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Cronaca

Sale la tensione anche nel carcere di Pescara per i timori da Coronavirus

La situazione è ancora sotto controllo da parte degli agenti della polizia penitenziaria, ma potrebbe esplodere da un momento all'altro. Utensili da cucina sbattuti contro le sbarre

La casa circondariale "San Donato" di Pescara è diventata un luogo difficile da gestire e monitorare.
La protesta dei detenuti si è scatenata dopo l'attuazione del decreto ministeriale emanato dal Governo che sospende i colloqui con i familiari per timore dell'epidemia contagiosa da Coronavirus.

La scorsa notte si è temuto il peggio, ma la situazione si è in parte ricomposta.

Un timido tentativo di sommossa si stava alimentando, seguendo il cattivo esempio del San Vittore di Milano o delle carceri di Modena e Foggia. Un gruppo di circa 90 reclusi, sistemati su due piani e sezioni ben distinte, ha iniziato a ribellarsi con urla di protesta e pentolame da cucina sbattuto ripetutamente con forza sulle sbarre di ferro delle finestre. Qualcuno ha anche tentato di appiccare un incendio all'interno della propria cella, come avvenuto più volte in passato ma l'occhio attento e vigile del personale di sorveglianza ha evitato il peggio, nonostante la ormai cronica carenza di uomini in servizio all'istituto di pena. 

Per placare gli animi, la direzione ha messo a disposizione dei computer da tavolo collegati all'applicazione Skype, per consentire ai carcerati di poter restare in contatto con il mondo esterno e con i parenti autorizzati. Se da una parte questo stratagemma consente di sopperire al pretesto dei mancati colloqui, dall'altra c'è l'impossibilità di controllare le connessioni con gli altri utenti del servizio di messaggistica istantanea. Niente rivolta, ma il clima teso non lascia tranquilli.

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