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Andare in bici con la pioggia, Pescarabici: "Un calvario in città"

PescaraBici ha pubblicato alcune riflessioni riguardanti l'utilizzo della bicicletta in caso di pioggia nella nostra città

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di IlPescara

Che la bicicletta non vada d’accordo con la pioggia è una cosa risaputa. Se piove o minaccia, si preferisce di solito prendere un mezzo di trasporto che ripari dall’acqua. Credo che questa cosa valga anche per i più assidui utilizzatori del mezzo a due ruote, a partire dal sottoscritto. Ma devo dire che da quando, non molto tempo per la verità, ho la mantellina da ciclista, la mia frequentazione della bicicletta si è estesa anche alle situazioni meteorologicamente meno favorevoli. E quindi anche qualche giorno fa quando, a dispetto di tutte le previsioni che davano sole pieno, ha piovuto, eccome se ha piovuto. Ed io ero in bici. Con la mantellina.

E com’è la città per un ciclista quando piove? Se Pescara è già una pena per gli automobilisti, come pensate che sia per un “viaggiatore leggero”, esposto com’è alle intemperie?
Be, armati di una seria mantellina, alla fine non è così male; anche se con qualche fastidio, sopratutto se la pioggia è un po’ forte, si riesce ad arrivare asciutti. I problemi sono altri. Eccome alcuni.

Avere la mantellina limita la visibilità per cui difficilmente si riesce a “dialogare” con gli altri utenti della strada, in particolare quelli motorizzati: i tempi per avvisare delle proprie mosse o per capire o intuire quelle degli altri si dilatano enormemente, con grande rischio per il soggetto più debole. Ciò accade soprattutto perché auto e bici, così diversi e distanti nelle prestazioni, si spostano sugli e negli stessi spazi stradali. Se questa situazione di “dialogo” rappresenta una evidente criticità in condizioni “normali”, con la pioggia aumenta con una progressione geometrica!

Altro grande problema è il fondo stradale: con l’acqua le buche, tante, scompaiono alla vista, ma si sentono eccome se intercettate dalle due ruote, come allo stesso modo si fanno sentire i pantani negli avvallamenti, di cui si percepisce la profondità solo dopo esserci passati mentre ci si chiede: “Cosa ci sarà sotto? Ce la farò ad arrivare di là?”

Ma a tali preoccupazioni se ne aggiungono almeno altre due, che mi sono sovvenute proprio l’altro giorno, in bici sotto la pioggia:
- difendersi dalle ondate di acqua sollevate dalla automobili, da quelle di media altezza che ti investono e ti bagnano fino alle gambe, fino a quelle più alte, da surf, che ti inondano! In più di una occasione mi sono spostato nel centro della mia corsia per non farmi sorpassare;
- il pensiero più raccapricciante mi è venuto quando, nell’attraversare una pozzanghera di una certa consistenza, ho nettamente percepito il caratteristico odore dei liquami di fogna, scaturiti evidentemente dalla tracimazione di qualche tombino. Oltre a quanto già elencato in termini di rischio diffuso di incolumità fisica, ho avuto la sensazione di dovermi difendere anche dalla contaminazione biologica da “coliformi fecali” che per via degli schizzi, della mia bici e degli altri mezzi, mi si spiaccicavano sui pantaloni e sulle scarpe!

Sappiamo da dove vengono i coliformi fecali e conosciamo le condizioni di disagio che i ciclisti affrontano quotidianamente nel contesto urbano. Insomma, che piova o no, chi in città si sposta sulle due ruote rischia sempre di navigare in cattive acque.

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