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Economia

Autonomia differenziata, il confronto tra sindacati, associazioni datoriali e politica: il tema divide

All'Auditorium Petruzzi il dibattito sulla proposta di legge del ministro Calderoli divide: c'è chi la vede come una grande opportunità e chi invece come un insieme di criticità che tra l'altro non apre al credito

Posizioni differenti, ma un confronto aperto quello sull'autonomia differenziata tenutosi all'Audirorium Petruzzi del museo delle Genti d'Abruzzo e organizzato dalle sigle datoriali e sindacali abruzzesi Agci, Casartigiani, Cia, Claai, Cna, Confapi, Confartigianato, Confcooperative, Confesercenti, Confindustria, Legacoop, Cgil, Cisl, Uil, Ugl.

Il coordinatore delle parti sociali Daniele Di Marzio ha sottolineato “l’importanza dell’iniziativa collettiva, in merito ad una proposte di grande attualità, che va esaminata con la massima attenzione” con la consigliera regionale Antonietta La Porta voce della Regione e presente per conto del presidente della Regione Marco Marsilio che ha invece affermato con convinzione che la proposta del governo e nello specifico del ministro agli affari regionali Roberto Calderoli, “ha imboccato la strada giusta. La Regione finora non ha mai richiesto ufficialmente l’autonomia differenziata, come invece hanno fatto altre realtà e abbiamo osservato che non sono solo le regioni del nord come Lombardia e Veneto a spingere verso questa direzione, ma anche altre regioni del centro e del sud come Marche e Campania. Tutto può essere discusso e migliorato – ha precisato – e tavoli come questo sono necessari per capire quale sia la migliore strada da percorrere per la Regione Abruzzo”.

Ad entrare nel merito della questione è stato Gianfranco Viesti, docente di economia dell’università di Bari, evidenziando quelli che considera i tre rischi principali derivanti dall’autonomia differenziata. “Il primo è quello di passare il potere decisionale delle politiche pubbliche alle Regioni, in maniera differenziata, in materie quali scuola, sanità, energia, ambiente, infrastrutture e cultura, lasciando quindi pochissimo spazio allo Stato; poi c’è l’aspetto economico, perché alle regioni del sud arriverebbero risorse di gran lunga minori rispetto a quelle che riceverebbero, ad esempio, Lombardia e Veneto. Infine – ha detto ancora - il ruolo dei cittadini diventerebbe marginale, poiché il processo decisionale si trasformerebbe in un patto tra Governo e regioni, che relegherebbe ad un ruolo marginale il parlamento”.

A replicare è stato il vicesegretario regionale della Lega in Abruzzo Antonio Zennaro, che ha parlato invece di “opportunità per lo sviluppo dei territori” e ha rimarcato che “non ci sarà alcuna sperequazione nell’assegnazione delle risorse”. Zennaro ha poi citato il caso dei piccoli ospedali abruzzesi, “come quelli di Atri, Sant’Omero e Penne, che lo Stato voleva chiudere perché non efficienti, mentre con l’autonomia differenziata le decisioni saranno assunte nel territorio tenendo conto delle peculiarità e della morfologia di ogni singola realtà”. “Questa riforma non sarà una diminutio di diritti ma al contrario andrà a colmare lacune che ereditiamo dal passato, ad esempio sul tema del rapporto tra Stato, Regioni, provincie e comuni che in questo modo potranno essere maggiormente coinvolti. Inoltre – ha concluso - saranno definiti e garantiti i livelli essenziali delle prestazioni favorendo una vera uniformità dei diritti dei cittadini così diminuendo lo storico divario tra regioni”.

Voce contro quella del senatore del Partito democratico Michele Fina che ha parlato di “rischio di una secessione fiscale, che risulta ancor più odiosa e inaccettabile in una fase in cui le disparità continuano ad aumentare, e dunque sarebbero necessari interventi di segno opposto che mirino a ridurle. Con l’autonomia differenziata invece – ha sottolineato Fina – le disuguaglianze aumenteranno ulteriormente, per il sud del Paese e per tutti quelli che fanno fatica a farcela da soli”. “E' un progetto sbagliato – ha aggiunto -. Ci batteremo perché non vada in porto e lo faremo anche con il Presidente Marsilio che tace per ragioni politiche anteponendo, e non è una novità, gli interessi del suo partito a quelli della Regione che amministra. È molto grave”. Il senatore ha messo inoltre in rilievo “che siamo nel pieno di una competizione globale che ci impone di unire e non di dividere, visto che su temi come l’energia è semplicemente impensabile ragionare in termini di Graziano Di Costanzo, intervenuto al dibattito a nome del coordinamento delle sigle datoriali e sindacali, si è chiesto “come possano le imprese, soprattutto quelle di dimensioni più piccole, avere a che fare con 20 diverse legislazioni regionali”. Un quesito in virtù del quale si è detto “per nulla convinto da questa ipotesi di autonomia differenziata, che rischia di produrre una spaccatura irreversibile tra nord e sud del Paese, accentuando disparità già esistenti”. Secondo il direttore di Cna, “discutere in una dimensione locale di infrastrutture, energia, politiche internazionali e istruzione equivale ad una perdita di competitività del sistema Paese, perché su queste materie dovrebbe essere sempre lo Stato a decidere. Mentre in Italia si vuole dare vita ad uno spezzatino tra regioni – ha osservato Di Costanzo - nel resto d’Europa si dibatte sull’allungamento delle grandi reti europee”.

Anche Michele Lombardo, in rappresentanza delle associazioni datoriali e dei sindacati, ha espresso diverse perplessità. “Prima di giungere ad un’autonomia differenziata tra regioni, così come pensata dal governo, occorre eguagliare le condizioni di partenza dei servizi, delle infrastrutture mobili e immobili, delle possibilità di accesso al mondo dell'istruzione e del lavoro tra le regioni del Nord e quelle del sud del Paese – ha argomentato il segretario della Uil– ci chiediamo, inoltre, in che modo il progetto di riforma possa essere finanziato, visto che lo Stato non ha risorse fresche da stanziare e ci auguriamo che l’idea non sia quella di dirottare altri fondi, particolarmente preziosi soprattutto per le regioni a ritardo di sviluppo, come ad esempio il fondo di sviluppo e coesione”. Lombardo ha quindi bocciato la proposta di riforma, ricordando che “non è costituzionalmente possibile pensare che all’interno dei nostri confini ci possano essere cittadini di serie A di serie B, semplicemente in virtù del luogo in cui si nasce o si risiede”.

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