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Giovedì, 25 Aprile 2024

VIDEO | Gli ex vertici della Camera di commercio: "Follia vendere sede storica e Pala Becci, è il Foro Boario che bisogna alienare"

L'ex presidente Ardizzi e l'ex vicepresidente Di Carlo con i componenti della giunta camerale che hanno guidato lanciano un appello a chi oggi è alla guida chiedendo di valorizzare le sedi storiche di Pescara e Chieti. "Impensabile" per loro privare la città adriatica di due realtà di riferimento

Se razionalizzazione del patrimonio immobiliare deve essere così come la legge prevede, allora è la sede del Foro Boario a dover essere venduta e non la sede storica di via Conte di Ruvo e con lei il Pala Becci. Su questo gli ex amministratori della camera di Commercio che l'ente l'hanno guidato per un decennio a cavallo tra gli anni '90 e l'inizio del millennio, invitano oggi in qualità di privati cittadini a fare una riflessione.

Un vero e proprio appello perché chi oggi lo guida l'ente faccia un passo indietro su quell'avviso utile a capire se la possibilità di venderli i due edifici esista davvero. Una cosa che “non va neanche pensata” afferma l'ex presidente Ezio Ardizzi e con lui tutta l'ex giunta della Camera di commercio. La chiave di lettura deve essere capovolta: valorizzare “i gioielli di famiglia” e cioè le sedi storiche di Pescara e Chieti e alienare la struttura inagibile del Foro Boario.

“Un accorato appello – dichiara l'ex vicepresidente Vittorio Di Carlo – affinché una giunta e un'assemblea camerale sostanzialmente scaduta a dicembre e in attesa rinnovo, non metta in campo un provvedimento che pregiudica la nostra realtà. Lasciassero tempo e spazio ai nuovi amministratori di decidere cosa fare. Nel mentre si discute della Nuova Pescara non si può pensare di chiudere la sede della camera di Commercio di Pescara”.

Tutto nascerebbe da una erronea interpretazione della richiesta arrivata dal ministero che chiede sì una razionalizzazione del patrimonio, ma che non dà alcuna indicazione su come bisogna farla: i metri quadrati in sostanza, questo sostengono, non devono essere il parametro. Una scelta quella di vendere il palazzo storico e il Pala Becci che se mai portata avanti sostengono gli ex amministratori, sarebbe anche non conveniente: solo per ricostruirlo il Foro Boario, spiega infatti Di Carlo, “ci vorranno circa 3 milioni di euro: mi sembra uno spreco non una razionalizzazione. Tutte le città d'Italia hanno sedi storiche della camera di commercio e questo già dimostra che è una follia. Ci stupisce – incalza – che nessuno degli attuali componenti della giunta abbia ipotizzato di vendere il Foro Boario e mantenere proprio le sedi storiche delle due città”.

Il Pala Becci prima della riqualificazione

Se la legge dice che si deve razionalizzare, ricordano, la stessa dice anche che Pescara una sede seppur secondaria, deve averla. Le rassicurazioni su questo fronte l'attuale presidente della Camera di commercio Gennaro Strever le ha date, ma nell'ipotesi paventata nella delibera camerale per l'alienazione dei beni si parla di “servizi” che rimarranno sul territorio. Saranno dunque solo uffici? Si chiedono.Se così non fosse, aggiunge l'ex vicepresidente, ben venga, ma allora “non si capisce come mai hanno pubblicato stanno per pubblicare un avviso per le manifestazioni di interesse per l'alienazione delle due realtà di Pescara e capire se qualcuno è interessato ad acquisirle. Se non è questa la scelta – chiosa - allora basta non metterla nella manifestazione d'interesse”.

L'occasione per l'ex giunta anche per ricordare che la prima razionalizzazione patrimoniale è stata fatta quando c'erano loro alla guida seguendo sempre quanto previsto dalla legge. Razionalizzazione portata avanti, dicono ancora Ardizzi e Di Carlo, con la vendita alla Regione del palazzo De Cecco e affittando all'assessorato all'agricoltura la sede di via Catullo dove è ancora adesso e costruendo quel Pala Becci grazie alla scelta di acquisire quella che era poco più di una struttura fatiscente trasformata in un solo mese in un palacongressi d'avanguardia in occasione dei Giochi del Mediterraneo del 2009. La stessa cosa però non sarebbe avvenuta a Chieti e così, fatta la fusione, ci si è trovati a dover procedere con un'altra razionalizzazione.

Nel chiedersi se ci sia anche un po' di “furbizia” nelle scelte che potrebbero essere fatte, Ardizzi e Di Carlo ricordano non solo le tante attività promosse negli anni che hanno fatto di Pescara un riferimento, ma lamentano come la vendita di ben due strutture importanti e di riferimento si tradurrebbero in un perdita importante per il tessuto imprenditoriale del territorio provinciale ancor più ribadiscono, guardando alla Nuova Pescara.

Vendere la sede storica per Ardizzi significherebbe dunque vendere “la storia” della Camera di commercio. “Qualcuno ci prova, ma è sicuro che non ci riuscirà. La Camera di commercio di Pescara ha iniziato la sua attività con la costituzione della provincia di Pescara e tra l'altro ha avuto l'onore e il piacere di avere il presidente della Repubblica all'inaugurazione della prima borsa della città. Parliamo di una sede bella, ristrutturata e riqualificata così come il palacongressi è un gioiello di architettura. Queste cose sono le nostre – conclude – non le loro”.

A lanciare l'appello inseme ad Ardizzi e Di Carlo sono stati gli ex componenti della giunta camerale Renato Pesce, Pino di Pietro e Alberto Siena.

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