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Martedì, 23 Aprile 2024

VIDEO | Marinerie, da Pescara l'ultimatum al governo: 15 giorni per soluzioni concrete o la categoria "sparirà"

All'Aurum i rappresentanti della categoria arrivati da tutta Italia stilano un documento e chiedono per il caro gasolio un prezzo massimo di 0,50 centesimi di euro, oltre a cassa integrazione per i dipendenti e altre misure o si resterà in porto e si licenzierà

Quindici giorni per avere risposte e soluzioni concrete o gli armatori di tutta Italia si fermeranno licenziando tutti gli imbarcati. E' un vero e proprio ultimatum quello che arriva dalle marinerie italiane: tante quelle che oggi erano presenti all'Aurum di Pescara per redigere un documento che ora andrà condiviso tra i rappresentanti di categoria tutto il Paese e che, una volta definitivo, sarà inviato a Roma. Un documento in cui si sollevano i problemi che stanno letteralmente distruggendo la categoria e per far fronte ai quali si chiedono specifici e immediati interventi di sostegno.

"Oggi è impossibile fare azienda" spiega Francesco Scordella, presidente dell'associazione armatori Pescara che sottolinea come già sia impossibile andare avanti alle condizioni attuali e che i licenziamenti, paradossalmente, potrebbero essere l'unico modo per garantire gli imbarcati: “non c'è neanche una cassa integrazione per tutelarli, è vergognoso – incalza -. Ai sindacati e le associazioni chiediamo da anni una cassa integrazione straordinaria. Siamo stati abbandonati. Se ci fate caso in tutti i provvedimenti che lo Stato fa per affrontare la crisi dettata dalla pandemia e il caro energia non viene mai nominata la marineria”. Per chi ci lavora sulle barche attraccate nei porti italiani, dunque, la disoccupazione sarebbe l'unica soluzione. Si parla di 32mila persone cui si aggiungono i circa 14mila armatori, come viene riferito dagli addetti ai lavori. Il tutto senza considerare l'indotto, con la ristorazione che rappresenta solo un tassello, importante, di tutto ciò che ruota attorno all'attività di pesca. Fermare la categoria vorrebbe dire rischiare di creare altra disoccupazione e chiusura di molteplici imprese. “Siamo al collasso. Il problema è sentito in tutta Italia: è impossibile andare a lavorare con un prezzo che supera il guadagno per un'imbarcazione. Eravamo la flotta più grossa d'Europa, negli anni ci hanno dimezzato – aggiunge Francesco Caldaroni, presidente delle marinerie italiane -. Il governo è sordo ai nostri appelli: abbiamo fatto anche una manifestazione un mese fa – aggiunge ricordando il primo stop attuato dalla categoria -. Gli chiediamo di rispettare la normativa di legge: la pesca è tassazione zero sul gasolio, così come lo è per tutte le marinerie mondiali”. Un incontro quello di oggi con un preciso obiettivo: fare fronte comune e muoversi come una vera e unica categoria al di là delle differenze che caratterizzano le modalità di pesca e l'attività nei territori. Non sono mancate rimostranze nei confronti di chi non c'era, in particolare verso la marineria di Chioggia, ma se da una parte Scordella specifica che i suoi rappresentanti hanno assicurato di valutare il documento per aderire eventualmente alle scelte che saranno fatte, dall'altra Caldaroni sottolinea come spesso sia il timore a far muovere alcuni con fin troppa cautela: la paura di perdere tutto sentendosi "strozzati" da una situazione impossibile da gestire, aggiunge. 

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Questi i problemi principali, tra i tanti, cui si chiedono interventi immediati da parte del governo: il caro gasolio, l'assenza di una cassa integrazione per i marittimi, il mancato pagamento del fermo biologico 2021 che avevano già chiesto di anticipare e l'erogazione degli aiuti promessi durante la pandemia e non ancora arrivati oltre all'erogazione del credito di imposta. Queste, invece, le richieste che si chiede al governo di soddisfare: fissare il costo del gasolio ad un massimo di 0,50 centesimi di euro, consentire un fermo biologico facoltativo che consentirebbe ai piccoli armatori di lavorare garantendo la presenza del prodotto a tutte le imprese dell'indotto con i grandi che potrebbero tamponare le perdite con gli aiuti e attuare il blocco dei mutui per un anno sia per gli armatori che per i marittimi oltre che, ovviamente, erogare gli aiuti già citati. Il documento dovrebbe essere inviato lunedì: al quindicesimo giorno se risposte da Roma non arriveranno si procederà con il blocco totale dell'attività e i licenziamenti. Per Caldaroni esiste solo un modo per farsi ascoltare: far partire le iniziative dal basso e la marineria in un Paese che è una penisola, rappresenta un cardine. “Mi hanno già chiamato da Roma le capitanerie per sapere se avessimo intenzione di fermarci” ha riferito ai presenti per far capire che il timore che ciò accada è percepito.

A lui chiediamo cosa significherebbe per il Paese non avere più le marinerie: “che non ci sarebbe più pesce nazionale sui banconi, avremo 32mila persone in disoccupazione più un altro indotto di altre 32mila persone che andrebbero in difficoltà: tutti quelli che collaborato con il settore”. Queste le marinerie oggi presenti a Pescara oltre a quella della città: Trani, Mola di Bari, Gaeta , Manfredonia, Monopoli, Molfetta, Ortona, Ancona, Vasto Civitanova Marche, Fano, Porto San Giorgio, Giulianova, Fiumicino, Termoli, Anzio, Civitavecchia e Rimini. Le marinerie calabresi, infine, seppur non presenti hanno delegato i rappresentanti di quelle presenti di fare anche le loro veci.

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