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La storia dell'educatore Ruggero Visini: "L'inclusione in società dei ragazzi diversamente abili attraverso lo sport è possibile"

"Ho lavorato anche con ottimi atleti normodotati, ma la differenza che ho notato è che per certi versi i disabili hanno una marcia in più. Sono loro che mi spingono a fare sempre meglio, hanno un entusiasmo eccezionale e tanta voglia di imparare"

Bisogna avere dedizione, fantasia e passione per decidere, un giorno, di cambiare mondo.
Cioè di relazionarsi non più, o meglio non solo, con ragazzi normodotati, bensì di andare alla scoperta di un nuovo mondo, quello dei cosiddetti diversamente abili.

Lo ha fatto Ruggero Visini e ha continuato così nel ruolo che lo ha sempre contraddistinto, che a lui piace definire di educatore

"Ho lavorato per tanti anni come insegnante nel mondo della scuola, ma ho insegnato anche nel mondo dell'atletica, come allenatore di marcia anche per proseguire la tradizione di famiglia. Mio fratello Vittorio è stato infatti un atleta della nazionale in questa disciplina. Ecco, io credo che quando a un certo punto scopri un mondo sommerso, nuovo e completamente diverso, ma pieno di energie e possibilità, devi porti come un educatore e capire le esigenze di chi hai di fronte".

Nel 2004 tu in prima persona, e insieme a te i tuoi collaboratori, hai capito che lo sport non era solo quello dei record o dei campionati, ma piuttosto quello della vita e della dignità da restituire a ragazzi speciali

"Operare con i diversamente abili utilizzando lo sport significa donare autonomia, socializzazione e inclusione. Se questi ragazzi non diventano il più possibile autonomi, rischiano di diventare un problema nell'immaginario collettivo. Nulla di più sbagliato, perché anch'io sul campo mi sono piacevolmente imbattuto in un pianeta sì diverso, ma migliore. E pensare che nei primi anni di attività ci guardavano e ci giudicavano con sorrisi ironici".

Il sodalizio è nato nel 2004 per volontà di alcuni genitori che, per lo svago dei propri figli, frequentavano tutti i giorni il parco “Villa de Riseis”. Nel 2005 l’associazione si è iscritta alla federazione per poter partecipare ai campionati provinciali di calcio settore scolastico. Alcuni di questi ragazzi avevano fratelli con sindrome di Down che con il tempo iniziarono a prendere parte agli allenamenti che si svolgevano nel parco. Nacque così la necessità di creare un settore specifico per la disabilità.

"C'è un aspetto che intendo rimarcare: ho lavorato anche con ottimi atleti normodotati, ma la differenza che ho notato è che per certi versi i disabili hanno una marcia in più. Sono loro che mi spingono a fare sempre meglio, hanno un entusiasmo eccezionale e tanta voglia di imparare.

Io ho solo messo a punto i loro limiti, trasmettendo le mie conoscenze apprese sul campo. Perché è vero che lo studio di settore è importante e noi ci siamo applicati tanto anche in questo, ma poi sono le sensazioni, l'empatia, i rapporti che si instaurano a fare la differenza. Sono trascorsi sedici anni, ora l'esperienza e la crescita ci portano davvero a guardare avanti e a poter dire di aver costruito qualcosa di bello. Anche alcune famiglie che prima erano un po' scettiche sulle possibilità di riuscita, adesso hanno capito che certi disturbi psicofisici non sono un problema se c'è maggiore autonomia" .

Quindi, riassumendo, si può affermare che l’attività sportiva ha migliorato, nei ragazzi che la praticano costantemente, aspetti fondamentali quali l’autonomia, le capacità cognitive, la socializzazione, il rispetto delle regole, l’autostima, il benessere fisico,?

"Assolutamente sì.  Lo status di questi ragazzi viene migliorato attraverso le attività ludico-motorie e sportive multidisciplinari, sempre più evolute e strutturate; le varie discipline sportive, come atletica, calcio, basket, hockey, bocce, integrate fra loro, vengono usate come strumenti di lavoro e scelte analizzando le peculiarità di ogni ragazzo in modo da migliorare le deficienze ed esaltare le attitudini di ognuno di loro".

Un mondo molto ampio, quello della disabilità intellettiva-relazionale, che comprende sia gli affetti da sindrome di Down sia i ragazzi con disagio intellettivo. Mentre i primi li puoi riconoscere e forse hanno un'area di intervento più conosciuta, i secondi li riconosci solo rapportandoti con loro ed è una forma di disabilità per certi versi ancora tutta da scoprire

E questa è una ulteriore sfida che noi accogliamo con ottimismo, perché noi che siamo educatori dobbiamo entrare nel loro mondo in punta di piedi, per capire innanzitutto come fare per essere comprensibili ed efficaci, ogni giorno, perché loro ogni giorno cambiano i loro schemi mentali. Ci vuole un po' di tempo, ma il premio finale è di gran lunga maggiore dei sacrifici". Sì, lo sport racchiude in questi racconti di vita la sua vera essenza.

Un sogno nel cassetto?

Siamo una associazione che si chiama Uguali nello sport e spesso organizziamo eventi. Ci piacerebbe portare a Pescara una manifestazione internazionale per ragazzi diversamente abili. Non aggiungo altro per scaramanzia, ma ci sono ottime prospettive per la concretizzazione di questo sogno".

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