rotate-mobile
Cultura

Anche Pescara e l'Abruzzo piangono Gianni Minà

L'ultima volta del giornalista nella nostra città risale a oltre dieci anni fa, quando aveva fatto tappa nella vecchia sede della Feltrinelli (in corso Umberto I) per un incontro pubblico. Poi si era spostato al Petruzzi per presentare un documentario

Anche Pescara e l'Abruzzo piangono Gianni Minà, scomparso ieri a 84 anni "dopo una breve malattia cardiaca", come si legge sulla sua pagina Facebook. "Non è stato mai lasciato solo, ed è stato circondato dall’amore della sua famiglia e dei suoi amici più cari. Un ringraziamento speciale va al professor Fioranelli e allo staff della clinica Villa del Rosario che ci hanno dato la libertà di dirgli addio con serenità".

L'ultima volta di Minà nella nostra città risale a quindici anni fa: nel 2008, infatti, aveva fatto tappa nella vecchia sede della libreria Feltrinelli (che si trovava in corso Umberto I) per un incontro pubblico. Poi, in serata, si era spostato all'auditorium Petruzzi per presentare il suo documentario “C’era una volta il cinema” nell’ambito di una mostra sul regista Sergio Leone. Nel 2011, infine, il giornalista aveva ritirato il premio Rocky Marciano a Ripa Teatina.

Per il consigliere comunale del Pd Giovanni Di Iacovo, "la grandezza del suo giornalismo è stata nel riuscire a cogliere la grande storia che nasce nella vita dei singoli per poi svilupparsi in quella dei popoli". Il cantautore Giò di Tonno aggiunge: "Adoravo Gianni Minà. È diventato leggendario stando in mezzo alle leggende. A chi non lo conoscesse consiglio la visione di 'Blitz', uno dei suoi programmi culto (su Raiplay). Sarà anche un modo per capire cosa fosse anni fa la nostra televisione".

Per l'ex parlamentare Stefania Pezzopane, Minà era "il grande cantore dello sport, del cinema e dell’America latina. Una voce inconfondibile, un racconto unico di cose lontane, paesi diversi, personaggi che sembravano irraggiungibili e un’autoironia così rara. Amava Cuba e i rivoluzionari. Gli sia lieve la terra dove magari ritroverà i campioni che ha amato e raccontato. Mitiche le sue interviste, da Muhammad Ali a Fidel Castro, da Scorsese a Maradona. E poi Federico Fellini, Eduardo De Filippo, Robert De Niro, Jane Fonda, Betty Faria, Gabriel García Márquez, Enzo Ferrari, Fabrizio De André, Giorgio Gaber, Léo Ferré e tante e tanti altri. Lascia traccia di sé. Riposi in pace".

Il segretario nazionale di Rifondazione Comunista, Maurizio Acerbo, descrive Minà come “un grande giornalista, coraggioso e libero, un compagno indimenticabile. L’ultima volta che l’ho visto è stato durante la visita di Lula in Italia dopo la scarcerazione. Tristezza infinita”. E Bobo Craxi lega direttamente alla nostra regione il ricordo di Gianni Minà: "A lui devo la conoscenza dei miei eroi musicali brasiliani in una notte indimenticabile all’Aquila", svela sui social l'esponente socialista, figlio del presidente del consiglio Bettino.

Gianni Minà alla Feltrinelli

Doveva essere un incontro volto a parlare di “Latinoamerica”, la rivista che dirigeva con successo già da 5 anni, ma si trasformò, come avveniva sempre quando si parlava con un giornalista di esperienza come lui, in un momento di confronto su temi quali la libertà, l’informazione, i diritti civili, il marcio nel calcio e quant’altro. Nelle due ore di dibattito alla Feltrinelli, Gianni Minà non risparmiò nessuno: dall’informazione italiana che «è in crisi per quanto riguarda tutto ciò che accade nel mondo», al sistema calcio che «era corrotto da molto tempo. Io lo andavo dicendo già 15 anni fa».

Grande spazio, ovviamente, fu riservato a Cuba: «Quella nazione rappresenta un’ossessione per gli Stati Uniti, in quanto è il laboratorio ideologico del nuovo Sudamerica. Cuba ha vissuto il suo 11 settembre molto prima degli Usa, ma non è certamente andata ad invadere gli altri stati. Lo sapete – chiese poi Minà al pubblico presente – che, quando cinque cubani scoprirono che gli attentati messi in atto a Cuba venivano organizzati in Florida, furono arrestati? Queste sono cose che la stampa, non solo italiana ma europea, non dice».

Al problema della disinformazione su tali drammatici fatti Minà cercava di ovviare con la sua “Latinoamerica”, la cui direzione aveva ereditato dal professor Santarelli: «Cerchiamo di dare visibilità ad un mondo che altrimenti sparirebbe. Grandi scrittori come Sepulveda e Garcia Marquez, che ho conosciuto durante i miei viaggi in Sudamerica, scrivono di attualità per noi in cambio di 50 dollari o di una bottiglia di grappa Nonino: il loro contributo è prezioso perché raccontano cose che altrimenti non si saprebbero».

La verità, spesso e volentieri, è scomoda: «In Rai sono stato sospeso da un giorno all’altro quando mi sono occupato del caso Alpi: dalla tv svizzera avevo ricevuto del materiale che smentiva clamorosamente la versione ufficiale su quanto era successo ad Ilaria. Qualcuno, durante il viaggio di ritorno dell’aereo, aveva manomesso le sue valige: chi era stato?». Inevitabile, dunque, parlare con Minà di Rai e servizio pubblico: «Io so cos’è il servizio pubblico e come si amministra, perché in 50 anni di lavoro all’interno della Rai non ho mai ricevuto una querela. Ci sono due modi per fare questo mestiere: o farsi rispondere ciò che si vuole sentir dire, o verificare quello che gli altri ti rispondono. In questo secondo caso si perde tantissimo tempo, ma il vero giornalismo è questo». Parole assolutamente sacrosante.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Anche Pescara e l'Abruzzo piangono Gianni Minà

IlPescara è in caricamento