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Pescara - Catanzaro, la partita di Bruno Pace

L'allenatore pescarese, icona del calcio cittadino, era cresciuto da calciatore con il Delfino ed esploso in serie A come tecnico alla guida della squadra calabrese. I ricordi del figlio Vittorio: "Papà tiferebbe sempre per i biancazzurri"

Domenica prossima ci mancherà da morire. Più di quanto non lo faccia ogni giorno, da quel febbraio del 2018 in cui ci ha lasciati. Pescara – Catanzaro sarà la partita di Bruno Pace, l’indimenticabile ex allenatore pescarese, cresciuto da giocatore con il Delfino ed esploso in panchina in serie A alla guida dei calabresi, l’angelo custode della partitissima dell’Adriatico. La sua sfida del cuore. Se fosse ancora con noi, questa settimana Bruno Pace non starebbe nella pelle in attesa di andare in tribuna a godersi lo spettacolo tra le “sue” due città (la terza è Bologna) che si scontrano per la promozione in B. “Mio papà ha amato Catanzaro e Pescara allo stesso modo per la genuinità con cui è riuscito a vivere con la gente del posto, sempre tra il popolo e le persone comuni, al centro della vita cittadina”, le parole del figlio Vittorio.

Bruno Pace era giovanissimo quando fu chiamato dal Catanzaro ad allenare, per la prima volta nella sua carriera, in serie A. A 38 anni, da tecnico emergente e rivoluzionario, si classificò al settimo posto con 28 punti nella massima serie. “Accettò la sfida del Catanzaro, da esordiente da aver vinto in C con il Modena, non solo per la possibilità prettamente sportiva e professionale, ma anche per approfittare dell’esperienza di vita che gli si prospettava davanti – racconta ancora Vittorio Pace – . Quale? Vivere a Catanzaro Lido, nella zona popolare della città, per godersi giornate di riposo a pesca assieme ai pescatori del posto, in totale armonia con la cultura e le tradizioni del posto. Per il calcio calabrese quegli anni furono anni di riscatto sociale, il Catanzaro non è mai arrivato così in alto. Un risultato storico anche dal punto di vista tecnico, perché di quella squadra – imbottita di giovani emergenti che poi hanno vissuto grandi carriere, come Edy Bivi e Massimo Mauro – ci si ricorda ancora oggi come un fenomeno che segnò un’epoca. Tra tutti quei calciatori, solo uno divenne suo “nemico”: Claudio Ranieri. Ma papà lo ha sempre detto anche pubblicamente. C’è un aneddoto che spiega il suo rapporto con Catanzaro: il giorno dopo aver battuto il Milan a San Siro, una domenica che fu il giorno della grande emancipazione per migliaia di calabresi che vivevano da emigrati meridionali a Milano, andò a pesca come sempre al porto. Un signore accanto a lui in dialetto del posto gli chiese di andare a comprargli delle esche. Lui, senza scomporsi, con il sorriso, andò a comprargliele. Tornato, il pescatore capì che quel ragazzo che pescava lì accanto era Bruno Pace, allenatore del Catanzaro quel giorno sulle prime pagine di tutti i quotidiani d’Italia. Si scusò mille volte, ma papà fu gentile e semplice come sempre, tanto che con quel pescatore, tale Graziano, nacque una bella amicizia e spesso andammo anche a cena a casa sua”.

I giallorossi calabresi con Pace arrivarono anche in semifinale di Coppa Italia, eliminati dopo i supplementari dall’Inter di Bersellini, che poi vinse la competizione battendo in finale il Torino di Massimo Giacomini. Da calciatore, tanti anni addietro, Bruno Pace iniziò a 18 anni in C proprio nel Pescara, 12 presenze e 1 gol nella stagione 1961-62, prima della lunga esperienza col Bologna nella massima serie.

Domenica allo stadio come la vivrebbe Bruno Pace questa sfida Pescara – Catanzaro? “Inutile nasconderlo: papà tiferebbe per il Delfino – chiude Vittorio Pace – . E’ sempre stato tifoso vero del Pescara, innamorato di quella maglia, nonostante lo splendido rapporto instaurato con la gente di Catanzaro e di Bologna. Lui si è sempre sentito pescarese e domenica prossima certamente vorrebbe vedere la sua squadra del cuore vincere e salire in testa alla classifica”.

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