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Lunedì, 29 Aprile 2024

VIDEO | Anche i bambini del Kenya vogliono "lu Pescar in serie A": il video che ha fatto innamorare il web [FOTO]

A realizzarlo l'organizzazione no-profit For Kenya creata da Luna Lamona in occasione della visita di un'azienda pescarese che ha contribuito alla costruzione del parco giochi della nuova scuola. Un direttore d'orchestra speciale e ora quella del Pescara è diventata "la canzone ufficiale"

Se vi doveste trovare a passare a Raukani, nell'entroterra del Kenya e sentite cantare “forza Pescara, lu Pescara in serie A” non stupitevi. Da quelle parti abbiamo dei tifosi speciali: sono i bambini dei villaggi della zona che il tifo lo fanno proprio per noi. Quanto ne siano consapevoli è difficile da dire, ma certo è che l'impegno è massimo, il coro fantastico e il direttore d'orchestra di quelli che proprio non ti aspetti.

Nel video pubblicato su Instagram ci imbattiamo per caso ed è da qui che inizia la storia che vi vogliamo raccontare. Inutile dire che è diventato virale così come tutti gli altri in cui si inneggia al Delfino. Sono stati tutti girati nei giorni scorsi, ma come ci è arrivata la curva nord fino all'entroterra kenyano? Questo ci siamo chiesti e abbiamo scoperto che se quello è un gioco, quel che c'è dietro è un sogno che prende sempre più corpo.

Era il 2015 quando Luna Lamona, pescarese, per i suoi trent'anni ha deciso di regalarsi un viaggio in Kenya. Non una vacanza ovviamente. Voleva fare qualcosa, ma cosa lo avrebbe scoperto intraprendendo il suo percorso. Quando alla madre e al padre ha comunicato di questa sua scelta loro, ci racconta, non l'hanno presa subito benissimo. Si sono preoccupati. Otto anni dopo non solo Luna ha messo in piedi, da novembre 2022 istituzionalmente, la sua organizzazione, ma a dirigerlo quel coro di bambini è proprio papà Fausto. Insomma nel cuore del Kenya, c'è un pezzo di Pescara a trecentosessanta gradi e decisamente molto, ma molto colorato.

Le foto dell'organizzazione For Kenya scattate durante la costruzione del parco giochi della scuola

C'è l'organizzazione creata da una pescarese, c'è papà Fausto, c'è Federico il ragazzo kenyota che li aiuta che pescarese non sarà, ma che di adozione lo è diventato e ci sono le aziende del territorio già impegnate nel sostenere i progetti che stanno portando avanti. Una è la Nakuru di Pescara e l'altra Xera di Città Sant'Angelo.

Quel video noi lo abbiamo scoperto imbattendoci nel profilo di Ilaria Diomede che è la responsabile marketing della Nakuru di Angelo Bandinu, azienda che si occupa proprio di packaging innovativo e riuso. Perché sono tutti e due lì? Perché l'organizzazione no-profit For Kenya, questo il nome della realtà creata da Luna, invita chi vuole dare il suo contributo ad andare fisicamente nei luoghi dove opera perché vedano con i loro occhi e partecipino alla realizzazione dei progetti che portano avanti.

In questo caso quello che hanno realizzato, rigorosamente con materiali di scarto tra legna, plastica e pneumatici, è stato un parco giochi per la scuola che stanno aiutando a costruire. Attenzione però, perché Luna è molto chiara su quella che è la sua missione: non si va per dare ciò che si pensa di dover dare in un'ottica, come dice lei, “da bianchi conquistatori”, ma si va per aiutare a realizzare ciò di cui loro ti dicono di aver bisogno.

“Sì lì mancano acqua, manca il cibo e mancano le strutture sanitarie, le condizioni umane sono difficili – ci spiega -, ma quando ho fatto il mio primo viaggio io non ho visto disperazione. Quello che per noi è impensabile, per loro è quotidianità e il senso di comunità è fortissimo. Sono tornata più volte facendo anche i miei sbagli perché la nostra mentalità è quella del ti do qualcosa e tu stai bene. In realtà devi capire che non sei 'un padrone' che porta lì il benessere, tu sei un ospite e quello che si fa lo si decide insieme”. Un lavoro di affiancamento insomma, non un dare qualcosa che poi lascia il tempo che trova per sentirsi a posto con la coscienza. “Quando ho realizzato con l'aiuto dei conoscenti il mio primo e semplice progetto, la costruzione di un banchetto di frutta e verdura su cui ho investito 300 euro, nella mia testa l'idea era: io ti ho preparato tutto, ti rifornisco poi tu vendi una parte la tieni una parte la reinvesti. E invece dopo 20 giorni mi hanno chiamata dicendomi: abbiamo finito la roba ce ne porti altra? Siamo in una ex colonia inglese, ho avuto la sensazione che il nostro dare dovesse essere un modo per giustificare la nostra presenza. Lì ho capito che non era quello che volevo. Non volevo che dipendessero da quello che io potevo dare, ma che attraverso quello che io potevo dare fossero totalmente indipendenti”.

Prima di iniziare l'avventura di For Kenya ha fatto volontariato in ospedale e lì sì, ci racconta, “ho visto cose impensabili. La meno impattante, diciamo così, è stato vedere più persone in un letto”. Insomma è andata, ha commesso errori, ha capito cosa e come poteva dare una mano e ha iniziato a farlo prima con la sua rete di amici e poi strutturando organizzazione che ora ha il sostegno di diverse aziende del Paese.

Ma quindi a quel video come ci siamo arrivati? “Qui non esiste la raccolta differenziata, non esiste il riciclo della plastica. Si butta tutto a terra “ed è per questo che abbiamo anche fatto mettere dei cestini - spiega ancora Luna -. Un altro progetto che sembra banale, ma che tanto banale in realtà non lo è”. Così, anche per educare al riuso, hanno deciso di realizzare quel parco giochi già completato. Un video simile lo aveva visto fare da un'altra organizzazione che opera sul posto ci confessa e così si è detta: perché non provare? A dirigere il tutto c'era proprio papà Fausto che ha fatto partire quel coro tra l'abruzzese e l'idioma del luogo, ci racconta ancora Luna sorridendo, i bambini lo vanno canticchiando anche quando sono da soli. . “È diventata la canzone ufficiale”, dice ancora ridendo e in effetti, scorrendo i video, è difficile dissentire. 

Tra una strofa e l'altra è partito un altro progetto in via di definizione. All'inizio nello spazio destinato alla scuola ci volevano fare un pozzo che servisse tutti i villaggi nei paraggi, ma bisogna arrivare a 150 metri di profondità per vedere l'acqua e ci vorrebbero 6mila euro che per ora non ci sono a differenza dell'urgenza. Mai darsi per vinti però. Tolti i tubi vecchi e comprati quelli nuovi ora ci sarà l'allaccio alla rete idrica nazionale che di chilometri ne dista solo due.

Due pozzi in realtà li realizzeranno, ma nelle carceri minorili di Mombasa e Malindi e questo grazie al sostegno dato da un'azienda di Roma e una di Brescia. Un contributo importante in questo caso arriverà anche dalla Xera di Città Sant'Angelo che proprio di computer e stampanti ricondizionate si occupa e che li donerà per la creazione di un computer lab all'interno delle carceri. Strumenti che darà anche alla scuola quando avrà una rete elettrica.

Le fondamenta della prima aula sono state fatte. Se tutto andrà come previsto si procederà con le altre due e alla fine la scuola sarà completa. Soprattutto nelle aree rurali, ci spiega, al massimo a 12 anni a scuola non ci si va più e le bambine vengono fatte sposare. Una di 13 proprio lì dove sono loro, è incinta. Una cosa per noi davvero inimmaginabile e sulle donne For Kenya si è preso un altro impegno: quello di dare la possibilità di imparare a fare un mestiere perché magari si possa andare nelle città e avere una vita diversa, una vita propria senza per forza dipendere da una società così tanto patriarcale.

“Voglio creare una scuola di cucito, corsi di falegnameria, insomma fare tutto quello che si può fare per queste bambine che qui non hanno diritto a nessuna eredità e che dunque vengono date in spose ancora bambine. Farlo vuol dire insegnare loro un mestiere e magari avere la possibilità di aver una vita diversa da quella che viene imposta. Quando ho fatto il tirocinio in ospedale – ci racconta – c'era la figlia del cuoco che aveva 18 anni e non aveva mai visto un pc”. È stata lei a insegnarle a muovere il mouse, fare qualcosa con word e per lei era quasi una cosa magica. Se pensiamo alla potenza dei social nella città occidentale, ai nostri bambini che quasi da quando sono in fasce già sanno usare un touch screen ci sentiamo lontani anni luce da tutto questo. Eppure siamo tutti sotto la stessa “luna”, mai come in questo caso lo si può affermare.

Potremmo stare qui per ore a raccontarvi tutto quello che sia Luna che Ilaria che questa esperienza la porta nel cuore, ci hanno raccontato con incredibile entusiasmo. Quello che ci sentiamo di dire è certamente che tutti vogliamo il Pescara in serie A e se mai dovesse accadere ricordiamoci di questi meravigliosi bambini. Sì perché loro sono decisamente fuori categoria. Roba da vittoria in Champions League.

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