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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Frodi fiscali per 170 milioni di euro, indagati pubblici ufficiali e imprenditori: coinvolto anche l'Abruzzo

Operazione della Dda di Bari e della guardia di finanza: misure cautelari personali nei confronti di 75 persone e sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di oltre 18 milioni di euro

Maxi operazione, denominata "Levante", della Dda (direzione distrettuale antimafia) e della guardia di finanza di Bari.
Frodi fiscali di notevole valore, per un volume di affari illecito di circa 170 milioni di euro, messe in atto attraverso l'indicazione di crediti Iva fittizi che derivavano da operazioni passive inesistenti indicate nelle dichiarazioni fiscali in assenza delle relative fatture.

Questo, come riferisce l'Adnkronos, quanto accertato dalla Dda di Bari e i militari del nucleo investigativo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza del capoluogo pugliese a carico di una delle due organizzazioni colpite questa mattina.

Nell'ambito del blitz è in corso di esecuzione in diverse zone d'Italia un'ordinanza applicativa di misure cautelari personali nei confronti di 75 persone (delle quali 15 in carcere, 44 agli arresti domiciliari, 14 destinatari dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e 2 destinatari di misure interdittive), e il sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di oltre 18 milioni di euro. I provvedimenti sono stati emessi dal Gip del tribunale, su richiesta della Procura della Repubblica/Direzione Distrettuale Antimafia. A carico dei destinatari sono stati riconosciuti gravi indizi di colpevolezza (accertamento compiuto nella fase delle indagini preliminari che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa) a carico dei componenti delle due organizzazioni criminali, con collegamenti operativi transnazionali, dediti alla commissione di diversi tipi di delitti.  L'operazione riguarda Puglia, Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Toscana e Veneto. In campo 500 unità (donne e uomini) della Dia e della guardia di finanza, con il contributo di personale degli uffici e dei reparti territoriali e speciali della polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri, e con il supporto di mezzi aerei, unità cinofile per la ricerca di stupefacente e denaro da parte delle Fiamme Gialle. L' ipotesi di reato è, a vario titolo, l'associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alle frodi fiscali, al riciclaggio e all'autoriciclaggio dei relativi proventi nonché al trasferimento fraudolento di valori, al contrabbando di prodotti energetici, alle estorsioni, al traffico di sostanze stupefacenti e alla detenzione illegale di armi. Sono, complessivamente, 86 le persone indagate, tra imprenditori, professionisti e pubblici ufficiali. Le indagini della Dda, della Dia e della guardia di finanza si è sviluppata mediante l'incrocio dei dati emersi da segnalazioni di operazioni sospette, dalle intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, dall'ascolto di persone informate sui fatti e di collaboratori di giustizia, dalla documentazione e dagli smartphone sequestrati a seguito delle perquisizioni eseguite, nonché dall'attività di osservazione, controllo e pedinamento. 

La prima organizzazione criminale, secondo quanto sostenuto dal gip che ha accolto la tesi della Procura, era attiva nel capoluogo pugliese e in Lombardia. L'operatività dei relativi "associati" è stata svelata dalle attività investigative effettuate dalla Dia. Le frodi sarebbero avvenute attraverso un sistema di aziende consorziate. I crediti, asseverati da professionisti compiacenti, sarebbero stati poi utilizzati dall'organizzazione tramite prestanome per compensare poste attive o i versamenti relativi ai contributi previdenziali e assistenziali, alle ritenute fiscali e alle altre somme dovute. I guadagni per i membri del consorzio sarebbero risultati enormi, perché attraverso il meccanismo della creazione di crediti Iva fittizi non avrebbero versato le imposte e i contributi previdenziali e assistenziali dovuti. I proventi realizzati illecitamente sarebbero, quindi, stati reimmessi nel circuito economico attraverso articolate operazioni di riciclaggio. Proprio nella fase della 'monetizzazione' dei proventi illeciti sarebbe emerso il coinvolgimento della criminalità organizzata barese, in grado di reclutare numerosissimi 'fiduciari' a cui intestare carte di credito con le quali drenare, secondo una tempistica prestabilita, le provviste conseguite illecitamente dall'organizzazione per il successivo reinvestimento anche nel narcotraffico.

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