Vulvodinia: cos’è, sintomi e come si cura
Si stima che in Italia le donne che soffrono di vulvodinia potrebbero rappresentare il 10-15% della popolazione in età fertile
La vulvodinia è una patologia invalidante e cronica, che genera dolore intorno alla vulva. È ancora poco conosciuta, scarsamente diagnosticata e le pazienti più fortunate ricevono una diagnosi dopo aver visto numerosi specialisti e non tra i 5 e gli 8 anni. Nel frattempo soffrono. Alcune una diagnosi definitiva non la ricevono mai, altre invece ricevono cure sbagliate. Eppure si stima che in Italia le donne che soffrono di vulvodinia potrebbero rappresentare il 10-15% della popolazione in età fertile.
L’Oms ha riconosciuto la vulvodinia nel 2020, in Italia non è ancora considerata una patologia medica. Motivo per cui è stata presentata alla Camera dei deputati una proposta di legge “per il riconoscimento della vulvodinia e della neuropatia del pudendo (altra malattia che colpisce la zona pelvica) come malattie croniche e invalidanti”, chiedendone l’inserimento nei Livelli essenziali di assistenza (Lea).
L’approvazione della legge prevederebbe l’esenzione dalla spesa sanitaria, il riconoscimento dell’invalidità, il monitoraggio in centri pubblici.
Il dottor Roberto Bernorio è considerato, in Italia, uno dei maggiori esperti di vulvodinia. È ginecologo, psicoterapeuta e sessuologo clinico, socio della National Vulvodynia Association e segretario dell’Associazione Italiana Sessuologia Psicologia Applicata (Aispa).
Cos’è la vulvodinia? Un fastidio vulvare. Tra i sintomi più facilmente riconoscibili c’è il bruciore, che non deriva da patologie infettive e infiammatorie. In sostanza non ci sono malattie che giustifichino il dolore.
Come si effettua la diagnosi? Spesso sono proprio i ginecologi a sottovalutare la vulvodinia. Al suo posto alle donne sofferenti si diagnosticano stress, isterismo e disagio psicologico. La diagnosi, superato questa chiusura mentale nei confronti della vulvodinia, si effettua semplicemente con un cotton fioc (tampone). Basta toccare in senso circolare, spiega il dottor Bernorio, le aree dolenti; il dolore è spesso localizzato alle ore 5 e 7 in un ipotetico orologio il cui centro è l’orifizio vaginale. Talvolta la vulvodinia può interessare anche il clitoride, raramente le grandi labbra.
Esistono tre tipi di vulvodinia: provocata, spontanea e mista. La vulvodinia provocata si avverte sotto sollecitazione. Quella spontanea si avverte in assenza di stimoli meccanici. La vulvodinia mista si manifesta sia con sollecitazione che senza.
La mialgia del pavimento pelvico è un altro disturbo associato alla vulvodinia, causato dalla prolungata contrazione difensiva.
Tuttavia, tornando a parlare di vulvodinia, non sappiamo quali siano le cause. Può trattarsi di genetica, infezioni micotiche ripetute, assunzione di contraccettivi o traumi locali.
Per curare la vulvodinia bisogna agire su più fronti. Spiega il dottor Bernorio:
“ Il team ideale dovrebbe essere composto da una figura esperta nell’area medica, una figura esperta nel pavimento pelvico ed una nell’area psicosessuologica, di modo da poter intervenire non solo sul dolore ma anche sull’impatto psicologico che tale dolore ha sulla donna e sulla coppia. Tra le opzioni di cura ci possono essere anestetici locali o farmaci antidepressivi e antiepilettici. Nel caso di disfunzioni del pavimento pelvico è consigliabile una riabilitazione per intervenire sull’ipertono muscolare. Altre terapie da considerare nel trattamento della vulvodinia sono l’agopuntura, la Tens (stimolazione elettrica nervosa transcutanea) e l’ipnosi. Sono in fase di sperimentazione nuove tecniche strumentali quali il laser, la radiofrequenza e l’elettroporazione”.
Ovviamente è anche possibile contenere il dolore attraverso una serie di accorgimenti. Si consiglia infatti di preferire biancheria intima di cotone, evitare pantaloni attillati, collant e body, evitare la bicicletta, lavarsi con detergenti intimi specifici due volte al giorno.