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Cronaca

Pratiche e reati di stampo mafioso a Villa del Fuoco con cittadini vittime di violenza e omertà, 19 persone in carcere e una ai domiciliari [VIDEO]

Il blitz dei carabinieri giunge al termine di due anni di indagine che avrebbero svelato un sistema tenuto in piedi da un gruppo criminale composto da alcune famiglie di etnia rom

Emergono ulteriori dettagli riguardo al blitz messo in atto dai carabinieri del Comando provinciale di Pescara nella mattinata di giovedì 13 aprile nel rione VIlla del Fuoco a Pescara.
Sono state eseguite 20 ordinanze di custodia cautelare, di cui 19 di custodia in carcere e una di arresti domiciliari, per il delitto di associazione di stampo mafioso e numerosi altri reati satellite.

Tra questi troviamo estorsioni, possesso di armi ed esplosivi, traffico illecito di sostanze stupefacenti, tentato omicidio, danneggiamento aggravato, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti, occupazioni abusive di immobili, minaccia aggravata e truffa tutti commessi a Pescara in un determinato ambito territoriale, ovvero la zona di Rancitelli, con basi operative nel “Ferro di Cavallo”.

La misura cautelare è stata richiesta al Gip (giudice per le indagini preliminari) dalla direzione distrettuale antimafia all’esito di una lunga e impegnativa indagine materialmente condotta dal reparto operativo – nucleo investigativo di Pescara con l’impiego di avanzate tecniche di sorveglianza audio e video, costantemente accompagnate da assidui servizi di osservazione e controllo del territorio. «Le attività investigative», spiega il procuratore distrettuale Michele Renzo, «hanno preso lo spunto da alcuni reati “spia” dai quali si è percepito lo stato di profondo disagio degli abitanti del quartiere, e in genere della cittadinanza pescarese, per la prassi di illegalità invalsa nel quartiere, divenuto gradualmente invivibile per chi non prestasse acquiescenza alle prevaricazioni e non tollerasse passivamente la commissione dei più svariati delitti». Gli esiti delle investigazioni, sviluppate attraverso attività tecniche di intercettazioni audio e video, durate per oltre due anni e puntualmente riscontrati da servizi sul territorio, avrebbero inequivocabilmente documentato, per la prima volta a Pescara, l’esistenza di un gruppo criminale composto prevalentemente da nuclei familiari residenti nel quartiere Rancitelli dediti alla pratica e all’ostentazione della violenza verso le persone e le cose. La violenza protrattasi nel tempo ha generato una notevole forza intimidatrice e la conseguente condizione di assoggettamento e omertà di tutti coloro che potevano avvertirne il pericolo.

Si sarebbe dunque creata la situazione tipica dell’associazione mafiosa descritta dal codice penale, nella quale un gruppo organizzato controlla un determinato territorio sul quale è in grado di compiere impunemente una serie indeterminata di delitti sopprimendo qualsiasi tipo di controllo sociale e legale. In particolare, le indagini avrebbero evidenziato episodi di intimidazione contro pubblici funzionari nel corso delle occupazioni e del commercio illegale di “case popolari”; hanno consentito di apprezzare il controllo egemonico sul territorio, nonché l’imposizione di un “cartello” che fissava il prezzo di vendita degli stupefacenti in tutte le piazze di spaccio. Il procuratore fa anche sapere che la forza dell’organizzazione si avvertiva anche in carcere, dove il gruppo poteva gestire l’ingresso di sostanze stupefacenti e gestirne la circolazione con le medesime prassi violente utilizzate all’esterno, fatte di pestaggi e di veri e propri raid punitivi nei confronti di detenuti insolventi o non ancora piegati alle regole dell’organizzazione. Uno dei leader dell’associazione mafiosa, già ristretto, sarebbe riuscito a imporre i suoi ordini, grazie all’utilizzo di apparecchi telefonici dedicati, fatti entrare clandestinamente nel carcere. L’attività d’indagine avrebbe consentito anche di ricostruire compiutamente le fasi attuative di alcuni incendi dolosi, avvenuti nella zona di Villa del Fuoco, ad autovetture di proprietà di un testimone oculare di omicidio e di cittadini che, in rarissime e isolate occasioni, avevano tentato di infrangere il muro di omertà a cui erano stati costretti. Non sono mancate le aggressioni nei confronti di giornalisti, ritenuti responsabili di accendere un faro mediatico sulla condizione del quartiere Rancitelli e sul violento controllo operato dall’associazione su quella parte di Pescara.

Dalla Procura ricordano le aggressioni patite da Vittorio Brumotti di Strscia la notizia (26.9.2019, 4.5.2021 e 17.2.2022) e Daniele Piervincenzi della Rai (11.2.2019), “rei” di aver voluto documentare gli affari del “Ferro di Cavallo”, trasformato dall’associazione in uno dei centri nevralgici dello spaccio in Abruzzo e per altre regioni del centro Italia. Così conclude il procuratore Michele Renzo: «La lunga e complessa investigazione, assistita da un’accurata rilettura di plurimi episodi criminosi avvenuti nel recente passato e isolatamente perseguiti, segna un cambio di passo nella comprensione delle dinamiche della criminalità urbana pescarese e sottolinea l’estrema pericolosità dei gruppi organizzati, che riproducono su scala territoriale ridotta, ma con la medesima intensità aggressiva, i fenomeni mafiosi che si è soliti contrastare su scala regionale o nazionale. La direzione distrettuale antimafia, aspettando con fiducia lo svolgimento delle lunghe e numerose fasi processuali che dovranno confermare o smentire la bontà degli argomenti posti della base misura cautelare, intende ringraziare l’Arma dei carabinieri per l’impegno e la professionalità profusi nelle indagini, che costituiscono la migliore garanzia sulla quale i cittadini possono contare per la tutela dei loro diritti violati dalle organizzazioni criminali». 

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