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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Castello Filanda Giammaria a rischio demolizione? L'appello di Licio di Biase

Licio Di Biase, consigliere comunale ed ex presidente dell'assise cittadina, interviene in merito agli interventi di urbanistica che potrebbero riguardare gli edifici storici della Filanda Gianmaria

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di IlPescara

Da tre anni l’Amministrazione Comunale di Pescara è impegnata nel tentativo, che ormai appare vano, di bloccare lo scempio del patrimonio Storico-edilizio e architettonico della città.

Ci siamo indignati per l’abbattimento della Centrale del Latte, sicuramente meno importante dell’abbattimento della stazione di Porta Nuova per cui quasi nessuno si indignò. Ma ora, in attesa dell’adozione del Piano per la Tutela del Patrimonio edilizio ( a cui hanno dato il loro contributo il Prof. Claudio Varagnoli della Facoltà di Architettura e la Dot..ssa Patrizia Tomassetti, della Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici), che tarda ad arrivare in Consiglio Comunale, è la volta della Filanda Giammaria, inserita in un Piano di recupero che rischia di distruggere un elemento identitario socio-economico della Castellamare di inizio novecento.

QUESTA COSA VA BLOCCATA E CI ADOPEREREMO IN OGNI SEDE.

Intanto è il caso di adottare il provvedimento di tutela prima di proseguire con il Decreto Sviluppo, ma soprattutto prima di portare in Consiglio Comunale altri programmi di pianificazione e di recupero..

Ma veniamo al Complesso Giammaria, oggetto di un pesante intervento di cementificazione.

Ciò che oggi rimane del complesso si configura quale testimonianza dell’evoluzione della società pescarese che nei primi del 900 passa da un’economia di puro sostentamento, legata alle attività rurali, alla macchina della produzione industriale.

I tre edifici: la casa rurale, la filanda e il castello rappresentano le tappe del percorso compiuto dalla comunità dell’allora Castellammare dal sistema latifondista di fine 800 alla piccola imprenditoria privata fino alla creazione della provincia pescarese nel 1927.

Il nucleo originario del complesso è costituito dalla casa rurale che i Giammaria, famiglia di possidenti terrieri originari della provincia di Chieti, acquisiscono tramite un’asta bandita dal tribunale di Chieti verso la fine dell’Ottocento.

Testimonianze da precisare con mirate ricerche documentarie identificano la casa quale casino di caccia borbonico divenuto poi proprietà di una famiglia nobiliare residente a Penne.

La struttura originaria dell’edificio presentava due livelli: il piano terra coperto con volte a crociera e il “piano nobile” al quale si accedeva tramite un doppio scalone esterno a tenaglia coperto da volte a padiglione secondo alcuni testimoni decorate con affreschi a soggetto religioso.

L’aspetto attuale è dovuto ad alcuni interventi effettuati probabilmente intorno al 1930 che hanno determinato l’abbattimento dello scalone esterno e l’aggiunta di alcuni vani coperti da terrazzo. Il passaggio dei Giammaria da proprietari terrieri a imprenditori è sancito dall’inaugurazione della filanda del 1900.

L’edificio costruito in prossimità della casa si presenta come un corpo unico in mattoni facciavista diviso all’interno in due livelli; il piano superiore fungeva da magazzino.

La fabbrica era dotata di ampie vasche per il trattamento delle fibre vegetali andate distrutte a seguito della costruzione del parcheggio dell’Ospedale Civile.

L’edificio ricalca la conformazione tipica di molti complessi industriali della seconda metà dell’800, alcuni rinomati come le filande di Sarno; struttura portante in mattoni, solai in orditura lignea sorretti da stili che fungono da pilastri e copertura a capriate.

Il complesso viene completato nel 1927 con la costruzione del castelletto atta a sottolineare l’importanza raggiunta dalla famiglia a livello economico e politico nell’ambito della nuova provincia pescarese.

Prosegue la dispersione dell’identità della città. Anche la modifica di Corso Vittorio Emanuele, il cambiamento di Piazza Italia e Via del Concilio rappresentano delle distorsioni rispetto ad interventi concepiti negli anni ’30.

Prosegue la trasformazione di Pescara in una  città sempre più meticcia.

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