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Sabato, 27 Aprile 2024
Calcio

Quattro anni senza Bruno Pace, un mito che non si dimentica

Scomparso il 7 febbraio 2018, l'ex calciatore e allenatore pescarese è rimasto nel cuore di tutti gli sportivi della città, che lo ricordano e lo celebrano ancora: sorrisi, ironia, ma anche verità e onestà intellettuale di un simbolo del calcio d'altri tempi

Ironico. Allegro. Ma pungente. Sincero. In una parola: autentico. Bruno Pace se n'è andato quattro anni fa, a 74 anni, e ancora oggi non lo dimentichiamo. Nessuno a Pescara, ma anche a Chieti, e soprattutto a Bologna o a Catanzaro, città in cui ha scritto pagine di storia (ma anche Pisa, Catania e Avellino), potrebbe mai dimenticare quello che il pescarese Pace ha rappresentato. Emblema di un calcio d'altri tempi, in cui essere se stessi era ancora possibile. Scherzare era lecito. Parlare liberamente, senza sovrastrutture, senza finzioni, era consentito.

Pace e il calcio si sono trovati per caso. Un provino con il Pescara fatto per dare retta ad un amico, arrivando di corsa e, come sempre, scapigliato e senza pensieri. Tutto è iniziato così. Un'ascesa che lo ha portato in serie A, sia da giocatore che da allenatore, che gli ha fatto vincere una Coppa Italia in campo e spaventare le grandi sulla panchina del Catanzaro, arrivando al settimo posto con i gol di Palanca e Bivi.

Re del dribbling, simbolo della massima espressione del genio calcistico, ormai merce rara anche tra i big strapagati del pallone a livello globale, Pace faceva impazzire avversari, compagni di squadra e allenatori: le regole gli stavano strette, ma il cuore era capiente. Lungo la strada ha lasciato amici dappertutto. Dopo la carriera da professionista, è diventato il più gettonato opinionista tv delle reti locali. La sua passione l'aveva coltivata trasformando dei terreni di Città Sant'Angelo nel Poggio degli ulivi, centro sportivo all'epoca futuristico e all'avanguardia, ancora oggi casa del Pescara.

Il suo carattere così spontaneo e senza filtri lo ha reso anche scomodo in un calcio che lentamente, fin dagli anni '60, si avviava a diventare l'industria che è oggi. Per questo ha raccolto anche meno di quanto meritasse. Ma a lui questo discorso non piacerebbe: il suo largo e coinvolgente sorriso avrebbe scacciato via ogni dubbio e ogni rimpianto. La vita l'ha vissuta in tutta la sua pienezza, dentro e fuori dal campo. Per questo ci ha rubato il cuore. Per questo non lo dimenticheremo mai.

Ciao Bruno, ci manchi.

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