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Cronaca

Truffa aggravata ai danni di un'anziana di 83 anni: in due finiscono in manette

Ad individuare i malviventi gli uomini della squadra mobile, la refurtiva era nascosta nell'auto fermata per un controllo, Di Frischia: "Hanno usato la scusa del nipote in difficoltà, uomini diversi, ma sempre lo stesso schema, non aprite la porta agli estranei"

Le avevano portato via persino le fedi e una foto del padre, ma la loro fuga è durata una manciata di minuti. Due uomini di 29 e 36 anni, arrivati dalla Campania, sono finiti in manette per truffa aggravata ai danni di un'anziana di 83 anni. Ad arrestargli gli uomini della squadra mobile di Pescara guidata da Gianluca Di Frischia nell'ambito dei controlli antirapina e antitruffa disposti dal questore. Uno schema che si ripete da mesi, ha spiegato Di Frischia spiegando l'esito delle indagini, e che vede protagoniste persone sempre diverse. Nello specifico i due uomini sono stati prontamente individuati mentre tentavano di raggiungere l'asse attrezzato dalla zona ospedale. Sono stati notati perché a bordo di un'auto sospetta non di loro proprietà. Fermati, nel corso della perquisizione è stata rinvenuta la refurtiva avvolta in fazzoletto e nascosta in una delle prese d'aria nel mezzo. La truffa è di quelle note: qualcuno, presumibilmente una terza persona, ha chiamato l'anziana spacciandosi per il nipote e dicendole che per non essere arrestato servivano quattromila euro. Non avendo quella somma le è stato detto che poteva anche pagare con l'oro e così lei ha fatto. L'anziana, vedova, ha messo i suoi preziosi più cari sul letto e ha fatto entrare uno dei due uomini in casa. La donna al momento era sola in casa perché preventivamente i suoi parenti erano stati fatti allontanare con telefonate fittizie e addirittura facendo andare il figlio della donna all'ufficio postale per ritirare raccomandate urgenti inesistenti. Una truffa tanto ben congeniata che è stata lei stessa, pensando di essere stata contattata dal nipote, a dare i numeri di telefono dei suoi familiari. L'arresto dei due è avvenuto prima che lei realizzasse quanto avvenuto a dimostrazione di quanto, sottolinea Di Frischia, sia importante la tempestività di intervento in casi come questo. Di qui l'appello a non aprire mai la porta di casa a chi si spaccia per personale delle forze dell'ordine o funzionario di una qualunque agenzia.

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Non essendo in grado di dare spiegazioni i due uomini hanno deciso di collaborare. Oltre agli ori appartenenti alla donna nel fazzoletto c'erano anche un'altra catenina e un braccialetto d'oro al momento sotto sequestro e che difficilmente, sottolinea il capo della mobile, possono essere di proprietà dei malviventi trattandosi di oggetti da donna. Due nuovi truffatori, dunque, ma uno schema sempre uguale che già a febbraio aveva portato a diversi arresti. Questo, sottolinea Di Frischia, fa pensare che dietro ci sia una regia: “il fenomeno – spiega – è strutturato in tutta Italia, ma a Pescara il dato non è emergenziale come in altre città. Pare anche che sia in diminuzione, almeno secondo i dati statistici attuali”. Sul perché l'auto fosse sospetta non si sbilancia, ma certo è che chi commette reati come questo, sottolinea, “è molto attento a non commettere altri. Non sfora nel furto in abitazione o la rapina”. “E' importantissimo – conclude il capo della mobile – l'impegno delle potenziali vittime e di chiunque: non bisogna far entrare terze persone estranee in casa e bisogna cercare di identificare subito, per quanto possibile, l'interlocutore telefonico. In ogni caso non ci sarà mai nessun appartenente alle forze dell'ordine o funzionario di altro tipo di agenzie o uffici che verranno a casa a richiedere soldi o bene preziosi. In casi di dubbio contattate i numeri emergenza e ci penseremo noi. E' importante perché se passa tempo  è molto più difficile risalire agli autori e recuperare quello che viene sottratto”. L'arresto dei due, non noti alla polizia di Pescara, è stato convalidato ieri. Il questore ha anche firmato il foglio di via predisposto dalla locale divisione anticrime per i due indagati a cui sarà vietato di rientrare nel Comune di Pescara per tre anni.

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