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Qualità e tutela del territorio in chiave glocal: Fabrizio Sacco, “l’ingegnere della cucina”

Abbiamo incontrato lo chef, ex socio del noto “Caffè delle Merci”, che oggi gestisce il ristorante-stabilimento “Loasi” a Silvi Marina. Ecco cosa ne pensa della fusion e quale è la sua idea sulla valorizzazione del prodotto locale nell'odierno mondo globalizzato

Presentata ieri a Silvi la nuova stagione de “Loasi”, ristorante e stabilimento balneare di cui è titolare il pescarese Fabrizio Sacco. Un brillante 42enne che potremmo definire “l’ingegnere della cucina”, vista la sua laurea in Ingegneria Gestionale accantonata da tempo per inseguire un sogno: fare lo chef. 

“Mi mancava una parte della creatività in cui potessi esprimere al meglio me stesso - spiega Fabrizio a IlPescara.it - e così ho cominciato a intraprendere questa nuova strada. L’ingegnere è un modo di pensare, di essere, di gestire: conservo quotidianamente questa caratteristica in ciò che faccio”.

Appassionato da sempre di cibo, Sacco ha lavorato nei locali storici di Pescara Vecchia per poi diventare socio del Caffè delle Merci quando la movida di piazza Muzii era ancora di là da venire. Ha frequentato uno stage da Filippo La Mantia a Roma e poi ha operato anche a Milano. Si è infine formato all’accademia di Niko Romito, dove ha imparato due cose molto importanti:

“La ricerca del sapore essenziale e la valorizzazione di tutti gli ingredienti”.

Non solo. Per acquisire ulteriore esperienza Fabrizio è stato persino a Copenaghen, ed è lì che ha interiorizzato “l’apertura a nuovi prodotti”. Oggi è un cuoco che coniuga la qualità alla valorizzazione del territorio in chiave glocal, cioè partendo da una base abruzzese che però non disdegna connessioni con altre tradizioni culinarie. In una parola, la cucina fusion:

“Nel menu che proponiamo ai nostri clienti ci sono accenni ai prodotti della tradizione, come le rape e il coniglio, perché dedichiamo grande attenzione al territorio e alla zona, ma senza dimenticarci che siamo partecipi di un circuito molto più grosso. Alcuni nostri piatti rappresentano la cura verso la tradizione e la stagionalità, ma ci sono anche pietanze che sono frutto di una rielaborazione: il brodo “Non chiamarlo ramen”, ad esempio, è fatto con zenzero e lemongrass ma anche con taglierini di acqua e farina. Le materie prime per noi sono importantissime, tanto che lavoriamo con gente del nostro territorio: carne e verdura sono del posto, l'olio ci viene fornito da vari produttori e il 70-80% del pesce proviene dalla piccola pesca locale. Il pane, invece, lo facciamo noi".

Come vedi oggi la figura del cuoco?

“Attualmente questa professione è soggetta a una sovraesposizione mediatica che è fuori luogo. Il cuoco deve fare il cuoco: noi facciamo da mangiare ed è giusto che il cuoco si occupi soltanto di questo. Il cibo è una parte fondamentale – ma non unica – del far stare bene una persona. Quando vai in un posto devi rimanere colpito anche dalla musica che hai ascoltato o dall’empatia che sei riuscito a creare con chi ti ha accolto: deve cioè contare l’esperienza complessiva di quello che hai vissuto”.

Il mondo dello chef Fabrizio Sacco

Come si svilupperà l'offerta de "Loasi"? 

“Vogliamo arrivare fino a maggio con la versione invernale, poi ci prepareremo per l’estate e infine ci attrezzeremo nuovamente per l’inverno. Coniugare tutto in un’unica espressione sarà complicato, ma proveremo a unire la qualità alla ricerca del far stare bene. Non sarà giusto rinunciare a quella che è una stagione balneare classica, ma vorremmo anche concentrarci sulla stagione invernale in questa atmosfera. La fascia di prezzo? Si pagheranno all'incirca 40-50 euro per 4 piatti".

La direttrice creativa Sabina De Deo, titolare dello studio “Summit Vai”, aggiunge:

“Questo è diventato una sorta di osservatorio un po’ per tutti noi. A Silvi d’inverno non ci sono molte strutture aperte, e il fatto che in molti vengano qui è stata una bella soddisfazione per Fabrizio. Abbiamo voluto conservare l’idea di uno chalet che, nonostante abbia le palme avanti, non è aggressivo. Questa oasi crescerà nella sua struttura, così come cresce il progetto di Fabrizio Sacco, senza però invadere, lasciando questo senso di leggerezza sia d’inverno sia d’estate, evitando le barriere. Perché l’inverno? Ci sono delle magie che si sviluppano durante questo periodo, e che sono uniche. Questo lavoro ci ha dato l’opportunità di conoscere meglio la personalità, gli obiettivi e i desideri di Fabrizio”.

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