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Sabato, 20 Aprile 2024
Economia

Abruzzo regione più ritardataria nel pagare i debiti contratti con le imprese: liquidazioni a 62 giorni

E' quanto emerge dallo studio della Cgia di Mestre che fotografa una situazione imbarazzante della pubblica amministrazione: secondo le stime lo Stato deve ai fornitori 55,6 miliardi di euro

L'amministrazione regionale abruzzese è la più lenta a saldare i pagamenti alle imprese con liquidazioni che arrivano 62 giorni in ritardo. Dietro di lei la Basilicata con 39.57 giorni medi di ritardo e a seguire la Campania con “soli” 9, 74 giorni. Regione quest'ultima dove, a livello comunale, a portare la bandiera del ritardo è Napoli dove l'anno scorso i ritardi hanno raggiunto i 228,15 giorni. Questi alcuni dei numeri delle stime dell'ufficio studio della Cgia (Confederazione generale italiana dell'artigianato) di Mestre che, a livello nazionale, fornisce un dato eloquente: i debiti commerciali della pubblica amministrazione superano ammontano a 55,6 miliardi di euro. Questo vuol dire che i fornitori dello stesso e delle sue articolazioni periferiche non pagano i fornitori e quando lo fanno, lo fanno con colpevole ritardo, sottolinea lo studio.

“In Italia le commesse della nostra pubblica amministrazione ai privati ammontano complessivamente a circa 150 miliardi di euro all’anno e il numero delle imprese fornitrici si aggira attorno a un milione – spiega la confederazione -. Per quanto concerne l’Indicatore di 'tempestività dei pagamenti', l’ufficio studi della Cgia ha redatto una scheda dove ha elencato, per alcune delle più importanti amministrazioni pubbliche italiane, gli enti che nel 2021 hanno pagato i propri fornitori non rispettando le disposizioni di legge in materia di tempi di pagamento. Tra i ministeri, quello meno reattivo a saldare le fatture ricevute è stato l’Interno con un Itp pari a +67,09; ciò vuol dire che il Viminale liquida i propri fornitori con oltre 2 mesi di ritardo rispetto alla scadenza prevista dal contratto. Seguono le Politiche agricole con +42,28 e la Difesa con +32,75”.

Una situazione che grava pesantemente sulle piccole e medie imprese (pmi) già alle prese con gli effetti del covid e i rincari dell'energia. Per la confederazione, questo l'appello al nuovo governo quando sarà formato, “va prevista per legge la compensazione secca, diretta e universale tra i crediti certi liquidi ed esigibili maturati da una impresa nei confronti della pubblica amministrazione e i debiti fiscali e contributivi che la stessa deve onorare all’erario. Grazie a questo automatismo risolveremmo un problema che ci trasciniamo appresso da decenni. Senza liquidità a disposizione, infatti – sottolinea la Cgia -, tanti artigiani e altrettanti piccoli imprenditori si trovano in grave difficoltà e in un momento così delicato per l’economia del Paese è inaccettabile che i debiti della pubblica amministrazione nei confronti degli imprenditori siano in costante crescita dal 2017”.


Uno score negativo che si registra tra l'altro solo in Italia e non negli altri 27 Paesi dell'Unione.

“È corretto segnalare, - aggiunge la confederazione -, che negli ultimi anni i ritardi di pagamento, misurati con l'Itp, sono mediamente in calo, anche se secondo la corte dei conti si starebbe consolidando una tendenza che vede le amministrazioni pubbliche privilegiare il pagamento in tempi brevi delle fatture di importo maggiore e ritardare intenzionalmente la liquidazione di quelle di importo meno elevato. Una modalità operativa che, ovviamente, penalizza le piccole imprese che, generalmente, lavorano in appalti o forniture di importi nettamente inferiori a quelli 'riservati' alle attività produttive di dimensione superiore”.

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