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Attività chiuse con la nuova zona rossa, Fipe-Confcommercio: "Cronaca di una morte annunciata"

A dirlo, senza tanti giri di parole, sono Riccardo Padovano (presidente Confcommercio Pescara) e Carlo Miccoli (presidente Fipe Pescara e titolare del bar Excelsior)

La nuova chiusura obbligata degli esercizi commerciali, decisa con l'istituzione della zona rossa in tutto il territorio nazionale dal decreto legge "Natale" è «la cronaca di «una morte annunciata per i pubblici esercizi».
A dirlo, senza tanti giri di parole, sono Riccardo Padovano (presidente Confcommercio Pescara) e Carlo Miccoli (presidente Fipe Pescara e titolare del bar Excelsior). 

«Per mascherare il suo fallimento nel contenimento del Covid-19», dicono Padovano e Miccoli, «il governo ancora una volta decide di scaricare l’onere della riduzione del contagio sui pubblici esercizi, sottoposti da ottobre a uno stillicidio di provvedimenti. Che si tratti di zone rosse o arancioni per noi significa una cosa soltanto: bar e ristoranti resteranno chiusi dal 23 dicembre al 6 gennaio».

I due esponenti delle associazioni di categoria sottolineano anche che «stiamo parlando di un periodo che da solo vale circa il 20 per cento del fatturato di un intero anno. In sostanza il governo, con questa decisione, se confermata, si assume la responsabilità di decretare la morte di un settore fondamentale per i valori economici e sociali che esprime. I pubblici esercizi non sono solo numeri; sono i volti e le mani dei gesti quotidiani, una componente simbolica e materiale della vita quotidiana degli italiani, dei loro ricordi e della via trascorsa insieme. E vorrebbero continuare a lavorare: lavorare non per mettere a rischio il Paese, ma per mettere in sicurezza un patrimonio imprenditoriale e sociale che contribuisce al futuro di tutti. Se fossero confermate le notizie di ulteriori limitazioni sarebbe la “cronaca di una morte annunciata” perché senza adeguati e immediati ristori per tante, troppe aziende del settore sarà impresa impossibile reggere ai nuovi ingenti danni che le limitazioni determineranno. Rimangono nondimeno due sensazioni poco gradevoli. La prima, più generale, è quella di un Paese stanco, stanco di reagire, persino di capire che, spossato da incertezze e instabilità, sta perdendo il senso e la rotta. La seconda, che riguarda i Pubblici Esercizi, che è la perdurante impressione di uno spiacevole pregiudizio che lo accompagna, con la fastidiosa distinzione tra attività economiche essenziali e non essenziali che finisce per oscurare la realtà».

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