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La denuncia del Partito democratico: "Se le piscine comunali di Caramanico non si realizzano è per precise responsabilità"

Per Paolucci, Blasioli e il gruppo Uniti per Caramanico l'attuale amministrazione di centrodestra e la Regione sono corresponsabili della situazione drammatica: "I lavori erano appaltati, ma hanno deciso di delocalizzare senza ottenere autorizzazioni. Se le risorse ci sono ancora si utilizzino per concludere il progetto"

“Comune e Regione sono corresponsabili della situazione disastrosa in cui versano le Terme di Caramanico”. Un'accusa pesante quella che arriva dai consiglieri regionali del Partito democratico Silvio Paolucci (capogruppo) e Antonio Blasioli oltre che dal gruppo Uniti per Caramanico e riferita al fatto che oltre “all'immobilismo” sull'affidamento del complesso, i due enti avrebbero combinato un vero e proprio “pasticcio” sulle piscine comunali.

Un pasticcio determinato, sostengono, dal fatto che la giunta di centrodestra subentrata dopo non solo l'approvazione del progetto, ma anche l'ottenimento dei finanziamenti e l'appalto fatto, avrebbe deciso di delocalizzare l'infrastruttura in Piana Santa Croce senza però ottenere mai, è questa la denuncia sollevata, l'autorizzazione al nuovo progetto dalla Regione. La conferma arriverebbe dalla risposta dell'ente all'interpellanza presentata il 28 febbraio per capire a che punto si fosse con la realizzazione di quelle piscine. I lavori in realtà non sarebbero neanche partiti vista la mancata autorizzazione determinata dal fatto, riferiscono i consiglieri del Pd, sia dal fatto che il progetto della nuova amministrazione “costituisce una variante sostanziale vietata dall'articolo 9 della convenzione sottoscritta a marzo 2018 tra Regione e Comune” sia dal fatto che è ormai “ben oltre i termini per l'attuazione dell'intervento che, in base al cronoprogramma allegato alla stessa convenzione, avrebbe dovuto terminare con il collaudo nel maggio 2020”.

A rendere tutto ancor più grave e paradossale, incalzano gli esponenti di centrosinistra, il fatto che vi sia un contenzioso tra la ditta che aveva ottenuto l'appalto e il Comune di cui però la Regione non sarebbe stata formalmente informata. Ciliegina sulla torta i finanziamenti. Le piscine erano state finanziate con 600mila euro di fondi Par-Fes 2007-2013, oltre a 92mila euro di compartecipazione da parte del Comune stesso. A questa somma si sarebbe dovuto aggiungere, spiegano ancora Paolucci e Blasioli, un altro milione di euro che però denunciano, “non è stato mai erogato a causa della sospensione del primo lotto di lavori”.

Prima responsabilità dunque sarebbe in capo all'amministrazione di centrodestra di Caramanico per una vicenda iniziata nel 2017 e cioè quando il sindaco di centrosinistra Simone Angelucci e l'allora sottosegretario regionale Mario Mazzocca promossero l'idea delle piscine comunali ottenendo poi finanziamenti e permessi, fino ad arrivare all'aggiudicazione nel 2019 dei lavori. Lavori, come detto, mai partiti partiti proprio per quella decisione della nuova maggioranza di delocalizzarne la realizzazione.

“L’incapacità amministrativa del Comune di Caramanico Terme è sotto gli occhi di tutti – dichiarano quindi Paolucci, Blasioli e il gruppo Uniti per Caramanico guidato da Mazzocca -. L’ente ha chiesto la delocalizzazione della piscina termale senza tuttavia poi riuscire a farsi approvare l’opera nei tempi. Parliamo tra l’altro di fondi per le annualità 2007/2013, non 2014/2021. Se quelle somme come ci è stato riferito in aula sono ancora disponibili – questa la richiesta -, si individuino le modalità per portare a compimento un progetto che valorizzerebbe l’intera struttura, e potrebbe sopperire, seppur parzialmente, alla situazione di perdurante stallo e di grave crisi che il territorio sta vivendo e continuerà a vivere, dato che le terme non riapriranno nemmeno nel 2023”.

Per gli esponenti del Pd neanche la Regione “è esente da colpe” dato che, affermano “gli annunci lanciati a Caramanico non si sono mai concretizzati. A incominciare dall’ultimo in ordine di tempo, quello relativo all’avviso pubblico per la concessione delle acque termali, che non è stato ancora emesso quando siamo ormai al mese di marzo e non è stato registrato alcun passo in avanti in vista della seconda asta dei due lotti della curatela fallimentare, prevista per fine aprile. Noi ribadiamo a gran voce la nostra proposta, ovvero riunire acqua e beni immobili in un unico soggetto acquistando entrambi i lotti. Una soluzione applicabile dal punto di vista economico in quanto la Regione Abruzzo si ritroverà a gestire un’ingente quantità di fondi nella programmazione comunitaria 2021-2027 impiegabili a questo scopo che agevolerebbe senza dubbio il percorso di riapertura, evitando lungaggini e contenziosi e consentendo al complesso di tornare operativo almeno nel 2024 oltre a garantire certezze per il futuro, scongiurando che un nuovo eventuale fallimento possa impattare così enormemente sui comuni di quel versante della Maiella. Peccato che nel consiglio comunale straordinario svolto giovedì 2 marzo- concludono - sia stata bocciata, senza fornire alcuna motivazione, una mozione del gruppo Uniti per Caramanico che andava proprio in questa direzione”.

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