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Tragedia hotel Rigopiano, i vigili del fuoco: "Caso unico che fa scuola, lo racconteremo al mondo"

A distanza di 24 mesi, Giuseppe Romano, che all'epoca era direttore per le emergenze dei vigili del fuoco, ricorda come lo scenario da affrontare fu davvero complicato

Sono trascorsi già due anni dalla tragedia dell'hotel Rigopiano di Farindola dove persero la vita 29 persone. Undici furono i superstiti. A distanza di 24 mesi, Giuseppe Romano, che all'epoca era direttore per le emergenze dei vigili del fuoco, ricorda come lo scenario da affrontare fu davvero complicato e come in campo vennero messe tutte le risorse. 

Ma Romano fa anche sapere come quella emergenza fu un caso unico che fa scuola e che sarà raccontato al mondo.

Questo quanto riferisce l'ingegnere Romano:

«Tutta l'operazione è stata complicatissima, sono situazioni che segnano la vita, era uno scenario davvero difficile. Uno scenario che l'Italia ha riproposto a livello internazionale: l'anno prossimo con il dipartimento della protezione civile dovremmo riuscire a fare un'esercitazione in una situazione analoga. È diventato un caso di scuola, non solo per i vigili del fuoco italiani ma anche per tutto il mondo che si occupa di ricerche sotto le macerie, che una situazione del genere non l'ha mai vista. Abbiamo impiegato tutte le risorse che si potevano mettere in campo, eccetto i sommozzatori abbiamo utilizzato tutte le competenze che abbiamo all'interno del Corpo e tutte sono state utili, compresa la ricerca delle sostanze pericolose, perché c'era il gas proveniente dalle cucine».

Romano, che già la mattina dopo il verificarsi della valanga, ricorda ancora: 

«La prima difficoltà è stata raggiungere il luogo dove sorgeva l'albergo, un lungo percorso aperto dalla turbina, un senso unico lungo alcuni chilometri, era difficile portare le attrezzature. Il primo giorno la cena mandata agli operatori partita alle 18:30 è arrivata alle 2 di notte. Prima di capire se la valanga si era conclusa e quale era la condizione di rischio c'è voluto un po', le condizioni atmosferiche non consentivano di valutare la situazione a monte. Il rischio nelle prime fasi è stato un fattore determinante di cui tenere conto, abbiamo piazzato un radar speciale che serviva a monitorare la neve».

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