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Padovano (Sib) risolleva il polverone sulla Bolkestein: "Rischiamo l'esproprio dalle multinazionali e le infiltrazioni mafiose

Il presidente della sezione abruzzese del Sindacato balneari chiede interventi immediati per fermare la direttiva che potrebbe diventare realtà a fine dicembre 2023 nonostante la proroga di un anno e risponde anche all'imprenditore Briatore: "Paghiamo il canone di concessione in proporzione al guadagno"

Tra poco più di nove mesi la direttiva Bolkestein potrebbe diventare realtà e mandare all'asta le concessioni balneari nonostante vi sia un rinvio al 2024.

A sostenerlo, tornando a infiammare il dibattito sul tema, è il presidente Confcommercio Pescara e Sib (Sindacato italiano balneari) Abruzzo Riccardo Padovano che torna a chiedere di scongiurare le gare perché queste, sostiene, non porteranno ad avere più spiagge libere come qualcuno sostiene, ma apriranno invece al mercato portando ad univasione delle multinazionali, ad avere prezzi più alti e a rischiare, aggiunge, di avere infiltrazioni mafiose sul territorio. Per lui quella che si attuerà rischia di diventare un vero e proprio esproprio ai danni degli imprenditori.

“Come noto – ricorda Padovano - la sentenza del consiglio di Stato ha stoppato la proroga senza gara delle concessioni perché si legge nel dispositivo 'si pone in frontale contrasto' con la direttiva europea Bolkestein e va dunque 'disapplicata da qualsiasi organo dello Stato'. In questo modo dopo lo stop del consiglio di Stato non potrà essere applicata la norma del milleproroghe che ha prolungato le concessioni fino al 31 dicembre 2024, rispetto alla scadenza del 31 dicembre di quest’anno. Le concessioni andranno così dunque in tempi stretti messe a gara”.

““Il copione è ben noto: in nome delle cosiddette liberalizzazioni e della concorrenza - incalza il presidente della Sib Abruzzo - si rischia di far fallire migliaia di piccole imprese familiari e si svende l’ennesimo pezzo di patrimonio pubblico alle multinazionali. È quello che accadrà con la controversa applicazione della direttiva Bolkestein dell’unione europea, che chiede all’Italia di riassegnare le attuali concessioni balneari tramite gare pubbliche. Il fatturato complessivo del settore è di 7 miliardi di euro e questo grazie al lavoro di imprese che da decenni hanno investito e speso per portare avanti le loro aziende. Gli attuali concessionari che finora hanno gestito le spiagge con eccellenza, facendosi carico di servizi pubblici come la pulizia e il salvamento e rispettando sempre la legge, devono avere il diritto di poter continuare la loro attività, riottenendo – sottolinea Padovano - le concessioni grazie al riconoscimento della loro professionalità, affidabilità ed esperienza. Se così non sarà per lui ci si troverà di fronte alla “morte di un intero sistema economico, e a rimetterci saranno tutti gli italiani”.

Per il presidente Sib le speranze sono riposte nel governo Meloni “che sembra avere capito come stanno davvero le cose, e pertanto occorre agire subito con una riforma che salvaguardi l’attuale sistema sfruttando le maglie lasciate ancora aperte dal diritto europeo per evitare accaparramenti e speculazioni sui litorali nostrani”.

“Le spiagge sono un bene pubblico, e questo non lo ha mai messo in dubbio nessuno, nemmeno i balneari – precisa -, ma le imprese che vi sorgono sopra sono proprietà private, sorte legittimamente in base alle norme dello Stato che hanno consentito l’apertura di migliaia di stabilimenti balneari. Se così non fosse a vincere le gare, infatti, saranno i gruppi con il maggiore potere d’acquisto, con il rischio di infiltrazioni malavitose in aree geografiche più esposte come la Calabria e la Sicilia”.

L'occasione per Padovano anche per replicare all'imprenditore Flavio Briatore “che afferma che a fronte di 10 milioni di fatturato un’impresa dovrebbe pagare 500mila euro, che come ha dimostrato un recente studio di Nomisma, gli stabilimenti balneari sono per il 97 per cento piccole imprese familiari con un fatturato medio di 260 mila euro all’anno. Perciò seguendo la proporzione di Briatore, dovrebbero avere un canone di circa 13mila euro che è esattamente quanto già paghiamo. Salviamo le imprese italiane – conclude -, ed evitiamo una grande svendita che avverrebbe con la complicità delle autorità europee, a quanto pare più impegnate a tutelare gli interessi dei poteri forti, che i diritti dei piccoli imprenditori”.

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