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Venerdì, 26 Aprile 2024

VIDEO | L'ex anestesista: "Garantire cure palliative domiciliari"

Maria Faieta, dell'associazione I colori della vita ne spiega l'importanza: "E' un diritto di civiltà che non solo permette di non occupare posti in ospedale, ma permette ai pazienti di vivere il loro percorso nell'intimità familiare"

“Per i pazienti è un diritto negato”. Così Maria Faieta dell'associazione I colori della vita che oggi era al fianco del consigliere regionale del Pd Antonio Blasioli e del capogruppo regionale del partito che hanno annunciato la volontà di depositare un esposto in procura per avere chiarimenti sul perché la Asl di Pescara sia l'unica a non avere una rete delle cure palliative domiciliari e che fine abbiano fatto i fondi stanziati nel 2019 dal ministero della salute proprio per attivarla (1 milione 215 mila 743,63 euro) non vendo avuto risposte in merito né dal ministero né dalla Regione. Risposte che l'associazione, spiega Faieta che è anche ex anestesista dell'ospedale di Pescara, chiede in realtà da sei anni. Tanti quelli di lotta per avere riconosciuto non solo un diritto umano, ma un diritto previsto dalla legge dato che la rete è prevista dai Lea (Livelli essenziali di assistenza”. “E' un diritto negato – ribadisce -, perché i pazienti che purtroppo avrebbero bisogno di queste cure domiciliari specialistiche non ce l'hanno. E' un segno di civiltà”. "Sono sei anni che stiamo dietro questa cosa – sottolinea Faieta -, avendo coinvolto tutte le figure istituzionali che abbiamo potuto coinvolgere e avrebbero dovuto risolvere questa situazione: dalla Asl alla Regione. Non abbiamo ottenuto nulla. Speriamo che questa volta – aggiunge in riferimento all'esposto che sarà depositato da Blasioli - anche con l'intervento dei politici, si possa arrivare ad una conclusione: sia per l'attuazione del servizio, sia su un chiarimento sui fondi erogati che non si sa che fine hanno fatto”.

A lei chiediamo cosa vuol dire per una persona a fine vita poter ricevere cure palliative domiciliari: “vuol dire tanto – ci risponde -. Solo chi ci passa lo può capire. Il palliativista si fa carico di tutte le necessità del paziente: dalla sedazione alla terapia del lavoro, alla nutrizione e così via. Questo porta a non occupare posti in ospedale impropriamente, ma anche a permettere di vivere il percorso nell'intimità familiare”. “La buona sanità – dice ancora – non si fa attraverso il gossip sui giornali. Le cure domiciliari sono una cosa diversa dall'Adi: sono specialistiche e rivolte a persone di tutte le età. Non riguardano solo i pazienti oncologici e terminali – sottolinea – ma anche chi è affetto da altre patologie che non danno una lunga aspettativa di vita: un esempio è la Sla. Queste persone hanno bisogno di un'assistenza specialistica e il palliativista dovrebbe entrare nelle loro vite prima che si arrivi alla fase finale, per evitare che venga percepito come una sorta di becchino, ma, al contrario come una persona che segue il percorso terapeutico del paziente e con cui lo stesso abbia già una relazione”.

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