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Venerdì, 29 Marzo 2024
Politica

Tra il deputato D'Alfonso (Pd) e il capogruppo regionale Febbo (FI) è scontro e le rivendicazioni partono da lontano

La conferenza sulle "distrutture" della Regione Abruzzo denunciate dal parlamentare accendono un vero e prorio fuoco tra i due che si scambiano accuse reciproche sulle rispettive carriere e scelte politiche

Diventa un vero e proprio scontro personale che percorre a ritroso le rispettive carriere politiche quello tra il deputato Luciano D'Alfonso (Pd) e il capogruppo regionale di Forza Italia Mauro Febbo. Una miccia diventata un fuoco e poi quasi un incendio. 

Ad accenderla la miccia è stata l'ultima conferenza stampa del parlamentare che toccando diversi argomenti ha parlato di “distrutture” della Regione Abruzzo. Parole cui proprio Febbo ha replicato definendo D'Alfonso “un uomo solo", ormai "abbandonato" da tutti gli esponenti del suo partito e colto da una "isteria da sabato del villaggio".

La miccia che si è trasformata velocemente in un fuoco fatto di un botta e risposta al veleno tra i due esponenti politici. Se per D'Alfonso l'attuale capogruppo regionale è una persona "che conosce direttamente lo scacco e l'insuccesso" visto che nell'attuale legislatura "ha dovuto lasciare l'assessorato e adesso fai il quasi assessore sulle spalle di D'Amario", Febbo resta "in trepidante attesa delle roboanti domande" che vorrebbe porgli sottolineando però che "se sono le stesse che hanno portato alla riconferma di Mattoscio alla guida della fonazione della fondazione Pescarabruzzo, posso dormire sonni tranquilli".

Uno scambio certamente non di cortesie con D'Alfonso che ripercorre il percorso politico di Febbo sin da quando era assessore comunale a Chieti, passando poi anche per i ruoli rivestiti in Provincia e Regione. Anni nel corso dei quali afferma, ha "sempre lasciato i cascami delle sue delibere difficilissimi da onorare per chi è venuto dopo”. Un percorso politico caratterizzato sostiene, più dagli indebitamenti che dai successi. Per quanto riguarda invece il suo di percorso politico, dice ancora, questo si è concretizzato nella realizzazione  di "tutti i progetti a valenza collettiva che mi hanno fatto coltivare i miei elettori in trent'anni anni di durevole servizio". "Tra sconfitte, indebitamenti causati e sorpassi subiti, Febbo avrebbe fatto bene a dedicarsi a qualche lettura che lo aiutasse a distinguere tra i documenti contabili pubblici e quelli privati – prosegue il deputato dem - Farò un atto di fede sulla capacità di lettura di Febbo che è la precondizione per rispondere. Ma ce ne vorrà tanta, di fede, perché ci sono incapacità che forse neanche per i santi sarebbe agevole sanare".

Parole cui la replica non si è di certo fatta attendere con Febbo che  parte proprio dal percorso politico fatto nell'amministrazione teatina. Città che tra l'altro, afferma senza mezze parole, si riprenderà. Parte da lontano il capogruppo ricordando la sfida trovatosi davanti quando il debito (corre l'anno 1993) era di ben 170 milioni di euro. Debiti lasciati ad una città "mortificata e saccheggiata economicamente e moralmente dopo gli oltre 62 arresti per la famosa tangentopoli" incalza il forzista, "dai suoi 'maestri e padri politici'". Nessuna paura da parte sua nel dover affrontare la sfida di ripianarne un altro, aggiunge riferendosi all'attuale amministrazione comunale, con tanto di rassicurazioni a D'Alfonso sul fatto che lui le carte le sa leggere. "Gli consiglierei di non soffermarsi tanto sul mio percorso politico, fatto sicuramente di qualche risultato al di sotto delle aspettative, ma abbia l'umiltà di esaminare il suo”"torna quindi a ribadire parlando di una "fuga" romana fatta lasciando una Regione "in macerie”" rimessa in piedi, prosegue, a partire dal 2019 e cioè da quando il centrodestra ha vinto le elezioni con Marco Marsilio presidente. Cosa che, ne è sicuro, avverrà anche nel 2024: "sarà la prima volta in assoluto negli oltre 50 anni di storia della Regione che non ci sarà alternanza - dice -. Per quanto riguarda la mia città, ho già chiuso e definito un dissesto con il sindaco Nicola Cucullo (dichiarato nel 1993 e chiuso nel 1997 con menzione dall'allora ministro dell'interno Giorgio Napolitano) molto più importante e complicato di quello che purtroppo si prospetta all'orizzonte. Sono nuovamente pronto a misurarmi e soprattutto a guidare la città con idee e progetti per darle dignità, orgoglio e puntare a una rinascita dopo esser stata depauperata anche (e tanto) nei suoi 54 mesi di governo regionale", chiosa.

L'ultima parola, se ultima sarà, la prende D'Alfonso che paragona Febbo al grande Babooma cantato da Zucchero e che nel suo ultimo intervento lo rassicura sul fatto che le domande non saranno le sue che saranno comunque "consegnate in una cassetta di sicurezza". Una però gliela rivolge subito e cioè “perché l’ultima volta ha voluto scommettere su una candidatura debole a sindaco per Chieti" chiedendogli se "voleva forse rendere certa la sconfitta e prenotare una eventuale candidatura successiva", dichiara il deputato. "Non premia mai scommettere a ogni giro di ruota sull’assessorato regionale, sul parlamento e contemporaneamente sulla fascia intrisa di fatica del sindaco della città", aggiunge.

"Siamo consapevoli entrambi che non sarà candidato e forse non potrà neanche pensare ad una eventuale candidatura se non in una fase onirica", dice ancora suggerendo a Febbo un modo “per rimediare ai danni che ha arrecato alla sua colazione: esercitarsi a raccontare cosa ha fatto per la città di Chieti con i ripetuti ruoli avuti, anche se mai da protagonista". "I ricorrenti desideri di candidature di prestigio continueranno a provocargli frustrazioni – conclude - se neanche le moltitudini di compagnie possono appurare cosa egli abbia fatto nella sua lunga stagione di ruoli condita da vagabondaggio di comunicati stampa".

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