'Fino all’ultimo respiro', prima nazionale per lo spettacolo della Compagnia dei Guasconi
Mercoledì 28 e venerdì 30 dicembre andrà in scena, in anteprima nazionale, la nuova produzione della Compagnia dei Guasconi – Teatro metèco: 'Fino all’ultimo respiro'. La messa in scena è realizzata con il sostegno dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Pescara. L’ingresso per le due serate sarà gratuito. In scena ci saranno Raffaella Cardelli, Andrea Maria Costanzo e Orazio Di Vito che cura anche la regia. Tecnico suoni e luci Massimiliano Conti, foto di scena Federica Valerii.
'Fino all'ultimo respiro' è il titolo di un famoso film di Jean Luc Godard del 1960, ma è anche il titolo del testo autobiografico di Rade Šerbed?ija. In questo testo c'è anche una poesia che parla di un suo amico il quale, negli anni '60 della Jugoslavia di allora, amava la nouvelle vague dei cineasti francesi. Questa storia racconta, in maniera forse sottile, una cosa ben precisa, ovvero che in quegli anni i giovani jugoslavi ascoltavano musica, leggevano libri, guardavano film, gli stessi che ascoltavano, leggevano e guardavano i loro coetanei italiani, francesi, inglesi e tedeschi.
Cosa significa questo? Semplicemente che la Jugoslavia, la sua cultura, la sua arte, erano diverse da quelle del blocco sovietico, chiuso e autoreferenziale. Non a caso politicamente la Jugoslavia era uno dei paesi “non allineati” e lo stesso Tito si fece promotore di quella famosa “terza via” che tanto spaventava l'URSS dell'epoca. Tutto questo solo per dire che la Jugoslavia era ed è Europa, al pari di altri Stati, e che, malgrado in molti si siano girati dall'altra parte, la guerra che sconvolse quel paese era una guerra europea, l'unica dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Da questa parte del mondo, l'Occidente, in pochi sanno esattamente cosa è accaduto negli anni '90. Una guerra dimenticata, già nel momento stesso in cui stava accadendo. “Fino all'ultimo respiro” è un tentativo, forse velleitario, di accendere un riflettore, esattamente come si fa in teatro, su quegli accadimenti.
Lo si farà attraverso “tre monologhi sull'altro” della scrittrice croata Slavenka Drukulic e alcuni testi dello stesso Rade Šerbed?ija. Tre storie vere scritte da un'autrice con una sensibilità rara. Un soldato croato reduce dalla guerra che non riesce a fare i conti con il suo passato. Un operaio musulmano che decide di adottare il figlio di una serba, abbandonato dalla madre appena nato, forse perché figlio di una violenza. Una donna serba, profuga, che scopre solo anni dopo la verità sul marito.