Simone Flammini racconta De Andrè e la Pfm con 'La bottega del falegname'
Simone Flammini canterà e racconterà l'arte di Fabrizio De Andrè e della Pfm con il progetto musicale 'La bottega del falegname' sabato 16 marzo, al teatro comunale di Città Sant'Angelo, nell'ambito di un doppio appuntamento. Alle ore 18, infatti, ci sarà una lezione-concerto, mentre alle ore 21 si terrà il live di Flammini & band che sarà incentrato sulla collaborazione di Faber con la Premiata Forneria Marconi, risalente alla fine degli anni '70, che servì al cantautore genovese per "svecchiare" alcuni arrangiamenti dei suoi brani storici e ritrovare così nuova linfa artistica. A tale riguardo, il bassista Pierluigi Di Cesare scrive sui social: "Domenica 21 gennaio aprirò il nuovo anno con il primo concerto a teatro. Lo farò con vecchi e nuovi compagni. Racconteremo il connubio tra poesia e progressive che Fabrizio De Andrè e la Premiata Forneria Marconi elevarono alla massima espressione nel 'concerto ritrovato' del 1979. Lo faremo in una location esclusiva, il teatro comunale di Città Sant'Angelo".
Era un freddo gennaio di 25 anni fa quando Fabrizio De André, uno dei più grandi cantautori italiani, ci lasciò. Passati cinque lustri dalla sua scomparsa, resta ancora molto di lui. E le nuove generazioni se ne accorgono. Le iniziative, i cofanetti, i greatest hits e i concerti tributo ideati in questi anni per ricordarlo non sono stati soltanto abili trovate di marketing, ma anche modi per insegnare ai giovani la lezione di un personaggio decisamente controcorrente, che con la sua voce dal timbro scuro ed ammaliante, le sue musiche malinconiche e folk, i suoi testi intrisi di pura poesia veicolava messaggi che ancora oggi sono di forte attualità.
Mauro Pagani e Morgan sono solo gli ultimi due, in ordine di tempo, che nel mondo della musica hanno voluto omaggiare De André: il primo reincidendo “Creuza de ma”, capolavoro del 1984, il secondo rileggendo a modo suo “Non al denaro, non all’amore, né al cielo”. «Se hai pietà umana sei un fuorilegge», diceva De André. Nulla di più vero, specie considerando ciò che egli ha scritto nelle sue canzoni, le cui liriche erano spesso e volentieri intrise di questa “pietas”. Una pietas che i più bigotti non sembravano voler capire, quando De André riprendeva i vangeli apocrifi e ne traeva ispirazione e magnificenza. O quando raccontava la storia di Marinella, il sogno di Maria, la guerra di Piero, le disavventure di Bocca di Rosa, tuffandosi nel fiume Sand Creek dopo essere passato per via del Campo, dove “c’è una puttana”.
Perché il mezzo è il messaggio, come sosteneva McLuhan, e il cantastorie genovese ha fatto sua appieno questa importante dottrina. Faber camminava sempre “In direzione ostinata e contraria”, come dice nella canzone "Smisurata preghiera", l'ultima da lui registrata in studio. Il giudizio di valore lo lasciamo invece ad Aldo Grasso, critico televisivo ma non solo: «Fabrizio era innanzitutto la sua voce, una voce che si riconosceva all’istante come quella di un cantore di razza. Era una voce etica». Insomma, aver perso De Andrè, che era un grande comunicatore nonostante si dicesse che non amasse apparire, è stato un grande danno soprattutto per l’alimentazione di una coscienza civica, ed artistica, che ha sicuramente arricchito l’Italia. Emblematico, in tal senso, questo suo verso: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”.