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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cultura Colli

I Colli: da paese "di comunità" a quartiere residenziale [FOTO]

Viaggio in una zona storica di Pescara, passata dall'essere una periferia quasi rurale a un'area fortemente antropizzata, dove a volte la speculazione edilizia non si è saputa fermare. I racconti dei cittadini

Lo chiamano "orgoglio collese", ed è da sempre la cifra stilistica, nonché il tratto distintivo, di una zona di Pescara che nel corso del tempo ha saputo cambiare pelle: dall'impostazione sociologica tipica del paese, con tutti i suoi riti, i suoi punti di ritrovo e una comunità forte a ruotarvi attorno, fino alla trasformazione in un quartiere residenziale che mantiene tuttavia il proprio cuore pulsante dentro un "centro nevralgico". E questo centro, neanche a dirlo, rimane la Madonna dei 7 Dolori, che nel 1959, con un decreto di Papa Giovanni XXIII, fu elevata da Santuario a Basilica. Intorno al culto della Beata Vergine Maria dei Sette Dolori ruota tutto un mondo, che riguarda ovviamente le celebrazioni sacre ma anche i riti pagani come la celebre festa della Madonna, che si tiene ogni anno nel mese di giugno.

Certo, nel tempo i Colli sono stati più volte oggetto di polemiche per un'urbanizzazione importante, che li ha portati a mutare radicalmente la propria conformazione originaria, ma ciò non ha comunque impedito la prosecuzione di tutta una serie di tradizioni, a cominciare appunto dalla succitata festa della Madonna. Franco Pietrantonio, 50enne libero professionista, ha però una visione amara: "Il boom edilizio dei primi anni 2000 - ci dice - ha stravolto la città: infrastrutture immutate per una pressione antropica eccessiva. Strade inadeguate, e sempre nessun punto di ritrovo. Niente negozi, niente bar (se non uno dove, per lo più, si ritrovavano gli anziani a bere), niente luoghi di aggregazione. Gli anni 2000 hanno trasformato un paese con contraddizioni, ma anche storia, in un grandissimo dormitorio. Tutti compravano casa per via dei prezzi abbordabili ma continuavano a vivere tra il centro e Porta Nuova. I colli hanno perso l'anima, e con l'anima anche un'indentità".

Pescara Colli gennaio 2023

Più ottimista il professor Emanuele Di Sante: "I colli hanno rappresentato una pagina importante della mia infanzia e della mia adolescenza. Sono un luogo del cuore, a cui sono molto legato. Ci sono tanti ricordi che posso annoverare soprattutto per l'atmosfera che si respirava, con la dimensione di un piccolo centro all'interno di una città, decisamente più di un quartiere".

Ma Franco Pietrantonio insiste: "I colli sono fragili, socialmente e territorialmente. E sono abbandonati, se non ignorati, da ogni classe politica che ha governato la città negli anni. Prima almeno c'era la circoscrizione che poteva raccogliere le esigenze. Oggi abbiamo solo la buona volontà di qualche politico. Forse non c'è interesse a rendere i colli un luogo in cui vivere oltre che dormire. Forse si vuole una città stazionecentrica e non una città con mille anime. Ai colli sono stati tolti tutti gli spazi utili per fare altro che non sia dormire: forse occorre ripensare allo sviluppo della città concentrando servizi sul centro, privilegiando una visione d'insieme del tessuto urbano. Nel frattempo continuiamo a cercare di rendere identitario l'essere "dei colli", integrando le politiche comunali con quelle legate alle infrastrutture sportive e legate all'istruzione. Ci vuole tempo, ma il progresso nasce consolidando le relazioni che nascono tra i bambini e i giovani". 

Dalla campagna all'urbanizzazione

Il 38enne Pietro Di Meco, nei panni di cantautore, ha più volte raccontato in musica questa realtà così particolare: "Pescara colli, rispetto a 25-30 anni fa, si è evoluta a livello di popolazione e costruzione", racconta a IlPescara.it. "Prima qui c'era tanta campagna e, addirittura, non mancavano gli animali da fattoria. Mi ricordo che, quando ero piccolo, in questa zona portavano pure a pascolare le pecore. Ci si conosceva un po' tutti, a scuola eravamo pochi ragazzi, mentre attualmente non credo che sia più così. Con il tempo la popolazione è aumentata e sono stati realizzati tanti palazzi: prima chi abitava qui era solo la gente autoctona, ora invece tante persone vengono da fuori. Non a caso il grande riflesso dei colli è che chi andava, per esempio, in piazza Salotto, diceva: "Vado a Pescara", come a rimarcare una distanza dal centro cittadino. Oggi questa cosa non si sente quasi più, a conferma che l'area si è maggiormente integrata con il resto della città".

Pietrantonio conferma queste parole: "Abito dal 1977 nella zona tra la stazione e l'ospedale civile. Era terra di nessuno, con poche case, molta campagna. Una bottega alimentare, un tabaccaio (che aprì in via Sella di Corno alla fine degli anni '80) e niente più. Era possibile muoversi solo con la bici, ma la stazione "nuova" era una barriera insormontabile: per andare in centro occorreva passare per l'angusto sottopassaggio che oggi è al termine di via del Circuito (verso via Gran Sasso) oppure fare il passaggio a livello di Gabrielli, dove oggi c'è il Bingo. C'era come una barriera tra noi e la città che modificava anche il tuo status sociale: se eri del centro avevi negozi e servizi, altrimenti dovevi prendere i mezzi, la bici o l'auto per avere possibilità di movimento. Ho vissuto molto il centro da giovane, perchè sono andato a scuola tra piazza Duca e via Regina Margherita: avevo tutti amici privilegiati ed io per muovermi avevo la necessità di essere accompagnato oppure di prendere la bici e fare tanta strada. I colli, per certi versi, erano un paese a parte: strade di campagna, scomode e vecchie; case piccole, dove abitavano i "poveri" della città. Chi era sceso dai paesi aveva soldi per acquistare unicamente terreni in quella zona. A parte alcune famiglie che vivevano lì da generazioni o famiglie benestanti che avevano scelto coscientemente di investire ai colli, il grosso dei miei coetanei aveva un ceto sociale medio basso e non era attrattivo andare ai "colli" se non per la festa della Madonna".

Conclude Di Meco: "Negli anni '80 i colli erano campagna, e tante strade erano brecciate. Adesso è tutto cambiato: anche la festa della Madonna dei 7 Dolori prima era più sentita, forse anche per il discorso che erano tutti dei colli. Il lunedì c'era l'evento con il cantante famoso. Ecco, una cosa che mi dispiace è che sia un po' diminuito il potenziale degli artisti rispetto a ciò che c'era prima".

I luoghi di aggregazione

A livello sportivo, un punto di riferimento dei Colli è senza dubbio il pattinodromo di via Maestri del Lavoro, che ospita varie manifestazioni: si pensi al trofeo dell'Adriatico di body building ma anche alla recente messa in scena della famosa fiaba “La bella e la bestia” ad opera della società di pattinaggio artistico a rotelle "Jolly Pattinaggio". In passato il pattinodromo ha provato a porsi persino come palaeventi: non tutti ricordano, infatti, che a metà anni 2000 la struttura ospitò un concerto dei Baustelle, all'epoca non ancora così famosi come oggi.

Ma parlare di sport ai Colli vuol dire anche riferirsi a "Colli senza frontiere", che il professor Di Sante definisce "un vero e proprio palio che si faceva tra agosto e settembre, dove i vari colli si sfidavano in varie prove sportive di diverso genere, e lì c'era anche quel sano agonismo che però dava l'opportunità di fronteggiarsi, divertirsi e mettersi alla prova. Chi vinceva aveva l'onore di portare questo primato per tutto l'anno. Senza dubbio un grande appuntamento per tutti quelli dei colli".

L'aggregazione, però, passa pure attraverso la chiesa. Parlando della Basilica della Madonna dei 7 Dolori, Di Sante ammette che "quel luogo, oltre ad avere un valore spirituale, dava altresì l'occasione ai ragazzi di incontrarsi in oratorio: mi ricordo che i frati, quando ero piccolo, per invogliarci a sentire la messa ci facevano giocare nel campetto del convento. Quante partite a pallone abbiamo fatto! Non dobbiamo poi dimenticare la chiesa di Cristo Re, ai Gesuiti, accanto alla quale un tempo c'era anche l'ingresso della scuola Montale, che è l'istituto che ho frequentato io. In quegli stessi spazi c'è inoltre un teatro dove ai tempi delle medie ho avuto modo di recitare: la nostra professoressa, infatti, ci fece mettere in scena "Il Gattopardo". Fu una bella esperienza".

Pietrantonio, invece, evidenzia che "a livello sociale i colli sono sempre stati identificati dalla parrocchia della Madonna dei Sette Dolori. In realtà esistevano due chiese più a monte (San Giovanni in via Colle Innamorati e San Benedetto in via di Sotto) che raccoglievano i colli "veri", quelli di chi abitava veramente in campagna. Non c'erano bar, locali, se non intorno alla Basilica. I ragazzi usavano largo Madonna per incontrarsi (nel bene e nel male) e "gli zingari" continuavano ad essere presenti, più urbani ma sempre emarginati dal tessuto sociale di chi non si identificava nei loro costumi. I ragazzi avevano "il 4" e "il 5" per scendere in città, e la bici non era un'opzione troppo percorribile. Ai colli si conoscevano tutti, e come in tutti i sistemi sociali poco aperti c'erano gruppi di coetanei che si sceglievano e che diventavano impermeabili gli uni agli altri. Si scendeva "a piazza" per moda e per potersi aprire al mondo: negli anni '80 Pac Mania e il Play Club erano punti di ritrovo, come Tommy per il gelato o corso Umberto per lo struscio. Ai colli non c'era niente per divertirsi, e chi non scendeva in città si chiudeva a ogni contaminazione dell'edonismo imperante degli anni '80".

I Colli e il senso d'identità

Ma cosa significa, alla fine, essere dei Colli? Il professor Di Sante prova a spiegarcelo così: "Qui c'è un senso di appartenenza molto forte, ci si conosce un po' tutti ed è facile incontrarsi: ci sono luoghi di aggregazione simbolici, anche quotidiani, come possono essere ad esempio la pizzeria Ottavio e la pasticceria Marzoli, dove ci si dava appuntamento. Naturalmente non vanno dimenticati i momenti rituali, tipici dei Colli, come la festa della Madonna con le giostre, le bancarelle di tutti i tipi e... il panino con la porchetta, un momento insostituibile!".

Per Pietrantonio, invece, "la scuola Virgilio è l'unico segno identitario dei colli, ma sono riusciti a rendere anche questo un segno ibrido: una politica di distribuzione degli edifici scolastici a dir poco disattenta ha attribuito alla Virgilio la scuola elementare di via di Girolamo (Bosco Cep). L'edificio di largo Madonna non è più l'unico luogo di aggregazione dei bambini, dunque, e non si è favorita l'identità territoriale nemmeno alle scuole elementari. Chi è dei colli se vuole andare a scuola deve prendere la macchina per andare al Bosco Cep, ma anche chi vive nella zona dei Gesuiti va lì. Per questo alle medie ci si spezza tra chi va alla Montale e chi va alla Virgilio, incrinando quello che dovrebbe essere un processo identitario per il territorio, che consentirebbe ai bambini di incontrarsi facilmente e creare gruppi amicali indipendenti. Ai colli, invece, il processo si sta allungando e stiamo producendo bimbi meno autonomi nelle relazioni sociali, che devono chiedere ai genitori un passaggio per incontrare gli amici".

Franco Pietrantonio precisa infine che "solo nei primi anni del 2010, con la nuova parrocchia di via Pandolfi che ha unito le due esistenti dei colli, è stato possibile avere quello che ancora oggi (dopo più di 20 anni) rimane l'unico luogo di ritrovo per circa 10mila famiglie residenti. Restano il parchetto delle Poste e largo Madonna quali luoghi di integrazione e incontro, ma continua ad essere poco se non pochissimo. È cambiato tutto: alla fine degli anni '80, quando ho iniziato a frequentare questa zona, la vecchia fornace (dove oggi c'è piazza Nilde Iotti) era stata abbattuta per poter costruire, la scuola Virgilio sorgeva dove oggi c'è la sede comunale e faceva parte di un panorama verde e marrone, con via di Sotto che era stata strappata a un fosso (che oggi scorre sotto l'asfalto) per agevolare i movimenti di chi aveva acquistato i terreni sulle "coste" dei colli. Lo sviluppo della zona era stato già pensato negli anni '80, tanto che costruirono un collettore fognario collinare che da via di Sotto arriva al fiume attraversando quella che oggi viene chiamata "strada Pendolo", per poi piegare verso il fiume passando di fronte all'ospedale verso Pierangeli. Ma quell'infrastruttura fu dimensionata senza tenere conto dello sviluppo che esplose alla fine degli anni '90. Tra il 1997 e il 2003, in particolare, i colli si sono trasformati: è stato concesso di costruire ovunque. Una scelta, a mio parere, non eccezionale".

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