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Martedì, 23 Aprile 2024
Penne Penne

Storie di disperazione, di speranza e di solidarietà dai Cas di Penne che ospitano i profughi: "Tanta generosità dai pennesi"

Abbiamo raggiunto Damiano Ricci, responsabile dei due centri di accoglienza di Penne, il Cas di Collalto e il centro Lapiss dove attualmente si trovano complessivamente circa 130 persone

Disperazione, paura, ma anche speranza per un futuro migliore per sè stessi e per le proprie famiglie. Un quadro ricco di emozioni e sentimenti diversi quello che emerge dai due Cas, centri di accoglienza straordinaria presenti a Penne, dove vengono accolti i migranti e profughi provenienti da tanti Paesi del mondo, dall'Ucraina dove gli arrivi sono iniziati un anno fa in occasione della guerra con la Russia, all'area del nord Afric  fino ai Paesi dell'Africa sub sahariana e centrale, o ancora dal Pakistan, Afghanistan e Palestina.

Abbiamo raggiunto Damiano Ricci, responsabile dei due centri: uno è il Cas di Collalto, l'altro il centro Lapiss. In entrambe le strutture, operano i volontari della cooperativa Cogecstre, che ogni giorni si mettono a disposizione per dare un supporto materiale ma anche psicologico alle persone che vengono inviate dalla prefettura nei due centri vestini, e che vivono storie profondamente diverse fra loro, ma tutte accumunate da un passato di disperazione ed in alcuni casi violenze, e dalla voglia di ricominciare dopo aver raggiunto l'Italia e l'Europa.

"Nei due centri di accoglienza straordinaria abbiamo attualmente 130 ospiti, l'ultimo arrivato due giorni fa dal Bangladesh. Da ottobre sono 156 le persone che sono transitate o che si trovano ancora nei nostri Cas a Penne. Gli ucraini che ospitiamo ora sono 31, le nazionalità di provenienza sono molte: Bangladesh, Nigeria, Egitto, Costa D'Avorio, Palestina , Mali, Ghana, Iran, ma anche Venezuela, Eritrea, Ciad e Uganda. I nostri centri, come dice il nome stesso, sono di accoglienza straordinaria dunque considerati temporanei. Di solito aspettano di ottenere il permesso di soggiorno e la permanenza media è di 250 giorni. Il sistema di accoglienza nel nostro Paese funziona così: ci sono gli hot spot, che si trovano in Puglia, Sicilia e Calabria dove materialmente arrivano per la prima volta in Italia i migranti. Da qui, il Nucleo crisi si occupa degli allocamenti a livello regionale. Ecco dunque che vi è una prima suddivisione: nei Cas arrivano coloro che non hanno ancora alcun titolo di protezione mentre nei Sai, il Servizio di accoglienza integrata, arrivano coloro che hanno già ottenuto lo stato di rifugiati e questi centri a differenza nostra si occupano dell'inserimento sociale di queste persone.

Nei nostri Cas a Penne diamo il sostegno materiale immediato per queste persone: possiamo accogliere in sedi separate gli uomini singoli e le famiglie, oltre alle donne singole. Non siamo abilitati per accogliere i minoni senza accompagnatori. La prima fase dell'accoglienza spesso è quella più delicata: non solo diamo ai profughi un supporto burocratico per riuscire ad essere convocati dalle commissioni territoriali che valutano la possibilità di concedere l'asilo, ma ovviamente siamo loro vicini anche psicologicamente. "

Damiani poi ci fa un quadro generale anche delle "rotte" della disperazione seguite dai migranti per arrivare fino nel nostro Paese. Corridoi più o meno pericolosi ma che in ogni caso prevedono viaggi massacranti, a piedi o in mare, per migliaia di chilometri senza un'assistenza sanitaria ed alimentare:

"Una delle principali rotte è la "strada infernale", ovvero quella che viene percorsa da chi arriva dall'Africa sub equatoriale. Una volta usciti dalla propria nazione (un'operazione non semplice soprattutto nelle realtà dove sono presenti conflitti e guerre civili), attraversano tutto il deserto per poi arrivare di solito in Libia o comunque nel nord Africa. Questo percorso è particolarmente pericoloso viste le condizioni climatiche da dover affrontare e le migliaia di chilometri percorsi. Poi c'è la rotta balncanica per chi riesce ad arrivare in Turchia, e da qui fino in Grecia, Macedonia ed Ungheria o andando ad ovest verso i Paesi dell'Europa centrale e del Mediterrano. Ma c'è anche chi arriva in aereo fino a Dubai, come nel caso dei bengalesi che poi si dirigono in Egitto e da qui iniziano l'ultimo e pericoloso tratto di viaggio in mare fino alle coste italiane. "

Ognuno dei profughi ha una propria storia, un proprio passato e soprattutto un motivo importante che lo ha spinto a rischiare la vita per credere in una nuova vita in Europa. Anche sei cittadini della Guinea arrivati ad Ortona nei giorni scorsi sono stati accolti a Penne, mentre divesi sono i pakistani che avevano subito torture e violenze come nel caso di un 22 frustato a sangue e colpito perchè non voleva accettare i precetti della religione del suo Paese. O il cittadino afghano di circa 30 anni che ha camminato per tre mesi fuggendo dal regime talebano che lo aveva condannato a morte. Quasi seimila chilometri attraversando confini pericolosissimi, rischiando la vita ongi giorno sperando di potersi creare, una volta nel nostro continente, un futuro migliore per sfamare la sua famiglia rimasta in Afghanistan. Storie di paura e disperazione anche per gli ucraini, che ovviamente arrivano da un contesto completamente diverso: qui si tratta spesso di persone che conducevano una vita normale e spesso senza particolari problemi economici in Ucraina, ma che dal 24 febbraio 2022 si sono trovate improvvisamente dentro un incubo dopo l'invasione della Russia, e che sono fuggite temendo di morire sotto le bombe o per mano dei soldati russi. "

Damiani infine ci spiega come la popolazione pennese abbia sempre mostrato la massima solidarietà verso i migranti, di qualsiasi nazione ed etnia:

"La risposta dei residenti è stata straordinaria. I cittadini di Penne si sono dimostrati non solo accoglienti e solidali, ma anche collaborativi. Grazie a loro infatti riusciamo a dare il massimo sostegno possibile ai nostri ospiti, un supporto davvero encomiabile. D'altronde siamo in un contesto sociale tipico dei piccoli comuni, dove non vi sono aree di marginalità sociale e dove spesso la solidarietà è alla base della vita quotidiana. Attualmente nei nostri centri siamo oltre il limite di posti, di solito d'inverno i nuovi ospiti diminuiscono per via delle condizioni climatiche, ma la stagione è stata relativamente mite e questo ha portato ad un flusso costante di arrivi"

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