Flaiano Film Festival: le pellicole in proiezione il 30 giugno
Ultima giornata all'Arca di Spoltore per il 43° Flaiano Film Festival. Giovedì 30 giugno in Sala 5 alle ore 18.30 sarà la volta di "La comune" di Thomas Vinterberg: Copenaghen 1975. Erik ed Anna, architetto e insegnante lui e conduttrice di TG lei, hanno una figlia adolescente e si trovano ad ereditare una casa molto grande. Anna ha un'idea e spinge il marito ad accettarla: invitare alcuni amici a vivere con loro dando origine a una comune. Ben presto il gruppo si forma e si dà delle regole non sempre rispettate da tutti ma fra riunioni, pranzi e feste di Natale le cose sembrano funzionare. Fino a quando una nuova persona entra nella vita di Erik mutandone le prospettive. Steffen, Allon, Ole, Mona e Ditte insieme ai due protagonisti principali danno tutti la sensazione non di personaggi di una sceneggiatura, ma di persone con i loro slanci, le loro ritrosie e anche i piccoli o grandi egoismi. A loro si aggiungono l'adolescente Freja e un bambino che usa come elemento di attrazione l'aver sentito dai medici che non supererà i nove anni d'età. Quando però Erik si innamora di Emma, una sua studentessa, tutto cambia. Perché un conto, ci ricorda Vintenberg, è teorizzare e un conto è affrontare una nuova presenza che muta gli equilibri. Della coppia e quindi della apparentemente superata 'famiglia' formata da Anna, Erik e Freja e, di conseguenza, dell'intera comunità.
Alle ore 20.45 “Lo chiamavano Jeeg Robot” di Gabriele Mainetti con Claudio Santamaria e Luca Marinelli: Enzo Ceccotti non è nessuno, vive a Tor Bella Monaca e sbarca il lunario con piccoli furti sperando di non essere preso. Un giorno, proprio mentre scappa dalla polizia, si tuffa nel Tevere per nascondersi e cade per errore in un barile di materiale radioattivo. Ne uscirà completamente ricoperto di non si sa cosa, barcollante e mezzo morto. In compenso il giorno dopo però si risveglia dotato di forza e resistenza sovraumane. Mentre Enzo scopre cosa gli è successo e cerca di usare i poteri per fare soldi, a Roma c'è una vera lotta per il comando, alcuni clan provenienti da fuori stanno terrorizzando la città con attentati bombaroli e un piccolo pesce intenzionato a farsi strada minaccia la vicina di casa di Enzo, figlia di un suo amico morto da poco. La ragazza ora si è aggrappata a lui ed è così fissata con la serie animata Jeeg Robot da pensare che esista davvero. Tutto sta per esplodere, tutti hanno bisogno di un eroe.
Quello tentato da Gabriele Mainetti è un superhero movie classico, con la struttura, le finalità e l'impianto dei più fulgidi esempi indipendenti statunitensi. Pensato come una "origin story" da fumetto americano degli anni '60, girato come un film d'azione moderno e contaminato da moltissima ironia che non intacca mai la serietà con cui il genere è preso di petto, Lo chiamavano Jeeg Robot si muove tra Tor Bella Monaca e lo stadio Olimpico, felice di riuscire a tradurre in italiano la mitologia dell'uomo qualunque che riceve i poteri in seguito a un incidente e che, attraverso un percorso di colpa e redenzione, matura la consapevolezza di un obbligo morale. Il risultato è riuscito oltre ogni più rosea aspettativa, somiglia a tutto ma non è uguale a niente, si fa bello con un cast in gran forma scelto con la cura che merita ma ha anche la forza di farlo lavorare per il film e non per se stesso.
Alle ore 22,45 "Macbeth" di Justin Kurzel con Michael Fassbender e Marion Cotillard: Macbeth, valoroso condottiero, cede alla propria sete di potere per seguire la profezia che lo ha indicato come il futuro re di Scozia, fomentato dalla moglie la cui ambizione è assai più intensa e frustrata della propria. L'ascesa al trono di Macbeth prevede l'eliminazione fisica del reggente in carica, e sarà seguita da una serie di delitti sempre più efferati, poichè l'uomo, divorato da dubbi e paure, vede ostacoli in chiunque. E Lady Macbeth si renderà conto di aver creato un mostro che non può più controllare. Michael Fassbender comunica con la sola forza dello sguardo le mille sfumature della metamorfosi del protagonista: da eroico combattente ad arrampicatore assetato di potere a tiranno senza umanità, passando per quel bambino fragile che la moglie riesce a manipolare con facilità. E Marion Cotillard è una Lady Macbeth dal viso angelico e l'animo corrotto la cui maternità frustrata si trasforma in brama di potere, e che fa leva proprio su quell'impulso materno (e sulla sua sensualità) per manovrare il coniuge come un pupazzo.
In Sala 4 si inizia alle ore 19 con “The Lesson – Scuola di Vita” di Kristina Grozeva e Petar Valchanov: Nadyezdhna insegna inglese in una scuola della provincia bulgara, ma più delle regole grammaticali le preme insegnare quelle della convivenza onesta e non lasciare impunito il caso di un furtarello avvenuto tra i banchi della sua classe. Mentre s'ingegna per offrire più di una chance al colpevole di redimersi, scopre che il marito non ha pagato il debito contratto con la banca e che le rimangono soltanto tre giorni di tempo per evitare che la casa, dove vive con l'uomo e con la figlia, finisca all'asta. Inizia per Nade una via crucis in cui i problemi si sommano agli abusi di potere, alla sfortuna e alle scelte sbagliate, in un crescendo che non pare avere fine. Ed è proprio questa lezione, che la protagonista vorrebbe dare al piccolo ladro e che il destino recapita invece a lei stessa, nel più beffardo e inevitabile dei modi, che copre il tempo del film e tiene in sospeso fino a pochi minuti dal termine, in attesa della glossa morale che dovrebbe mettere fine alla parabola di Nade, riattribuire magicamente il giusto ai giusti e la pena ai disonesti, ma così non è, perché la vita è più ironica e complessa di una storiella morale e il cinema, questo in special modo, assomiglia più che mai alla vita vera.
Alle ore 21,30 “Onda su Onda” di Rocco Papaleo: Gegè è un cantante confidenziale che non è mai stato "messo davanti", cioè non è mai riuscito a brillare sotto la luce dei riflettori. Ruggero è un cuoco che non vuole scendere dalla nave su cui viaggia ininterrottamente da quattro anni (ma è anche "uno psicologo e un rompicoglioni"). I due si incontrano sulla nave che li porta a Montevideo, dove Gegè dovrà tenere il megaconcerto che rimpinguerà le sue finanze e, forse, darà una svolta alla sua vita, e Ruggero dovrà prendere le ferie obbligatorie mai consumate. Ovviamente i due al primo incontro si detestano, ma quell'odio è destinato a trasformarsi in complicità, dato che in fondo sono entrambi artisti incompresi in cerca di una via d'uscita dalla propria solitudine esistenziale. Papaleo nei panni di Gegé tira fuori quella corda surreale e straniante che è la sua vena originale, e Alessandro Gassman nel ruolo di Ruggero lavora di fino su un personaggio tutto d'un pezzo e rigidamente malinconico che fa pensare alle interpretazioni dell'età matura di suo padre Vittorio. Intorno c'è un Sudamerica nostalgico e fortemente caratterizzato dalla presenza italiana, ben raccontato per immagini dalla direttrice della fotografia Maura Morales.