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Strage di Bologna, 39 anni dopo il racconto del sopravvissuto di Montesilvano

Roberto Natale è tra i pochi superstiti del vile attentato alla stazione. Oggi, a distanza di 39 anni esatti, rivive quei momenti drammatici che lo hanno segnato per sempre

Quando il destino si accanisce e cambia la vita delle persone, c'è poco da fare. Nel caso di Roberto Natale è stato prima crudele e poi amico. La tragica fatalità di trovarsi proprio lì, in quel momento, alle 10,25 del 2 agosto 1980 nella sala d'aspetto della stazione ferroviaria di Bologna, teatro di una strage che ha segnato la storia italiana e che ha provocato la perdita di 85 persone innocenti. Ma anche la fortuna di scampare alla morte, essendo tra i pochi sopravvissuti dell'attentato criminale.

In occasione di questa triste e dolorosa ricorrenza, il 53enne di Montesilvano ci racconta quel giorno che non potrà mai essere rimosso dalla sua mente:

"Mi trovavo a Bologna in compagnia di mio padre Ugo. Ero appena stato dimesso da una clinica privata di San Lazzaro di Savena, dove venni ricoverato per fratture multiple e scomposte, provocate da un incidente in motorino. Avevamo deciso, visto il grande caldo, di affrontare il viaggio in treno per evitare le lunghe code in autostrada. In attesa del convoglio che ci avrebbe riportato a Pescara, rimasi seduto nella sala d'attesa mentre papà ne approfittò per andare in bagno e per comprare un panino al bar. Quel suo casuale allontanamento dal luogo del disastro ci salvò la vita. In un istante venne giù tutto. Lui rimase incolume, mentre io fui travolto dalle macerie. Sinceramente non ricordo assolutamente nulla. So soltanto che fu lui a tirarmi fuori a mani nude, preso da un disperato istinto. Con coraggio e spirito eroico ci è riuscito, altrimenti non ce l'avrei fatta".

Il racconto si interrompe per qualche secondo, con voce rotta dall'emozione nel ricordare quel padre di dieci figli, scomparso qualche anno dopo. Roberto, che all'epoca dei fatti aveva 14 anni, ha ancora i segni permanenti provocati dalla violenta deflagrazione. Un'invalidità del 70% e la gamba sinistra seriamente compromessa, oltre ad una profonda cicatrice in testa che resta dopo l'applicazione di ben 63 punti di sutura.

"Rimasi in coma per qualche giorno - continua il testimone - e impiegai degli anni per ritornare alla vita normale. Nel 2009, il Comune di Montesilvano decise di assegnarmi un incarico a tempo indeterminato nell'ufficio tecnico ed oggi lavoro al servizio del verde pubblico. Ho vissuto anche le varie fasi processuali, essendomi costituito parte civile, ed ho guardato in faccia gli attentatori. Con uno degli accusati, Roberto Rinani, detto "l'ammiraglio", ebbi anche un feroce alterco in Tribunale. Ancora oggi non è stata messa la parola fine e troppi misteri sono rimasti irrisolti, a partire dalla matrice politica che ha rivendicato l'efferato crimine".

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