici, soltanto quattro, che la notte scendono a tre, fanno veramente i salti mortali nelle loro anguste stanze. Soluzioni all'orizzonte? Nisba. Direttore generale, direttore sanitario e direttrice del pronto soccorso non danno cenno di esistenza in vita». Di Sipio poi è stato visitato, in modo molto accurato, la prima volta a mezzanotte e una seconda più tardi nel reparto di Chirurgia. Ma è rimasto sempre nel pronto soccorso dove ha passato anche la notte seguente: «Seconda notte nel pronto soccorso. Il vociare si calma. Si sentono più ovattati i lamenti e i richiami dei sofferenti ospitati. Ma non si ferma il rumore delle ruote delle barelle che vanno e vengono verso le varie sale diagnostiche e di consulenza dei reparti specifici che si protrarranno sino alle prime ore dell'alba. Pochissimi gli utenti che dormono anche per le luci bianche accecanti che restano l'interrottamente accese nei corridoi e sopra i letti. Il buio qui non esiste e nemmeno le luci dell'esterno. È una catena di montaggio che non si ferma mai. Non ti accorgi dei cambi di turno del lodevole personale che vi lavora, se non per il buongiorno cordiale che si scambiano quelli che stanno andando via e quelli che arrivano. Oggi è un altro giorno ma qui non c'è soluzione di continuità».

Il racconto di Di Sipio non è passato inosservato e dopo essere stato ripreso dal Messaggero Abruzzo è arrivata la risposta da parte della Asl. «Il reparto critico», come viene identificato il pronto soccorso nell'articolo giornalistico, dice la direttrice Ferrara, «risulta tale per motivi che esulano dalla responsabilità di chi ci lavora, che anzi si prodiga oltre ogni limite professionale per garantire assistenza a tutti; e, nonostante la percezione comune orienti troppo spesso a valutare negativamente il reparto di Medicina e Chirurgia d’accettazione e d’urgenza, resta indiscussa la competenza dei professionisti nell'area dell'emergenza-urgenza. Area che poi, però, nostro malgrado, viene contaminata da attività collaterale (in particolare l'assistenza a pazienti in attesa di ricovero che restano in "lunga sosta" per mancanza di posto letto nei reparti di degenza e a seguire nelle strutture recettive territoriali ivi comprese le famiglie) che, esulando dalla missione istituzionale del medico emergentista, ruba risorse alla gestione dell'urgenza».

Poi la Ferrara prosegue: «Forse è il caso di cominciare a condividere anche con gli utenti l'analisi dei problemi, confidando nella rimodulazione del tono accusatore che potrebbe derivare dalla incomprensione delle difficoltà in cui siamo chiamati a operare, ivi comprese le ridotte risorse economiche disponibili per il sistema sanitario pubblico. Sinteticamente, è importante capire come le criticità attribuite al pronto soccorso siano, in realtà, estese al processo assistenziale in toto, coinvolgendo il territorio, i medici di medicina generale, l'ospedale e, quindi, il pronto soccorso, che diventa così il collettore di passaggi disfunzionali variamente collocati nell'ingranaggio; ciò in quanto la prestazione sanitaria, nel suo insieme, può essere paragonata ad un sistema meccanico in cui diverse ruote dentate scorrono una sull'altra per produrre il risultato "salute". Ma se, come accaduto negli ultimi anni, il processo manca di fluidità per compromissione di alcuni denti delle ruote, la prestazione sanitaria subirà battute di arresto. E il pronto soccorso, nel suo ruolo di "filtro" tra territorio e ospedale, sarà al collasso! Ecco quindi l'invocazione della "collaborazione" indirizzata agli attori coinvolti nel processo assistenziale, a monte e a valle del pronto soccorso: è stata già programmata una serie di azioni con i medici di famiglia e con i medici dei reparti ospedalieri con l'intento di riorganizzare le nostre attività, insieme alla direzione generale della Asl, fermo restando la necessità di interventi strutturali di carattere nazionale visto che la problematica interessa tutto il paese».

Questa la conclusione della direttrice dell'unità operativa complessa di Medicina e Chirurgia d'Accettazione e Urgenza: «La stessa collaborazione va chiesta, però, ai cittadini utenti, per sollecitare una maggiore responsabilità nell'utilizzo della sanità pubblica, magari anche recuperando un sano e proficuo rapporto con i medici di famiglia, affidando loro quel compito di filtro che, troppo spesso, viene invece by-passato e impropriamente richiesto al pronto soccorso. Ferma restando la disponibilità ad accogliere chiunque si rivolga al pronto soccorso anche oltre le necessità di emergenza-urgenza, deve essere chiaramente accettata dall'utenza la possibilità di lunghe attese per prestazioni improprie e per attese di posto letto nei reparti di degenza».

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