Inchiesta in Comune, spunta la sentenza della corte dei conti che condannò l'ex dirigente ai Lavori pubblici al risarcimento dell'ente
A pubblicarla sul proprio profilo social il Comitato strada parco bene comune che reitera la richiesta di dimissioni del sindaco Masci: al centro della vicenda risalente al 2012 il conferimento dell'incarico di supporto al Rup all'architetto Lepore che non avrebbe avuto comunque alcun ruolo nei fatti
Finisce sulla pagina social del comitato Strada parco bene comune la sentenza con cui la corte dei conti condannò al risarcimento dell'ente l'ormai ex dirigente del settore Lavori pubblici Fabrizio Trisi arrestato nell'ambito dell'inchiesta su presunti appalti truccati e droga che ha travolto palazzo di città e l'attuale suo sostituto, l'ingegner Giuliano Rossi. Una condanna arrivata nel 2018 e riferita ad un fatto risalente al 2012 quando Trisi era stato nominato dirigente a tempo determinato esattamente come avvenuto durante l'attuale legislatura.
La vicenda e le contestazioni per il conferimento dell'incarico di supporto al Rup
Al centro della vicenda l'incarico di supporto al Rup (Responsabile unico del procedimento) per la realizzazione del teatro comunale all'interno dell'area di risulta all'architetto Michele Lepore (che nulla ha a che fare con l'attuale inchiesta). Un incarico da 48mila 448,40 euro per un'infrastruttura tra l'altro mai realizzata e che sarebbe dovuta sorgere negli spazi ora destinati alla sede unica della Regione. Un incarico irregolare, questo sentenziano i giudici accogliendo la tesi dell'accusa, per cui Trisi è stato condannato a risarcire l'ente di 20mila euro e Rossi di 12mila.
Il Rup che inizialmente aveva in carico il progetto, si legge nella ricostruzione fatta nel dispositivo, aveva interpellato cinque dirigenti per quel ruolo di supporto. Persone che avevano “competenza ed esperienza”, ma si decise per un incarico ad un tecnico esterno. Cosa che spinse lo stesso ad aprile 2012 alle dimissioni con Rossi subentrato nel ruolo.
Il 9 maggio 2012 Trisi “conferiva all’architetto Michele Lepore l’incarico di supporto al Responsabile unico del procedimento”, si legge ancora, ma secondo il pubblico le professionalità interne c'erano. Nonostante questo si optò per l'incarico esterno con Trisi che stipulò la convenzione professionale “peraltro senza indicare una precisa attività da svolgere, ma rendendo l’incarico generico o indeterminato”, sosteneva l'accusa per la quale “tanto la condotta del Rossi nel precostituire, con superficialità, i presupposti per la nomina del collaboratore esterno, quanto quella del Trisi, nel disporne la nomina (con stipula della relativa convenzione), risultano non solamente non legittime, ma anche affette da colpa grave e produttive del danno patrimoniale sofferto dal Comune, per aver pagato un estraneo all’ente affinché offrisse un’indeterminata e non misurabile prestazione, pur in presenza di risorse interne idonee allo svolgimento di attività tecniche, sebbene comportanti elevato livello di conoscenza e di professionalità”. Di qui la richiesta di risarcimento danni.
Va specificato, come fatto dallo stesso Lepore alla stampa, che a lui nell'ambito dell'inchiesta della corte dei conti non è stato mai contestato nulla e che anzi, ha riferito, lui stesso è poi dovuto ricorrere alle vie legali per vedersi liquidare la parcella. Un ricorso vinto e al termine del quale "l'amministrazione - ha riferito - anche gli interessi maturati". La documentazione, insomma, era in regola.
La sentenza della corte dei conti
“Il danno – sentenzia la corte - è costituito dall’aggravio di spesa sopportato dall’ente locale in conseguenza della irregolare nomina di un architetto esterno a supporto del Rup, pur in mancanza dei presupposti di legge e pur in mancanza della dimostrazione dell’attività di supporto da questi concretamente svolta”. “Non solo la ricognizione delle professionalità interne è stata fatta in maniera superficiale e neppure aggiornata”, ma, prosegue il dispositivo “neppure è possibile accertare in cosa sia consistita l’attività di supporto svolta dal professionista esterno, rimasta priva di qualsivoglia documentazione, attività sottoposta peraltro, per paradosso, alla successiva verifica di quegli stessi dipendenti interni che, secondo i convenuti, non erano in grado di poter svolgere in proprio l’incarico in questione. D’altronde, se l’attività di supporto al Rup si limitasse effettivamente, come sostenuto dalla difesa del Rossi, semplicemente a consigliare, sovrintendere, indirizzare, suggerire, a supportare per l’appunto, ma senza redigere alcun atto o elaborato, cioè senza produrre o firmare alcunché di tangibile o archiviabile, non si comprende la difficoltà dei dipendenti interni a compiere un’attività tutto sommato priva di particolare impegno e priva anche di particolare responsabilità”.
“A ciò – proseguono i giudici - si aggiunga la particolare attenzione dell’opinione pubblica alla questione, come attestato dagli articoli di stampa versati nel fascicolo processuale, che insinuavano il dubbio che il professionista incaricato fosse particolarmente vicino al sindaco dell’epoca e al dirigente competente: proprio al fine di fugare queste insinuazioni i due convenuti avrebbero dovuto operare con la massima trasparenza e con il massimo rigoroso scrupolo, non potendo essere ignari del contesto. Il nesso causale è insito nella consequenzialità tra la negligente ed imperita condotta dei convenuti (che ha dato luogo all’affidamento dell’incarico) e il pagamento del compenso al professionista esterno, con aggravio di spesa pubblica non correlabile ad una apprezzabile utilità”.
La vicenda si è quindi conclusa con la condanna al pagamento di 32mila euro e con la specifica che “neppure può ignorarsi la notoria situazione di sofferenza d’organico in cui versano gli enti locali e la difficoltà di governare le procedure relative ai lavori pubblici; inoltre, l’importanza del progetto in discorso e il prestigio del professionista incaricato hanno esercitato una verosimile suggestione sui due convenuti.Trattandosi di fattispecie colposa e quindi di responsabilità parziaria (e non solidale), occorre ripartire tra i due corresponsabili il danno”.
Il Comitato ribadisce la sua posizione e continua a chiedere le dimissioni del sindaco
Un documento tirato fuori dal Comitato strada parco che torna a chiedersi come il sindaco potesse non sapere dato che Trisi è “un dirigente nominato 'intuitu personae'” e quindi “non assunto per concorso, ma nominato con selezione discrezionale in un incarico fiduciario a tempo determinato, come tale destinato ad essere avvicendato per effetto dello 'spoil system'”.
“Cade il sindaco, cade il dirigente”, prosegue il Comitato tornando quindi a chiedere le dimissioni del primo cittadino. “Stavolta, l’avvocato Carlo Masci avrebbe dovuto astenersi dal rinnovare entrambi gli incarichi”, aggiunge riferendosi sia a Trisi che a Lepore confermato, ricorda, nel ruolo di coordinatore qualificata . “Non serve buttarla ora in cagnara col test antidroga per tutti. Occorrerebbe nel caso di specie, un test 'anti mazzetta' che, ahi noi, non esiste. Tanto varrebbe, allora, cambiare mestiere. Sarebbe più dignitoso per tutti, ancor più per la città di Pescara sottopost ancora una volta, ad un gravissimo danno d’immagine sui media nazionali. A chi compete la responsabilità politica della disfatta?”. Per loro la risposta è sempre la stessa e cioè al sindaco che da parte sua ha annunciato l'intenzione di chiedere i danni per quanto avvenuto affermando più volte di non essere a conoscenza di quanto sarebbe avvenuto all'interno delle mura di Palazzo di Città. Vicenda sulla quale le indagini proseguono e per la quale, fino a condanna definitiva, vale sempre il principio di presunzione d'innocenza.