'Pirandello… due atti unici' al Piccolo Teatro Guascone
La Compagnia dei Guasconi presenta 'Pirandello… due atti unici' in scena al Piccolo Teatro Guascone. “L’uomo dal fiore in bocca” e “La patente” di Luigi Pirandello cos’hanno in comune? Apparentemente nulla se non l’Autore. Ma guardando bene, forse, un minimo comune denominatore c’è ed è la morte come finale ineluttabile per entrambi i protagonisti.
Da una parte un uomo malato destinato a morire…”quando si sa che è solo questione di giorni”, dall’altra un uomo ucciso dalle superstizioni, dai pregiudizi, dalle debolezze dei suoi simili…”io sono stato assassinato signor giudice…”.
Una morte fisica da un lato, una morte civile dall’altra. Ma non è questo che ci interessa, non è il destino, l’approdo finale, di entrambi che ci riguarda, bensì il diverso modo dei due protagonisti di affrontare il fato a loro avverso.
Una tragedia, la prima, dove L’uomo dal fiore pare non potersi ribellare (o forse non vuole) contro alcuno, se non pretestuosamente contro la moglie, che come il pescespada dei racconti popolari siciliani con un guizzo portentoso vorrebbe seguire il compagno nel suo destino di morte dentro la rete. L’uomo dal fiore sembra accettare la sua fine, sembra non tentare in alcun modo di opporvisi. C’è una sorte che è oltre di noi, sopra di noi, e quando giunge il momento del suo compimento, non rimane altro che gustarsi gli ultimi scampoli di una vita sempre troppo distrattamente vissuta.
Quando i commensali si alzano dalla tavola, rimangono solo le briciole di quello straordinario pasto che è la vita. Briciole che non sazieranno il dolore di un distacco, ma saranno solo, nell’intenzione dell’Uomo dal fiore, l’ennesima riprova che la vita non potrà mai gustarsi appieno…”…perché la vita, nell’atto stesso in cui la viviamo, è sempre cosi ingorda di se stessa che non si lascia assaporare…” Vivere la vita attraverso l’immaginazione, ma non per farne incetta, come uno scalatore farebbe con l’ossigeno in cima a una vetta…”ma per giudicarla sciocca e vana la vita, cosicché non debba importare veramente a nessuno di finirla”.
Dall’altra parte c’è un uomo: Rosario Chiarchiaro che…”non potendo prendersela con nessuno, se l’è presa con i primi due che gli sono capitati a tiro…”. Ad una morte del corpo si contrappone una morte civile, un omicidio compiuto con le armi del pregiudizio e della superstizione. Rosario Chiarchiaro, ad un futuro segnato dal marchio infamante della iettatura, però, si ribella, e lo fa… pirandelliamente, si potrebbe tranquillamente dire. Correndo incontro al suo destino, al caso, che ha fatto di lui un uomo da sfuggire, da allontanare dai luoghi della comunità, da temere perfino. I miei simili mi vogliono iettatore ? Va bene a condizione però che questa mia “dote” sia sancita ufficialmente. Il pregiudizio, che ha distrutto la vita di Chiarchiaro, diventa una lama affilata da affondare nella carne molle dell’ignoranza dei suoi concittadini gretti e retrogradi che l’hanno relegato ai margini della comunità.
Chiarchiaro si ribella ed apparentemente lo fa con gioia, con scherno, ma sotto quella maschera, segnata da un paio di occhialini neri, si cela l’uomo che soffre la cattiveria umana, di quella più spietata, perché per nulla consapevole del male che fa. Chiarchiaro gioca a fare il menagramo, mentre Rosario sotto quei vestiti ribolle e soffre e nulla può l’intervento del giudice D’Andrea, paladino della giustizia si, ma della giustizia degli uomini, in fondo la stessa che ha condannato il pover’uomo. Rosario non crede alla iettatura ma Chiarchiaro deve crederci e deve alimentare questa credenza popolare perché… ”ho accumulato tanto odio e tanta bile io, contro tutta questa schifosa umanità”.
Non è un eroe positivo Chiarchiaro, che combatte contro il pregiudizio imperante, anzi fa il gioco del suo nemico, lo alimenta, nutre la credenza nella iettatura, perché questo è l’unico modo che ha per sopravvivere e se anche la gente dovesse rimanere ignorante e dovesse continuare a fare “morti”, questo a lui non interessa, perché ora è un animale ferito che urla il suo dolore e tenta solo di salvare se stesso, disperatamente.
In scena ci saranno Pierluigi Amadio, Tony Pesce, Luigi Ciavarelli, Raffaella Cardelli, Maurizio Sborgia e Orazio Di Vito, che cura anche la regia.
Prenotazioni consigliate tramite mail a compagniadeiguasconi@gmail.com, oppure sull'apposita Facebook, o anche via sms al numero 338-3806691.