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Zeman tuona: "Farmaci e calcio, nulla è cambiato"

Il boemo, ex allenatore del Pescara, questa sera alle Iene su Italia Uno, tornerà a puntare il dito sui trattamenti riservati ai calciatori

Zdenek Zeman, ex del Pescara, torna a tuonare dai microfoni delle Iene. Questa sera il tecnico di Praga sarà intervistato su Italia Uno nella nota trasmissione e parlerà dell'abuso dei farmaci nel calcio. Un tema caro al boemo, che spesso ha denunciato il ricorso continuo a sostanze a rischio per aumentare la performance dei calciatori. Dopo le recenti morti di Mihajlovic e Vialli, tra gli ex protagonisti della serie A serpeggia la paura che alcune forme di malattia siano state causate o favorite proprio da quell'abuso di farmaci che avveniva negli spogliatoi. "È strano - ha detto Zeman alle Iene - che certi calciatori si spaventino ora e non quando prendevano certe sostanze. Se posso escludere che i giocatori da me allenati abbiano preso farmaci a mia insaputa? Purtroppo non posso escluderlo perché non si riesce a controllare tutto. Però quando parlavo ai medici, io non davo certe indicazioni".

Per Zeman non ci sono legami tra i farmaci dopanti e le recenti scomparse di Mihajlovic (l'ultima apparizione pubblica del serbo a Roma alla presentazione del libro di Sdengo) e Vialli, ma sul concetto "Il calcio deve uscire dalle farmacie" il boemo resta fermo: "Secondo me non è cambiato niente, purtroppo. Questi ragazzi che ci pensano ora ci potevano pensare 25 anni fa, chiedendo cosa stessero prendendo e perché. Oggi è tardi. Sinisa e Vialli? Le malattie purtroppo colpiscono tutti".

Massimo Brambati, oggi procuratore, ricorda l'abuso di Micoren negli spogliatoi ai suoi tempi: "Era un farmaco che prendevo praticamente tutte le domeniche. Ti aumentava la capacità polmonare. Qualche anno dopo è risultato tra le sostanze dopanti proibite. Ho spaventato anche mio padre una volta, dopo una partita. Quel giorno marcavo Maradona e dopo il match, quando sono andato al bar a bere una cosa con papà, non riuscivo a tenere in mano la tazza perché mi tremava la mano". 

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