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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Pecorale, l'uomo che ha sparato al giovane Guzman non aveva il porto d'armi

Le indagini sono ancora in corso, ma sono diversi gli elementi che hanno portato all'identificazione del 29enne ritenuto responsabile della violenta aggressione

Sulle indagini seguite all'arresto di Federico Pecorale, il 29enne originario di Montesilvano ma residente in Svizzera che ieri poco dopo le 14 ha sparato al cuoco 23enne Yelfry Guzman mentre era a lavoro a Casa Rustì, il capo della squadra mobile Gianluca Di Frischia non dice molto, perche l'attività è ancora in corso. Fino ad ora quello che si è potuto accertare è che il 29enne era tornato più volte a Pescara dal 4 aprile alloggiando nello stesso albergo dove gli inquirenti hanno già effettuato una perquisizione trovando indizi che lo collegherebbero a quanto avvenuto. Non solo. L'arma con cui avrebbe sparato che sarebbe compatibile con quelle trovatagli in possesso al momento dell'arresto avvenuto intorno alle 22.55 di ieri nella stazione di servizio di Metauro (Pesaro e Urbino), sarebbe stata detenuta illegalmente e il giovane avrebbe potuto portarla con sé dall'estero. Il giovane aveva familiari in Abruzzo, ma i rapporti, come riferito dagli stessi contattati durante le indagini, sarebbero stati sporadici. Probabilmente disoccupato, ma con una buona pensione probabilmente di invalidità, Pecorale si era già recato nel locale di piazza Salotto nei giorni precedenti ai fatti, ma non aveva manifestato nessuna ostilità. Ieri pomeriggio, invece, lo scatto improvviso.

Sul movente non c'è ancora nessuna certezza, ma i futili motivi sarebbero davvero dietro il gesto compiuto. Motivi che risiederebbero nell'aver avuto in ritardo gli arrosticini e anche, forse, nel non averli graditi. Per il questore Liguori un uomo molto probabilmente solo, ma sul se sia affetto da problemi psichiatrici gli accertamenti saranno fatti dalla Procura di Pescara cui deve rispondere di tentato omicidio. Altro reato quello del porto abusivo d'arma per il quale invece l'indagine è aperta dalla procura di Pesaro. “Un delitto difficile da decifrare” per Liguori e “improvviso e imprevedibile” per il capo della squadra mobile di Pescara Gianluca Di Frischia. Secondo quanto riferito dagli inquirenti l'uomo, che stava tentando di tornare in Svizzera in taxi, al momento dell'arresto avvenuto dopo un'attività intensa e precauzionale per evitare che, vista l'imponderabilità dei comportamenti si temeva potesse essere reiterato, si sarebbe mostrato “tranquillo”. “L'impressione – riferisce Liguori - che hanno avuto gli uomini della stradale prima e i nostri uomini della mobile poi è che non avesse l'esatta percezione di ciò che era successo ovvero dell'esatto disvalore sociale che aveva arrecato” come se non capisse “quanto era grave quello che aveva commesso”.

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