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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Da tifose a giocatrici appassionate: l'ascesa delle Lobsters

Le blu-arancio pescaresi sono fra le prime realtà italiane di football americano. Una squadra nata da fidanzate di giocatori, che oggi cerca di affermarsi come punto di riferimento. E alla femminilità non rinunciano: "Siamo ragazze normali, e questo è uno sport per tutti"

A vederle in divisa, impegnate negli scontri in campo, non si direbbe mai che quelle sono ragazze come tutte le altre. Eppure le Lobsters, giocatrici pescaresi di football americano, smessi i panni da gioco sono mamme, studentesse, lavoratrici come tutte le altre. Ecco la storia di un gruppo di giovani donne che, seguendo la passione dei propri compagni, ha formato una delle prime squadre femminili di football americano in Italia. E che, senza volerlo, ha dato un calcio alle differenziazioni di genere, perché «questo è uno sport per tutti, non è né violento né solo da uomo».

Parola di Karen Crocetta, 28 anni, capitana delle Lobsters (“aragoste” in inglese) insieme a Natascia Di Pietro, infermiera in cerca di un’occupazione stabile e, dopo 13 anni di danza jazz, fra le pioniere della palla ovale in Abruzzo.

Fino a 4 anni fa – racconta – eravamo solo un gruppo di tifose, più che altro fidanzate dei Crabs (la squadra maschile, ndc). Poi per curiosità abbiamo deciso di fare una squadra femminile e negli anni in Italia ne sono nate tante altre, specialmente al sud. All’inizio i ragazzi erano scettici, ma oggi ci alleniamo insieme e ci supportano tantissimo”. È stato duro affrontare uno sport tanto impegnativo fisicamente? “Abbiamo avuto qualche difficoltà, perché si tratta di uno sport che va praticato all’aperto, in più il nostro allenamento è uguale a quello degli uomini che fisicamente sono diversi. Ma con l’esperienza si sopporta, si impara, anche a coprirsi di più per ripararsi dal freddo: tutto dipende da quanto sei motivata”. E capita mai di pensare “chi me l’ha fatto fare”? “Praticamente a ogni allenamento”, scherza Karen.

Lobsters Pescara

L’impegno fisico, in effetti è molto, con tre allenamenti settimanali sul campo e uno in palestra. Ma, tolta la divisa, non c’è qualche uomo che ha paura di voi? “Siamo ragazze assolutamente normali – assicura Karen – abbiamo un gruppo unito, dai 17 ai 35 anni. E fuori dal campo facciamo cose del tutto normali. Io ad esempio sto per finire un master, c’è chi va a scuola, chi frequenta l’università, c’è persino qualche mamma. Bisogna organizzarsi con gli altri impegni, ma il football americano può far parte della vita di qualunque donna”.

La passione è davvero tanta, se le 13 Lobsters, fra qualche addio e qualche nuovo acquisto, non si arrendono neppure al pregiudizio. “Il football non è visto come uno sport femminile – racconta Karen – ma non è violento: ci sono gli scontri di gioco, ma abbiamo tantissime protezioni e la probabilità di farsi male non costituisce un limite per noi ragazze. Tra l’altro guardando le statistiche ci sono più infortuni in altre discipline”.

Essere donne può dare un valore aggiunto in campo? “C’è più spirito di sacrificio, abbiamo l’ostinazione nel raggiungere l’obiettivo comune, siamo mosse da spirito di squadra e anche nella società siamo molto sostenute. Siamo spinte dalla voglia di dimostrare che possiamo fare qualcosa di buono.”. E qualcosa di buono, insieme ai Crabs, le Lobsters lo stanno facendo. Non solo a livello di risultati, ma anche di promozione, girando nelle scuole per far cadere pregiudizi e scetticismo che ruotano intorno al football americano.

Quali sono le difficoltà per una donna che pratica questo sport? “Facciamo ancora difficoltà a crearci un nome – ammette Karen – ma le realtà stanno aumentando, così come aumenta il numero di ragazze interessate alle nostre attività. Questo è davvero un bello sport, gli individualismi hanno vita breve, bisogna avere fiducia nell’altro per creare armonia e condivisione”.

A livello pratico, cosa vi manca? “Di certo avremmo bisogno di uno sponsor importante che finanzi tutte le trasferte e le attrezzature, oltre ai nostri progetti, visto che molto viene pagato di tasca nostra. In più ci servirebbe un campo con più spazio e magari con gli spalti, perché ora ci alleniamo in quello di Rancitelli che non ne ha. Il nostro interesse è far conoscere il football americano: siamo mosse solo dall’amore per questo sport”.

E se il lavoro dovesse portarti lontano? “Il mio sogno sarebbe quello di riuscire a fare l’infermiera conciliando i miei impegni sportivi”. Quanto a mariti e fidanzati, nessun ostacolo: sono tutti super tifosi delle blu-arancio Lobsters e non perdono neppure un touchdown. 

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