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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

Informare contro il bavaglio: ecco cosa cambierà con la nuova legge

Tutto quello che c'è da sapere sulla cosiddetta "legge bavaglio" che, se passasse, limiterebbe la libertà d'informazione. Saviano: "Ci viene raccontato che questa legge difenderà la privacy, ma non è così. L'unico scopo è impedirci di raccontare i malaffari del potere"

Oggi, venerdì 9 luglio 2010, i giornalisti scioperano per dire no alla legge sulle intercettazioni, meglio conosciuta come legge bavaglio. IlPescara.it, quotidiano on line del network Citynews (www.citynews.it) pur non aderendo all'agitazione, esprime tutta la propria preoccupazione per una legge che rischia di limitare la libertà d'informazione. Nella giornata senza carta stampata (i giornalisti hanno scioperato ieri), e del silenzio di quelli radiotelevisivi, abbiamo scelto, nel nostro piccolo, di provare a raccontarvi cosa potrebbe cambiare, qualora questa legge passasse anche alla Camera.

LA LEGGE PUNTO PER PUNTO
- La nuova legge sulle intercettazioni cambia drasticamente la vecchia. In primo luogo cambia nella sostanza l'oggetto della pubblicazione e cambiano le sanzioni per chi non rispetta i limiti stabiliti dal testo. Si potranno infatti pubblicare soltanto sotto forma di riassunto gli atti di un processo non più segreti e non si potranno più pubblicare i testi delle intercettazioni fino al termine delle indagini preliminari. Questo significa che non avremmo potuto ascoltare, per esempio, la telefonata tra i due imprenditori Francesco Maria Piscicelli e suo cognato Pierfrancesco Gagliardi, avvenuta il sei aprile 2009 poche ore dopo il terremoto che ha distrutto L'Aquila, durante la quale i due ridevano di quanto accaduto. Il testo vieta la pubblicazione di tutto quello che riguarda "fatti e persone" estranee alle indagini. E' vietata anche la pubblicazione degli atti e delle intercettazioni destinate ad essere distrutte e chi violerà la norma sarà punito con un mese di carcere e la multa fino a 10mila euro. Rispetto alla prima versione della legge cala il carcere, da due mesi a uno, calano le multe (da 20mila euro a 10mila per gli ascolti, da 10 a 5mila per gli atti), ma resta invariata la multa per gli editori (fino a 465mila euro). E' previsto, inoltre, il carcere fino a tre anni per chi pubblica intercettazioni destinate a essere distrutte. Oltre all'indagine penale, si potrà incorrere nella sospensione cautelare fino a tre mesi. Se si tratta di impiegati dello Stato si tratterà di una sospensione dal servizio, se si tratta di giornalisti la sospensione sarà dalla professione.

I processi non potranno più essere ripresi né fotografati. Basterà che uno degli indagati si opponga, che rivendichi il suo diritto alla privacy, che videocamere e macchine fotografiche saranno sgomberate. I magistrati non potranno più parlare delle proprie inchieste. Se un pm rilascia dichiarazioni sul processo o viene indagato per violazione del segreto, rischia di essere sostituito. Vietate la pubblicazione dei nomi e delle foto dei magistrati per quanto riguarda i provvedimenti che gli sono affidati.

Non si potrà più registrare una conversazione se non avvisando prima l'interlocutore. Chi non lo farà rischia fino a quattro anni di galera. C'è una clausola di salvaguardia per gli 007. Il testo modificato della legge sulle intercettazioni esclusi anche i giornalisti (compresi i pubblicisti che inizialmente non erano stati considerati). Si tratta del cosiddetto comma D'Addario, ribattezzato così dato che se questa legge fosse stata in vigore, Patrizia D'Addario sarebbe già in cella dopo la denuncia di Berlusconi per via delle sue registrazioni a palazzo Grazioli.

Cambieranno anche le regole per intercettare. Per chiedere un'intercettazione telefonica o visiva e i tabulati serviranno "sufficienti indizi di reato" per i delitti di mafia e di terrorismo o "gravi indizi di reato" per tutti gli altri crimini. Le utenze devono appartenere ai soggetti indagati o dimostrare per gli altri che "sono a conoscenza dei fatti per cui si procede". Questo significa che il magistrato dovrà essere effettivamente certo che la persona da ascoltare è in effetti colpevole. E' in pratica un cane che si morde la coda. Un mezzo fino a questo momento utilizzato per ottenere delle prove necessita di prove per essere usato. Lo stesso meccanismo vale anche per i reati gravi, per la mafia e per il terrorismo, anche se gli "indizi di reato" in quel caso potranno essere anche soltanto "sufficienti" anziché "gravi". I rappresentanti del governo continuano a dire che niente cambia per la lotta alla mafia, che si potrà indagare come oggi, ma non è così poiché sarà più difficile intercettare i soggetti coinvolti in reati "satellite", quelli da cui spesso si parte per scoprire poi l'esistenza di un sodalizio mafioso.

Se un sacerdote viene sottoposto ad indagini o arrestato, il pm dovrà avvertire il vescovo della diocesi da cui il prete dipende. Nel caso di un vescovo o un abate verrà avvisata la segreteria di Stato vaticana. Le intercettazioni potranno durare 75 giorni. Terminato tale periodo, il pm potrà chiedere una proroga di tre giorni in tre giorni nel caso in cui ci siano i presupposti per farlo.

I luoghi delle intercettazioni. Per tutti i delitti, tranne quelli di mafia, si distinguerà tra luogo privato e luogo pubblico e sarà necessario avere, soprattutto per il secondo, maggiori indizi di reato rispetto al passato. Per mafia e terrorismo si potranno effettuare "anche se non vi è motivo di ritenere che in quei luoghi si stia svolgendo l'attività criminosa".

Ad autorizzare il pm, per ogni richiesta o proroga, che dovrà far sottoscrivere dal procuratore capo, sarà il tribunale collegiale del capoluogo di distretto cui si dovranno inviare ogni volta tutte le carte. Il tribunale collegiale è composto da tre giudici e si trova spesso a distanza di chilometri. Per esempio le città capoluogo di provincia del Lazio dovranno fare riferimento a Roma. Un giudice che si sarà pronunciato una volta, poi non potrà decidere su altri passaggi del processo. Al momento è il Gip che autorizza le intercettazioni.

Lo sciopero dei giornalisti serve per far sapere al governo che la categoria è contro tutto questo. Ad organizzarlo è stata la Federazione della Stampa italiana, il sindacato nazionale unitario dei giornalisti italiani che ha come suoi scopi principali: la difesa della libertà di stampa, la pluralità degli organi di informazione, la tutela dei diritti e degli interessi morali e materiali della categoria. La Fnsi da mesi organizza iniziative per dimostrare la contrarietà dei giornalisti al decreto sulle intercettazioni.

Il perché dello sciopero. Lo scorso giugno il governo ha ottenuto la fiducia al Senato sul maxiemendamento che sostituisce, del tutto, il ddl intercettazioni. Ora il testo dovrà essere discusso alla Camera. Questo nuovo testo, così come il precedente, anche se sono stati apportati dei miglioramenti, continua a limitare pesantemente il diritto dei cittadini a essere informati (diritto sancito dall'art.21 della Costituzione italiana). In particolare metterà il bavaglio ai giornalisti che non potranno informare i cittadini su come procedono le inchieste giudiziarie, infliggendo gravi interruzioni alla libera circolazione delle notizie. Il governo giustifica questo testo affermando di voler tutelate la privacy dei cittadini. La motivazione delle sciopero è ben interpretata da Roberto Saviano che nel corso del suo intervento durante la manifestazione dei giornalisti che si è svolta lo scorso 1 luglio in piazza Navona, a Roma: "Ci viene raccontato che questa legge difenderà la privacy, ma non è così. L'unico scopo è impedirci di raccontare i mal'affari del potere". Il diritto alla riservatezza, infatti, è già tutelato dalla nostra costituzione con l'art.15 che stabilisce: "La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge".

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