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L'allarme del Consorzio Qualità Abruzzo dopo il nuovo Dpcm: "Così ci annientano, devono permetterci di lavorare altrimenti sarà la fine"

Questo il grido d'allarme lanciato dal Consorzio Qualità Abruzzo dopo il nuovo Dpcm che «spazza via anche l’ultima speranza dei ristoratori abruzzesi nei piccoli centri»

«Così ci annientano, devono permetterci di lavorare altrimenti sarà la fine».
Questo il grido d'allarme lanciato dal Consorzio Qualità Abruzzo dopo il nuovo Dpcm che «spazza via anche l’ultima speranza dei ristoratori abruzzesi nei piccoli centri».

Il Consorzio, che a oggi conta più di 70 associati in tutta la regione tra ristoratori, pasticcieri e produttori, ha interrotto il silenzio per esprimere il suo malcontento per le drastiche decisioni prese dal governo che infliggono all’intero settore della ristorazione italiana un ennesimo duro colpo.

Il nuovo Dpcm che dopo aver scongiurato la chiusura delle attività nei giorni di festa, porta con sé la notizia per tutti i ristoratori che potranno restare aperti (sempre fino alle ore 18 in zona gialla) ma solo per i propri concittadini, dato il divieto di uscire dal proprio comune di residenza per i giorni di Natale, Santo Stefano e Capodanno. «Una decisione che nelle grandi città potrebbe non rappresentare un problema profondo ma per i ristoranti ubicati nei piccoli centri, com’è il caso di tanti in Abruzzo, il nuovo Dpcm si rivela una beffa che i consorziati di Qualità Abruzzo non possono accettare», si legge in una nota.

Questo quanto dice Marcello Spadone, patron del ristorante "La bandiera" di Civitella Casanova, che conta poco più di 1.700 abitanti: «Non riesco a mandare giù questo Dpcm, c’è l’ho sullo stomaco, è pesante. Il comune di Napoli conta più di 1 milione di abitanti, quello di Milano conta 1,396 milioni di abitanti, quello di Roma addirittura conta 2,837 milioni di abitanti e ne potrei citare tanti altri. La provincia di Pescara conta solo 318 mila abitanti. Il comune di Civitella Casanova conta 1.702 abitanti e l’80% ha più di 70 anni. Qualche anno fa, com’è giusto che fu, ebbi un controllo dall’Agenzia delle Entrate, in quanto, secondo loro, c’era qualcosa di anomalo nella cantina, sembrava impossibile che in un piccolo ristorante di un piccolo paese pedemontano, raggiungibile dalla città più vicina con almeno 40 minuti di automobile, con pochissimi o quasi inesistenti collegamenti pubblici, con una viabilità da Camel Trophy avesse una cantina così fornita. Dopo lunghi controlli capirono che la nostra proposta non solo era rivolta alla clientela locale, ma soprattutto a una clientela di più ampio raggio, all’Italia intera. Ora mi chiedo, non per fare polemiche politiche ma per cercare di fare pace con il mio cervello e dare una spiegazione soprattutto ai miei collaboratori, che poverini si sentono figli di un Dio minore, rispetto ad altre categorie di lavoratori. Perché questo accanimento con i ristoranti dei piccoli centri? Perché chiudere nelle festività che per noi rappresentano i giorni di maggior lavoro, tutti i comuni senza tener conto del numero degli abitanti? Se c’è qualche persona sapiente e cortese, che riesca a farmi capire come sono arrivati a questo DPCM (secondo me scellerato e senza senso), gliene sarei davvero grato, molto grato».

«Non c’è alcun dubbio su quanto espresso da Marcello Spadone», afferma il presidente di Qualità Abruzzo, Sandro Ferretti, «proprio per questo come Consorzio coeso e unito, tutti insieme, cuochi, pasticceri, gelatieri e produttori dobbiamo stringerci e darci manforte l’un l’altro. Non possiamo più restarcene qui in silenzio, dobbiamo far sentire la nostra voce, dare dimostrazione che la nostra non è una categoria minore, anzi, siamo il motore della nostra nazione, ricca di tesori naturali, artistici, storici ed enogastronomici. Senza il turismo, tenendo l’interno comparto enogastronomico così fermo, stiamo colando a picco tutti e non possiamo permettercelo per il nostro futuro, per la nostra regione e per la nazione intera. Rivolgeremo subito il nostro appello alla Regione Abruzzo e poi a Conte, chiederemo la revisione dei codici Ateco se necessario perché non abbiamo più la possibilità di non lavorare. Durante il primo lockdown chi ha potuto ha anticipato con i propri fondi la cassaintegrazione ai dipendenti, ma adesso non ce la facciamo più. Continuando così perderemo attività storiche, aziende, ristoranti stellati e piccole trattorie che con anni di profondo sacrificio hanno fatto dell’Italia il paese più bello al mondo».

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