“Uomo e galantuomo” di Eduardo De Filippo in scena al Pala Dean Martin con gli allievi del Laboratorio Actor&Drama
Il Laboratorio Actor&Drama presenta lo spettacolo di Eduardo De Filippo “Uomo e galantuomo”, con la regia di Giancamillo Marrone, in scena gratuitamente al Pala Dean Martin.
L’evento rientra nell’ambito delle manifestazioni primaverili “Primavera, che spettacolo!” indette dal Comune di Montesilvano.
Lo spettacolo, che conta già 10 repliche andate sold out, è basato su una commedia in tre atti scritta da Eduardo De Filippo nel 1922 e inserita dall'autore nel gruppo di opere da lui chiamato Cantata dei giorni pari.
La commedia fu scritta da Eduardo per il fratellastro Vincenzo Scarpetta e messa in scena nel 1924 con il titolo Ho fatto il guaio? Riparerò!. Il 23 febbraio 1933 la farsa fu rappresentata dalla compagnia di Eduardo "Teatro Umoristico I De Filippo" con il titolo definitivo di Uomo e galantuomo.
È la storia di una scalmanata compagnia teatrale denominata L’eclettica.
La commedia offre allo spettatore una serie di episodi irresistibilmente comici. Uno in particolare, quello della prova della compagnia, potrebbe di per sé costituire l'oggetto di una farsa. La prova si svolge nell'atrio dell'albergo ed inizia con Gennaro che emette un lamentoso e terribile gnaulio accompagnato da una smorfia che gli stravolge il viso e dal movimento di un braccio che si agita nell'aria. Gli attori si precipitano a soccorrerlo, convinti che sia stato colpito da un malore, ma scoprono che invece, da vero artista, Gennaro stava imitando l'apertura della porta cigolante del "basso" in cui si svolge il dramma.
Sempre durante la prova della scena madre del drammone, che Eduardo ha allungato nel corso degli anni, aggiungendovi numerosi nuovi spunti, scena provata in quasi mezz'ora reale per meno di cinque minuti di recita, ricorrono numerosi litigi tra capocomico e suggeritore, tra cui la ripetizione della battuta iniziale "Nzerra chella porta" ("chiudi quella porta").
Un'altra scena indimenticabile è quella dell'ustionato Gennaro in casa Tolentano che assistito dai presenti si accascia su una sedia da cui però dovrà alzarsi per andare nel laboratorio del dottore che lo medicherà. Il problema è che Gennaro ha salvato dall'acqua bollente solo la punta di un piede e il tallone dell'altro: quindi per alzarsi e camminare dovrà ben calcolare come muoversi: e così fa... ma non appena alzato emette un urlo di dolore sovrumano poiché ha sbagliato ad appoggiare in terra la punta e il tallone.
Ma sopra tutte, a testimoniare la loquacità spesso interessata di Gennaro, c'è il suo modo di raccontare le cose prendendole alla lunga e iniziando a raccontare del suo mestiere sempre dalla stessa frase iniziale "Io tengo 'na buatta" ("ho una scatola di latta").
Nell’allestimento e nella regia curata da Giancamillo Marrone, pur restando fedele al testo, la commedia ha i ritmi di un Vaudeville e diventa una vera e propria macchina della risata.