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Cultura

Stefano Santospago al teatro Circus con "La divina Sarah": "Sul palco porteremo due personaggi buffi e un gioco continuo di contrasti"

L'attore romano sarà sul palcoscenico il 21 e il 22 febbraio insieme a Lucrezia Lante della Rovere

Insieme a Lucrezia Lante della Rovere, Stefano Santospago porterà sul palco del teatro Circus di Pescara lo spettacolo "La Divina Sarah".
L'appuntamento, proposto dal cartellone della società del teatro e della musica Luigi Barbara, è previsto per martedì 21 febbraio con replica nel pomeriggio del giorno dopo.

Santospago ha alle spalle una vita passata sul palcoscenico nel corso della quale ha interpretato decine di ruoli teatrali.

Non sono però mancati, durante la sua carriera, anche ruoli in serie televisive, al cinema e in programmi televisivi. L'abbiamo intervistato per farci presentare lo spettacolo che porterà in scena ma non solo.

Sarete a Pescara il 21 e il 22 febbraio, che ricordi ha delle precedenti volte nelle quali è venuto nella nostra città?

«Ci sono stato ma molti anni fa, credo quasi 20, con una commedia di Neil Simon al teatro Circus. Ma anche precedentemente sono stato a Pescara visto che sono in giro da circa 50 anni».

Dunque ha buoni ricordi che la legano alla nostra città?

«A prescindere dal fatto che io adoro tutte le città che stanno sul mare, Pescara è un posto piacevole e io ho delle vaghe origine abruzzesi visto che la famiglia di mio padre era per metà abruzzese, della zona di Vasto, San Salvo».

Con Lucrezia Lante Della Rovere avete già recitato nella serie televisiva Donna Detective. Come è stato ritrovarsi insieme a teatro?

«Sì ci siamo incrociati in varie situazioni ma solo in quella occasione abbiamo proprio lavorato insieme. Ci siamo ritrovati ed è stato molto piacevole, è una compagna di lavoro molto vivace piena di proposte, questo è un testo sul quale con il regista stavamo lavorando da un po' di tempo. Lei è entrata quest'anno, abbiamo fatto le prove e ha portato tutta una serie di idee nuove. È un testo di quelli dove serve che gli attori si ascoltino molto nel senso che è tutto un incastro, è un gioco di ping pong e contrasti. Ma ha anche una parte di commedia, anche piuttosto rapida, e un'altra più di malinconia e poesia che si alternano continuamente. Dunque da un lato questi personaggi sono buffi perché siamo truccati da molto vecchi, siamo semi pelati entrambi, insomma siamo due vecchietti, anche andati di testa ma con grandi ricordi. Perché lei è Sarah Bernhardt quasi in punto di morte e lui è un factotum che le stava accanto con affetto e un po' di sadomasochismo il quale è chiamato a interpretare tanti personaggi del suo passato. Lei ha questo segretario Georges Pi Tou al quale chiede di essere sua madre, di essere il suo impresario americano, di essere Oscar Wilde e lui anche se a fatica invece si diverte a interpretare questi personaggi che a volte sono comici a volte poetici».

Principale difficoltà nell'interpretare questo ruolo?

«Il fatto che ci sono continui scatti tra il comico e il poetico e questo obbliga l'attore ad avere vari registri sempre pronti perché se si va troppo solo sulla commedia si sbaglia in un senso, se si toglie la parte comica si sbaglia nell'altro. Il tutto mettendosi molto d'accordo con il partner, dobbiamo restare molto in ascolto. Diciamo questa è la difficoltà ma è anche il piacere nel senso che in teatro le difficoltà sono rappresentate dalle risorse».

Quali sono i punti di contatto e quelli di distanza con il personaggio che interpreta?

«Mi è molto lontano perché è un personaggio con una vita non particolarmente brillante alle spalle, ha vissuto in funzione di un'altra persona per tutta la vita. È un personaggio, diciamo, decisamente patetico ed è questa la parte divertente nell'interpretarlo. Di cose che mi avvicinano c'è soltanto che lo faccio ma non è un personaggio che mi si avvicina. Ma il bello di questo lavoro è fare personaggi che ti sono lontani, a recitare noi stessi ci pensiamo tutti i giorni».

Nello spettacolo affrontate anche il tema relativo alla funzione dell'artista oggi e alla necessità del teatro. Per lei quanto conta per la crescita culturale di una società il teatro e quanto è importante per lei il contatto con il pubblico e il suo riscontro diretto?

«Il teatro è l'unica forma di arte che si vive in diretta con suoi i fruitori ed è una forma d'arte antichissima che esiste da sempre perché è l'unica occasione nella quale la gente si confronta con delle persone in carne e ossa. E quando qualcuno dubita della sua necessità viene puntualmente smentito dai fatti. Che poi in certi momenti il teatro modifica le persone, anche se non è più trattato bene come una volta dato che in altre nazioni il teatro è curato dallo Stato in maniera pazzesca. Mentre l'Italia dimentica un po' questa parte della sua storia che non è soltanto quella del teatro lirico ma anche quella della commedia dell'arte, di cui l'Italia è la patria, e che è stata esportata in tutto il mondo. In ogni caso ci sono stati e ci sono degli attori e dei registi straordinari, io ho avuto l'occasione di lavorare con alcuni registi e alcuni attori che hanno fatto la storia del nostro Paese e posso assicurare che sono state delle emozioni che mi rimarranno per sempre».

Che messaggio vuol mandare ai pescaresi e in generale agli abruzzesi che verranno a vedere lo spettacolo?

«Rivolgo un invito a venire, quando uno spettacolo è ai primi giorni di replica come in questo caso ha una freschezza che nasce dal fatto che gli attori sono nuovi a quelle parole per cui non c'è la routine. Di conseguenza in questo periodo lo spettacolo ha una freschezza del quale il pubblico si accorge, perché si accorge di tutto».

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