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VIDEO | Autismo, la denuncia dei genitori: "I nostri figli usati solo per scaricare i budget"

Protesta sotto l'assessorato alla sanità, la presidente dell'Associazione asperger: "Ci sentiamo abbandonati e schiacciati da una burocrazia folle, le terapie sbagliate e l'impossibilità di partecipare al tavolo istituzionale che dovrebbe darci risposte"

Troppa burocrazia, terapie poche e sbagliate e nessuna voce in capitolo nel tavolo istituzionale per portare il giusto contributo alle azioni da promuovere per dare un sostegno reale alle famiglie alle prese con figli affetti dallo spettro autistico. Nel giorno in cui si celebra la giornata mondiale sulla consapevolezza di questa patologia diverse famiglie, soprattutto mamme e nonni, si sono date appuntamento sotto l'assessorato regionale alla sanità per denunciare quella che la presidente dell'associazione asperger Abruzzo Maria Helene Benedetti definisce “una situazione drammatica” nonostante l'Abruzzo sia una delle regioni, forse l'unica, ad avere delle linee guida. “Non funziona quasi niente – spiega -: ci sono liste d'attesa infinite, abbiamo famiglie che fanno chilometri per andare in terapia e che vanno fin fuori regione per avere quelle non adatte e su cui nessuno fa controlli”. C'è poi quella “delibera di giunta censurata dei componenti del comitato tecnico scientifico d'Abruzzo” oggi stampata in formato gigante per mostrarla a chi di dovere e contro cui pensano anche di fare ricorso al Tar. La situazione peggiore, denunciano anche alcune mamme arrivate fin da Vasto, è quella della Asl Lanciano-Vasto-Chieti dove la burocrazia “è folle e sfiancante”, aggiunge Benedetti. “Una burocrazia che vuole che ogni 15 giorni da Ortona in giù una famiglia deve rinnovare il foglio per avere la terapia. Con giusta terapia – prosegue la presidente – si intende un programma terapeutico adeguato alle necessità del bambino. Ci sono quelli che devono fare psicomotricità e logopedia, ma anche quelli che hanno bisogno di supporto cognitivo-comportamentale un servizio dato in rarissimi casi e che invece serve spessissimo”.

Che le terapie non sono mai quelle giuste spiega riportando storie di alcune famiglie, lo dimostra quella di una bambina di dieci anni che ha un disturbo autistico di livello 1, quello teoricamente meno grave, che è sottoposta alla sua età a terapia farmacologica e che sta seguendo, riferisce, un programma scolastico di seconda elementare quando invece frequenta la quinta. Troppo spesso, denunciano ancora le mamme, non c'è il parent training durante le terapie. “Abbiamo il diritto di partecipare, ma spesso i familiari non vengono fatti entrare”. “Le linee guida – sottolinea Benedetti – dicono esattamente il contrario e cioè che i genitori devono vedere l'approccio per poterlo attuar sul proprio figlio allungandone i benefici per tutta la giornata”. Terapie che tra l'altro andrebbero fatte in un ambiente familiare, tiene a precisare: cioè a casa, ma troppo spesso non è così e si chiede di andare nei centri la mattina quando i piccoli dovrebbero essere a scuola a lavorare sulla socializzazione. Fabiola è una di queste mamme: “mio figlio se stiamo facendo una passeggiata si mette ad urlare, si mena si morde solo perché è frustrato perché ho cambiato strada. La terapia è importante e spesso non ti fanno assistere. Per me prima era così fino a quando non ho chiesto di applicare un mio diritto perché se mio figlio non parla e non è in grado di raccontarmi cosa succede, come faccio a sapere cos fare?”.

In quest'ottica a mancare, denunciano ancora le famiglie che protestano, a mancare è anche il teacher training, ovvero l'indirizzo che il terapeuta dovrebbe dare alle insegnanti per capire come stimolare i ragazzi autistici e far sì che proseguano gli studi come tutti gli altri bambini. “Capisco che ci siano pochi psicologici – conclude Benedetti -, ma chi prende i soldi sull'autismo non deve solo scaricare il budget: deve dare il servizio giusto e non fornire la psicomotricità, ad esempio, al posto del cognitivismo comportamentale. Una famiglia non può vivere in casa senza comprendere le necessità del figlio. Come associazione cerchiamo di informare il più possibile per evitare che i genitori vengano presi in giro”.

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