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Cultura Fontanelle

Fontanelle, il riscatto della coscienza popolare [FOTO]

Con l'urbanizzazione, che man mano ha portato alla sua trasformazione da zona di campagna a quartiere residenziale, si è però persa un po' dell'identità che caratterizzava questo posto almeno fino ai primi anni '90

Fontanelle è senza dubbio uno dei quartieri di Pescara che, urbanisticamente parlando, ha subìto negli ultimi anni la trasformazione più interessante. L'ingegner Fabrizio Ciancetta ci racconta un dettaglio che rimanda a ciò che abbiamo già detto sui Colli, ossia che le zone periferiche un tempo erano collegate al centro in maniera meno efficace rispetto a oggi. Ciò comportava pertanto che fosse più difficile recarsi in piazza Salotto, con il risultato che si preferiva fare vita di quartiere e creare luoghi di aggregazione direttamente vicino casa, a partire dalla chiesa di San Pietro Martire, vero e proprio punto di riferimento che risale addirittura al 1763. È soprattutto a don Erminio, e poi a don Antonio, che si deve il merito di aver avvicinato i ragazzi alla parrocchia, facendoli entrare nell'ambito delle attività di aggregazione che si tenevano lì ogni settimana.

"Fontanelle è fatta di tante storie, tutte uguali a quelle di un piccolo paese, perché questo quartiere è, anzi era, un piccolo paese", ci viene riferito. "40 anni fa non c’era molto, e ci si doveva arrangiare con quello che si trovava. Basti pensare che esisteva solo una linea degli autobus che collegava Fontanelle a Pescara. Detto così sembrava quasi che Fontanelle si trovasse in un’altra provincia o addirittura in un’altra regione, ma forse era proprio così: il tempo necessario ad arrivare in centro era di circa 30 minuti, se non c’era traffico. Per cui ci si doveva arrangiare con quel poco che si aveva nel quartiere per le necessità impellenti. In alternativa, la macchina era l’unico mezzo per spostarsi: non tutti l’avevano e non tutti guidavano".

Anche ai Colli, in effetti, si usava l'espressione "vado a Pescara" per indicare l'intenzione di recarsi in centro. Oggi Fontanelle è meno isolata, complice anche la presenza di uno svincolo della circonvallazione che sfocia in via Tirino. Ma in questa zona, una volta, cosa era possibile trovare? Innanzitutto c'erano i segni tangibili di una piccola comunità: "Il bar di Maria, dove si andava a prendere il gelato, il 'tabbacchino' per il sale o altre piccole cose, il mini-market per un etto di prosciutto o il forno per il pane", dice Ciancetta. "Ricordo anche il barbiere Massimo e la parrucchiera. Invece frutta e verdura, rigorosamente di stagione, non mancavano mai, o perché venivano coltivate nell'orto di casa o perchè anche i vicini e i parenti limitrofi potevano essere d'aiuto con i loro ortaggi". Insomma, c'era quel clima di solidarietà reciproca così presente negli ambienti rurali. Perché la storia di Fontanelle parte, orgogliosamente, da qui.

Chiesa di San Pietro Martire - Fontanelle

I luoghi di aggregazione

La società, una volta, viveva in modo molto semplice: "Noi ragazzi - ci viene spiegato - passavamo il tempo con gli altri amici “attrezzando” una partita a pallone in via Piccianese o facendoci “prestare” del terreno incolto da Andrea Pelagatti o Marco D’Urbano (pace all’anima sua!) per realizzare un vero e proprio campo di calcio. Altri passatempi erano un giro in bici fino alla chiesa di San Pietro Martire per poi scendere dall’altro versante della collina oppure spingersi fino a Sambuceto e usare il marciapiede per fare “bici-cross”. Sicuramente c’era molta tranquillità. Tutti si conoscevano e tutti sapevano di tutti. Non c’era bisogno di alcuno smartphone. Si sapeva che alle 15 si era tutti a casa e che si poteva telefonare agli amici per vedersi o per andare da qualche parte. Appena si usciva, si era monitorati h24, altro che Gps! Ci si sentiva in una piccola comunità dove ci si controllava a vicenda e dove ognuno metteva le proprie capacità per aiutare l’altro. Serviva di riparare il motorino? C’era Dell’Osa! Serviva di tagliare del legno o aggiustare una porta? C’erano Ciancetta o Carchesio! Non si era mai da soli. L’unica cosa complicata era recapitare la posta: tutte le generazioni che venivano si radicavano nel quartiere, quindi il postino trovava solo pochi cognomi e doveva passare le pene dell’inferno per recapitare la missiva, con persone dello stesso cognome (a volte anche con lo stesso nome) che abitavano tutte nel raggio di pochi metri".

Poi Fabrizio Ciancetta aggiunge: "La vita qui è sempre trascorsa tranquilla se non per qualche specchietto retrovisore, finestra o lampione rotto, ma durante un torneo di calcio era il minimo! Crescendo, il fulcro della vita sociale è diventata la parrocchia, dove ci si incontrava per ogni occasione. Sono stati organizzati diversi eventi da noi ex giovani, come ad esempio le “Olimpiadi di Fontanelle” dove, in squadre, ci si cimentava in ogni attività e in quell’occasione abbiamo avuto modo di conoscere le “sorelle Fornarina di Pescara”. Da non dimenticare le rappresentazioni teatrali scritte, dirette e interpretate da noi del quartiere. Anche una sagra è stata organizzata dai ragazzi della parrocchia e ha coinvolto tutto il vicinato. La parrocchia era una fonte inesauribile di idee, divertimenti e incontri. Ogni sabato sera ci si incontrava al piazzale per decidere dove passare la serata. Alcune volte si stava talmente bene in compagnia che alla fine non si raggiungeva nessuna meta, nessun pub o pizzeria, ma si era trascorsa comunque una serata insieme, in allegria". 

Anche in via Caduti per Servizio si prova a incrementare l'aggregazione: la strada cerca di non essere associata soltanto alle case popolari, e comunque sull'ampia parete di uno dei suoi palazzi campeggia da alcuni anni "Dream", cioè "Sogno", un grande murale realizzato da Millo, guru della street art a livello mondiale. Fa il suo anche la palestra polifunzionale 'Marco Giuliante'. E, a proposito di sport, non vanno infine dimenticati i due gloriosi bocciodromi di via Tirino, gestiti da Maria Di Nicola e Giovanni Pelagatti, che purtroppo sono stati chiusi: questi luoghi hanno rappresentato un importante punto di riferimento per tanti aspiranti sportivi, poi diventati campioni d'Italia della massima categoria. Basta pensare a Giuliano Di Nicola, campione italiano e mondiale, ma anche ai "veterani" Carlo Masciulli e Renato Ciancetta, che hanno partecipato a tanti campionati nazionali.

Giuliano Di Nicola

La perdita dell'identità fontanellese

Con l'urbanizzazione, che man mano ha portato alla trasformazione di Fontanelle da zona di campagna a quartiere residenziale, si è persa un po' dell'identità che caratterizzava questo posto almeno fino ai primi anni '90. Il perché ce lo spiega proprio l'ex campione di bocce Renato Ciancetta: "Questa, diciamocelo senza mezzi termini, era una periferia un po' abbandonata a se stessa, che si è sviluppata nel giro di pochi anni. Qui, quando io ero piccolo, era tutta campagna e non veniva mai nessuno: basti pensare che noi bambini ci meravigliavamo ogni volta che passava una macchina lungo la strada, rigorosamente sterrata. Il metano non c'era ancora, e per riscaldarci usavamo un bruciatore per il gas. Magari la zona si allagava quando pioveva, ma c'erano uliveti, alberi... per questo la periferia è buona. Salendo su per via Fontanelle, poi, trovavi la chiesa e due soli negozi, tra cui quello di alimentari di Emilio, all'incrocio: tutta Fontanelle andava a fare la spesa lì. Una volta, tra gli abitanti di questo quartiere, non c'erano i professionisti. O erano contadini o erano operai. Le case sono state tirate su da ciascun residente passo dopo passo: quando mio padre ha iniziato a costruire sul terreno di mio nonno, prima ha realizzato tre camere, poi man mano il lavoro è stato completato "attaccando" le stanze una dopo l'altra ogni volta che c'erano un po' di soldi".

E Italia Giuliano aggiunge: "Ogni fontanellese aveva la casa per conto suo con il giardino. Adesso, invece, non si trovano più i terreni per costruire. I cambiamenti urbanistici che hanno fatto negli ultimi anni sono, per me, un pugno in un occhio. A livello di servizi, poi, non c'è più una farmacia. Il forno e il fruttivendolo, invece, ci sono ancora, come anche una macelleria e un negozio che vende la pasta all'uovo. Non c'è un medico nei pressi. Le poste ci sono, la banca no. Non c'è neanche un supermercato: per il più vicino, che si trova a 900 metri, dobbiamo andare a San Donato. Hanno tolto le scuole medie; sono rimasti solo l'asilo e la scuola elementare".

A conferma che i "nuovi" residenti non abbiano questo stesso legame con Fontanelle, un libero professionista che oggi abita in via Tirino ci dice candidamente: "Sono poco adatto a parlare di questa zona perché qui non conosco nessuno, non faccio vita di quartiere". E una donna gli fa eco: "Abito da poco a Fontanelle ma non la frequento per niente, non saprei proprio cosa dire al riguardo. Frequento però il Palafiere, una struttura dove spesso vengono organizzate manifestazioni interessanti".

Il Palafiere in via Tirino

Un altro residente, di 46 anni, puntualizza: "Mi fa ancora male sentire storie non felici su Fontanelle... ma quella Fontanelle non è quella che ho vissuto io. Purtroppo le cose sono cambiate. Il quartiere si è svuotato delle persone che vivevano da generazioni nel quartiere. Ci sono molti extracomunitari che non vedo ben integrati. Ormai si vive molto da soli, all’interno delle proprie mura domestiche o dei propri recinti, e si è persa l’identità della piccola comunità. Chi è rimasto nel quartiere lo ha fatto solo per stare vicino ai propri cari, ma i figli hanno amici in altri quartieri e in altre zone: le nuove generazioni si stanno radicando altrove, lasciando il quartiere in balia di persone che non vivono ciò che noi abbiamo vissuto. Sarà forse il progresso, sarà forse l’inevitabile cambio generazionale, ma “quella casa in mezzo al verde ormai... dove sarà”, come cantava Celentano".

Meglio tornare, allora, a Renato Ciancetta, che ci racconta di sua madre, Concetta De Nicola, molto nota a Fontanelle: "Lei era una contadina e nella sua vita ha lavorato tanto  La mattina alle cinque andava al mercato di via dei Bastioni e vendeva finocchi, patate, carote, prezzemolo, pomodori. Portava anche le fragole, che erano buonissime. Un giorno ha avuto un incidente perché è stata urtata da un'auto mentre camminava ai lati di via Tirino, finendo in uno dei fossi di scolo che anni dopo sono stati coperti. Lei era molto legata alla terra. Una volta, d'altronde, la ricchezza si valutava in terreni e case. Mio padre, Ettore Ciancetta, lavorava invece alla Fonderia Camplone e, nel tempo libero, aiutava mia madre nei campi. Qui negli anni '60 c'era l'orto, si coltivavano i carciofi e il granturco, si allevavano galline, papere, pecore e conigli. A mio zio dovevo comprare tre sigarette, che costavano 8 lire l'una. Lui mi dava 25 lire, più un'altra lira che serviva a me per acquistare una caramella. Insomma, era davvero un altro mondo". 

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